Buongiorno, spero che qualcuno possa darmi un consiglio utile su questa storia che a me pare assurda.
Nell’agosto del 2023 ricevo un accertamento riguardante una locazione registrata con cedolare secca negli anni 2016 - 2017, nello specifico il mancato pagamento dell’imponibile dell’anno 2017 (quello del 2016 fu regolarmente versata). L’imponibile che dimenticai di versare è di 565 euro (il reddito in questione ammonta a 5.650 euro).
Nell’accertamento ricevuto da AdE l’imponibile è invece calcolato al 21%, in più si irrogano sanzioni da un minimo di 2433 euro a un massimo di 4867 euro. (fino al 480% sull’importo - già raddoppiato - del 21%)
A settembre chiedo un accertamento con adesione segnalando che l’importo che mi si chiede è stato calcolato con l’aliquota sbagliata. Il contratto di locazione fu regolarmente registrato e riporta chiaramente che è un contratto con cedolare secca (allegammo anche la scheda per la determinazione del canone concordato).
Ottobre 2023: Primo contraddittorio all’AdE della città dove risiedo: si conviene che l’aliquota del 21% è sbagliata; mi si chiede di inviare il contratto all’AdE della città in cui l’appartamento era locato affinché lo modifichino e riportino l’aliquota corretta (quella del 10%).
Mando una prima PEC all’AdE di quella città allegando il contratto, la scheda con cui fu calcolato il canone concordato e la ricevuta di registrazione.
L’AdE di quella città mi risponde di aver inviato (per competenza) tutto all’AdE della città dove risiedo.
Contatto nuovamente l’AdE della città dove risiedo segnalando ciò, questi ultimi mi chiedono nuovamente di contattare l’altra AdE poiché - a loro avviso - sono loro a dover modificare il contratto.
Mando una nuova PEC all’AdE della città di locazione allegando nuovamente tutto, mi si risponde nuovamente che la documentazione è stata inoltrata per competenza all’AdE della città dove risiedo.
Al secondo contraddittorio la mia richiesta di accertamento con adesione è chiusa con esito negativo, poiché il contratto non è stato modificato.
Quindi l’AdE mi chiede di pagare il doppio dell’aliquota dovuta, in più irroga sanzioni fino al 480%, non modifica il contratto riportando l’aliquota giusta e respinge la mia richiesta di conciliazione motivando che il contratto non è stato modificato (poiché i due uffici - quello dove risiedo e quello della città di locazione dell’appartamento - si sono rimpallati le responsabilità). In questo modo un imponibile di poco più di 500 euro rischia di trasformarsi in un esborso di quasi seimila euro.
Ora, mi chiedo se dovrei presentare ricorso al giudice tributario contro l’accertamento fiscale ricevuto all’inizio argomentando che l’aliquota richiesta è errata, oppure oppormi al rigetto della mia richiesta di accertamento con adesione (magari richiedendola ex novo ).
Naturalmente mi rivolgerò a un tributarista, tuttavia sarei grato se qualche esperto vorrà darmi un consiglio.
Nell’agosto del 2023 ricevo un accertamento riguardante una locazione registrata con cedolare secca negli anni 2016 - 2017, nello specifico il mancato pagamento dell’imponibile dell’anno 2017 (quello del 2016 fu regolarmente versata). L’imponibile che dimenticai di versare è di 565 euro (il reddito in questione ammonta a 5.650 euro).
Nell’accertamento ricevuto da AdE l’imponibile è invece calcolato al 21%, in più si irrogano sanzioni da un minimo di 2433 euro a un massimo di 4867 euro. (fino al 480% sull’importo - già raddoppiato - del 21%)
A settembre chiedo un accertamento con adesione segnalando che l’importo che mi si chiede è stato calcolato con l’aliquota sbagliata. Il contratto di locazione fu regolarmente registrato e riporta chiaramente che è un contratto con cedolare secca (allegammo anche la scheda per la determinazione del canone concordato).
Ottobre 2023: Primo contraddittorio all’AdE della città dove risiedo: si conviene che l’aliquota del 21% è sbagliata; mi si chiede di inviare il contratto all’AdE della città in cui l’appartamento era locato affinché lo modifichino e riportino l’aliquota corretta (quella del 10%).
Mando una prima PEC all’AdE di quella città allegando il contratto, la scheda con cui fu calcolato il canone concordato e la ricevuta di registrazione.
L’AdE di quella città mi risponde di aver inviato (per competenza) tutto all’AdE della città dove risiedo.
Contatto nuovamente l’AdE della città dove risiedo segnalando ciò, questi ultimi mi chiedono nuovamente di contattare l’altra AdE poiché - a loro avviso - sono loro a dover modificare il contratto.
Mando una nuova PEC all’AdE della città di locazione allegando nuovamente tutto, mi si risponde nuovamente che la documentazione è stata inoltrata per competenza all’AdE della città dove risiedo.
Al secondo contraddittorio la mia richiesta di accertamento con adesione è chiusa con esito negativo, poiché il contratto non è stato modificato.
Quindi l’AdE mi chiede di pagare il doppio dell’aliquota dovuta, in più irroga sanzioni fino al 480%, non modifica il contratto riportando l’aliquota giusta e respinge la mia richiesta di conciliazione motivando che il contratto non è stato modificato (poiché i due uffici - quello dove risiedo e quello della città di locazione dell’appartamento - si sono rimpallati le responsabilità). In questo modo un imponibile di poco più di 500 euro rischia di trasformarsi in un esborso di quasi seimila euro.
Ora, mi chiedo se dovrei presentare ricorso al giudice tributario contro l’accertamento fiscale ricevuto all’inizio argomentando che l’aliquota richiesta è errata, oppure oppormi al rigetto della mia richiesta di accertamento con adesione (magari richiedendola ex novo ).
Naturalmente mi rivolgerò a un tributarista, tuttavia sarei grato se qualche esperto vorrà darmi un consiglio.