Se tra voi non esistono i vincoli indicati dall’art. 4, co. 1 del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n°223 (Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente), vale a dire vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela ovvero vincoli affettivi, costituirete due famiglie anagrafiche coabitanti, ma distinte (distinti nuclei familiari): la dichiarazione di cambio di residenza prevede, infatti, che il dichiarante precisi se nell’abitazione, sita all’indirizzo XXXXXXX, sono già iscritte altre persone, indicando se sussistono o meno i vincoli sopra richiamati.
Senza scomodare la Costituzione, chi vive in affitto ha diritto alla residenza al pari di chi che non vive in affitto. La residenza (che rappresenta una situazione di fatto) non può essere oggetto di una scelta, voglio dire che la residenza non la si sceglie, ma la si fissa nel luogo di dimora abituale, ove si esplica la vita familiare e sociale di una persona (art. 43 del cod. civ.) ed esiste l’obbligo giuridico di adeguare le risultanze anagrafiche al dato di fatto.
La residenza del conduttore può essere condizione necessaria per le agevolazioni fiscali del proprietario e dell’inquilino. Alcuni Comuni richiedono la residenza anagrafica dell’inquilino affinché il locatore possa usufruire dei benefici fiscali (aliquota agevolata IMU) previsti per i contratti concordati (verifica cosa prevede la delibera del Comune ove è situato l’alloggio in questione). Sempre in quest’ambito, il Comune può decidere, però, che l’agevolazione (quando c’è) sia vincolata alla locazione dell’intero appartamento.La residenza è richiesta poi se il conduttore vuole usufruire di alcune provvigioni legate ai canoni d’affitto (detrazione fiscale per trasferimento per motivi di lavoro, art. 16, co. 1-bis, TUIR)
Nel caso proposto, la scrivente ritiene inoltre che l’immobile adibito ad abitazione principale e contestualmente, parzialmente locato, ai fini IMU, debba considerarsi comunque abitazione principale (esente IMU, salvo immobile A/1, A/8, A/9, e soggetta solo alla TASI) se il locatore è ivi residente e dimorante: la nozione di abitazione principale non è, infatti, incompatibile con la locazione di alcune stanze del medesimo immobile (in senso conforme, sia pure in materia di ICI, Ministero delle Finanze, risoluzione 19 novembre 1993, prot. 2/723; le istruzioni per la compilazione dei redditi, in materia di IRPEF, prevedono già la fattispecie “locazione parziale dell’abitazione principale”), così come ritiene, qualora (come probabile) il Comune consideri l’immobile seconda casa, soggetta ad imposta, che il conduttore che ha preso in locazione solo due stanze, non debba pagare nulla per la TASI, in quanto non occupa tutta l’unità immobiliare, come esige l’art. 1, co. 681 della legge n°147/2013: “Nel caso in cui l’unità immobiliare è occupata da un soggetto diverso dal titolare […]”, ma solo una frazione di esso (le singole stanze non sono capaci di produrre un reddito proprio, altrimenti il Catasto assegnerebbe la rendita catastale ad ogni singola stanza, al bagno, alla cucina ecc.), ma ti dico subito che è probabile che l’ufficio tributi del Comune inquadri la fattispecie in modo del tutto diverso da chi scrive, incappando nel solito errore ricorrente (l’immobile locato fa decadere il trattamento agevolativo ai fini IMU) dettato dal diffuso “pressapochismo” municipale.