puo' essere utile....
L'antefatto: Tizio conferisce ad una agenzia di mediazione immobiliare l'incarico di procuragli un acquirente per vendere un suo immobile, sottoscrivendo un modulo contrattuale che prevede una clausola in base alla quale, in caso di suo recesso anticipato, viene previsto il pagamento di un corrispettivo in denaro equivalente al compenso dovuto in caso di esecuzione, ovvero l'ammontare della provvigione. Tizio recede anticipatamente dall'incarico e non intende pagare la somma convenuta a titolo di penale, costringendo l'agenzia a citarlo in giudizio. Tizio si difende sostenendo la vessatorietà della clausola contrattuale che prevedeva il pagamento di una penale pari al compenso dovuto in caso di esecuzione dell'incarico da parte del mandatario, e, comunque, l'eccessività della somma. Il Tribunale Ordinario di Bologna (sentenza n. 2896/09, depositata il 15.06.2009) condanna Tizio al pagamento della penale così ; motivando: “La fattispecie in esame integra un'ipotesi di contratto di consumo, avendo il convenuto, persona fisica, agito "per scopi estranei ad un'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta" ed avendo la parte attrice utilizzato il contratto nel quadro della propria attività imprenditoriale, esattamente nei termini di cui alla legislazione "consumeristica" che ne costituisce pertanto la disciplina di riferimento: più esattamente, tenendo conto che il contratto in esame è stato stipulato nel 2002 - prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 206 del 6.9.2005 cd. "Codice del Consumo" che ha sostituito, con l'attuale art. 1469 bis c.c., gli artt. da 1469 bis a 1469 sexies c.c. ora trasfusi negli artt. da 33 a 37 del suddetto Codice - le disposizioni normative cui si farà riferimento nel prosieguo sono gli articoli del capo XIV bis, quale aggiunto dall'art. 25, L. 6.2.1996, n. 52 (legge comunitaria 1994).
Ciò posto, deve escludersi la vessatorietà della clausola contrattuale in base alla quale la parte attrice ha chiesto il pagamento. Va innanzitutto rilevato che la clausola in parola ha natura di "multa penitenziale", in quanto stabilisce l'entità della somma da pagarsi dal mandante nel caso revochi l'incarico prima della scadenza, in tal modo implicitamente attribuendo al mandante la facoltà di recesso unilaterale con corrispettivo.
Ciò posto, deve escludersi che nella concreta fattispecie in esame ricorra alcuno dei casi previsti dai nn. 5 e 6 dell'art. 1469 bis c.c. ante D.Lgs. n. 206/2005 (gli altri numeri della norma citata si riferiscono invero ad ipotesi del tutto differenti): non l'ipotesi di cui al n. 5 che prevede la facoltà del "professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore", in quanto alcun importo è stato anticipatamente corrisposto dal convenuto all'attore; né l'ipotesi di cui al n. 6 alla stregua del quale viene imposto "in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo", non avendo quella contestata natura di clausola penale ex art. 1382 c.c. ma, come si è visto, di multa penitenziale ovverosia di corrispettivo da pagarsi per il recesso. La validità della c lausola in esame è infine da
riconoscere anche alla stregua dell'art. 1341 c.c.: infatti, non solo la clausola di cui si discute non integra di per sé alcuna delle ipotesi per le quali il secondo comma della norma richiede la specifica approvazione per iscritto ma, in ogni caso, la clausola contrattuale che nella fattispecie concreta prevede il diritto dell'Immobiliare a percepire la somma pattuita quale compenso risulta espressamente sottoscritta dal convenuto.
Va infine disattesa la domanda subordinata di riduzione dell'importo fissato come penale: tale possibilità, riconosciuta espressamente dall'ordinamento per la clausola penale di cui all'art. 1382 c.c., non è infatti applicabile analogicamente, avendo ad oggetto un intervento giudiziale che, in quanto correttivo dell'autonomia privata, deve ritenersi eccezionale “.
La decisione in commento ci pare ineccepibile ed esaurientemente motivata. In buon sostanza il Giudice ha rilevato che la previsione contrattuale che stabilisce una obbligazione pecuniaria a favore del contraente non receduto non ha natura propria di clausola penale, né di una pattuizione attinente alla figura della caparra confirmatoria ovvero della caparra penitenziale. Anche in riferimento alla tutela ed ai contratti dei consumatori, la clausola convenzionale statuente un corrispettivo nel caso di recesso anticipato ha natura propria di multa penitenziale che, come tale, non può essere ridotta, ex officio dal giudice, e, comunque, non ha natura vessatoria.
Avv. Roberto Bella
Presidente IRCAT
L'antefatto: Tizio conferisce ad una agenzia di mediazione immobiliare l'incarico di procuragli un acquirente per vendere un suo immobile, sottoscrivendo un modulo contrattuale che prevede una clausola in base alla quale, in caso di suo recesso anticipato, viene previsto il pagamento di un corrispettivo in denaro equivalente al compenso dovuto in caso di esecuzione, ovvero l'ammontare della provvigione. Tizio recede anticipatamente dall'incarico e non intende pagare la somma convenuta a titolo di penale, costringendo l'agenzia a citarlo in giudizio. Tizio si difende sostenendo la vessatorietà della clausola contrattuale che prevedeva il pagamento di una penale pari al compenso dovuto in caso di esecuzione dell'incarico da parte del mandatario, e, comunque, l'eccessività della somma. Il Tribunale Ordinario di Bologna (sentenza n. 2896/09, depositata il 15.06.2009) condanna Tizio al pagamento della penale così ; motivando: “La fattispecie in esame integra un'ipotesi di contratto di consumo, avendo il convenuto, persona fisica, agito "per scopi estranei ad un'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta" ed avendo la parte attrice utilizzato il contratto nel quadro della propria attività imprenditoriale, esattamente nei termini di cui alla legislazione "consumeristica" che ne costituisce pertanto la disciplina di riferimento: più esattamente, tenendo conto che il contratto in esame è stato stipulato nel 2002 - prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 206 del 6.9.2005 cd. "Codice del Consumo" che ha sostituito, con l'attuale art. 1469 bis c.c., gli artt. da 1469 bis a 1469 sexies c.c. ora trasfusi negli artt. da 33 a 37 del suddetto Codice - le disposizioni normative cui si farà riferimento nel prosieguo sono gli articoli del capo XIV bis, quale aggiunto dall'art. 25, L. 6.2.1996, n. 52 (legge comunitaria 1994).
Ciò posto, deve escludersi la vessatorietà della clausola contrattuale in base alla quale la parte attrice ha chiesto il pagamento. Va innanzitutto rilevato che la clausola in parola ha natura di "multa penitenziale", in quanto stabilisce l'entità della somma da pagarsi dal mandante nel caso revochi l'incarico prima della scadenza, in tal modo implicitamente attribuendo al mandante la facoltà di recesso unilaterale con corrispettivo.
Ciò posto, deve escludersi che nella concreta fattispecie in esame ricorra alcuno dei casi previsti dai nn. 5 e 6 dell'art. 1469 bis c.c. ante D.Lgs. n. 206/2005 (gli altri numeri della norma citata si riferiscono invero ad ipotesi del tutto differenti): non l'ipotesi di cui al n. 5 che prevede la facoltà del "professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore", in quanto alcun importo è stato anticipatamente corrisposto dal convenuto all'attore; né l'ipotesi di cui al n. 6 alla stregua del quale viene imposto "in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo", non avendo quella contestata natura di clausola penale ex art. 1382 c.c. ma, come si è visto, di multa penitenziale ovverosia di corrispettivo da pagarsi per il recesso. La validità della c lausola in esame è infine da
riconoscere anche alla stregua dell'art. 1341 c.c.: infatti, non solo la clausola di cui si discute non integra di per sé alcuna delle ipotesi per le quali il secondo comma della norma richiede la specifica approvazione per iscritto ma, in ogni caso, la clausola contrattuale che nella fattispecie concreta prevede il diritto dell'Immobiliare a percepire la somma pattuita quale compenso risulta espressamente sottoscritta dal convenuto.
Va infine disattesa la domanda subordinata di riduzione dell'importo fissato come penale: tale possibilità, riconosciuta espressamente dall'ordinamento per la clausola penale di cui all'art. 1382 c.c., non è infatti applicabile analogicamente, avendo ad oggetto un intervento giudiziale che, in quanto correttivo dell'autonomia privata, deve ritenersi eccezionale “.
La decisione in commento ci pare ineccepibile ed esaurientemente motivata. In buon sostanza il Giudice ha rilevato che la previsione contrattuale che stabilisce una obbligazione pecuniaria a favore del contraente non receduto non ha natura propria di clausola penale, né di una pattuizione attinente alla figura della caparra confirmatoria ovvero della caparra penitenziale. Anche in riferimento alla tutela ed ai contratti dei consumatori, la clausola convenzionale statuente un corrispettivo nel caso di recesso anticipato ha natura propria di multa penitenziale che, come tale, non può essere ridotta, ex officio dal giudice, e, comunque, non ha natura vessatoria.
Avv. Roberto Bella
Presidente IRCAT