Ciao Gabriele!
Se non intendi percepire alcun corrispettivo per la consegna di una porzione del tuo alloggio (si consiglia di allegare una planimetria dell’appartamento, definendo la parte dell’immobile che si concede in comodato in uso esclusivo e gli eventuali spazi in uso condiviso), al di là di una quota per il rimborso delle spese per utenze e oneri condominiali) ad una associazione no profit, puoi ricorrere al contratto di comodato, disciplinato dagli articoli 1803 e seguenti del codice civile. La durata del comodato (per un tempo predefinito ovvero senza determinazione di durata) e le relative clausole (esemplificativamente, per i termini di disdetta, per la partecipazione del comodatario alle spese di conservazione del bene, per il criterio circa la quantificazione delle spese ripetibili e le utenze (acqua, energia elettrica, gas, TARI ecc.) per migliorie ed addizioni ecc.) sono liberamente determinabili dalle parti.
L’idea di redigere il contratto in forma scritta – pur non essendo obbligatoria – è opportuna onde prevenire futuri contenziosi tra le parti in ordine all’oggetto del contratto. In tale ipotesi, scatta l’obbligo della registrazione (mod. 69) dell’atto (in duplice esemplare) presso qualsiasi ufficio delle Entrate e dell’assolvimento dell’imposta di registro in termine fisso, pari a 200 euro (mod. F23; cod. trib. 109T) e di bollo, in misura di 16 euro ogni quattro facciate o cento righe (con contrassegno telematico (ex marca da bollo) ovvero tramite mod. F23), entro 20 giorni (il ritardo della registrazione del comodato è soggetto a sanzione): non sono previsti versamenti successivi, in sede di rinnovo ovvero risoluzione, né, salvo specifiche disposizioni regionali, gli obblighi di informazione e di consegna dell’attestato di prestazione energetica (APE) al comodatario (con inserimento nel contratto della relativa clausola) previsti per i contratti di locazione.
In assenza di forma scritta, il rischio (in assenza di prova documentale) è quello di avere una occupazione senza titolo. Ciò significa che, di fronte ad un rifiuto di liberare l’alloggio, è inevitabile il ricorso all’autorità giudiziaria. Problemi possono sorgere al momento della riconsegna o in presenza di taciti comportamenti concludenti tollerati dal comodante. Se viene stabilito un termine oltre il quale il contratto non può proseguire, quest’ultimo ha facoltà di esigere la restituzione della cosa, oltre che alla scadenza pattuita, anche in via immediata, in presenza, però, di una necessità sopravvenuta, urgente ed imprevedibile (art. 1809, secondo comma): in tale ipotesi, il motivo deve essere serio, concreto, non artificioso o ipotizzabile in astratto. Ne deriva che il comodante non può decidere di interrompere il comodato per un futile motivo o per un suo capriccio. Diversamente, ove le parti nulla abbiano stabilito circa il termine finale della restituzione ovvero sia impossibile desumerlo dall’uso a cui la cosa è destinata, il comodante può richiedere la restituzione del bene in qualsiasi momento, per espressa previsione codicistica (art. 1810), senza specificarne il motivo (può essere anche un motivo banale).
Il comodatario, al momento del rilascio, non ha alcun diritto di pretendere il rimborso per l’ordinaria manutenzione, e, se pattuito contrattualmente, per la straordinaria manutenzione che ha sostenuto, non costituendo un illegittimo corrispettivo per il godimento dell’immobile (Cass. n°1216/2012). Rimane, peraltro salvo, ai sensi del secondo comma dell’art. 1808 cod. civ., il diritto del comodatario al rimborso delle spese per opere di manutenzione straordinaria e urgenti volte a conservare il bene locato, ma, anche in questo caso, essendo l’articolo 1808 norma derogabile, al comodatario possono essere addebitate anche le suddette spese.