Era ora. La norma, ispirata alla necessità di far emergere fiscalmente i rapporti locativi ad uso abitativo (impregiudicati gli altri tipi), con conseguente recupero di imposte evase, era palesemente incostituzionale: la registrazione è un adempimento di natura fiscale, connesso all’imposta di registro avente valore di strumento idoneo ad attribuire al contratto di locazione data certa rispetto ai terzi (art. 2704 cod. civ. e 18 Testo unico Registro).
Come più volte ricordato, la violazione di norme tributarie non può dar luogo a nullità di diritto privato (principio profondamente radicato in giurisprudenza e dottrina). Tale orientamento ha ricevuto alla fine consacrazione proprio dall’art. 10, comma 3, secondo periodo della legge n°212/2000, il c.d. Statuto del contribuente, il quale utilizza la formula, non a caso ripresa nella parte conclusiva della sentenza 50/2014 della Corte Costituzionale: “Le violazioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”: con l’ovvia conseguenza che, tanto più, la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non può legittimare (come sarebbe nella specie) addirittura una novazione – per factum principis – quanto a canone e a durata”.
Fermo restando che chi ha evaso deve comunque pagare le imposte evase unitamente a sanzioni e interessi, i commi 8 e 9 dell’art. 3 del D.Lgs. 23/2011 verranno a cadere trascinandosi dietro anche le denunce verbali registrate d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate. Vedo profilarsi nubi nere all’orizzonte e ingorgo nei Tribunali.