se stiamo parlando di garage interrati:
la cassazione ha dato 2 versioni
l'ex pres della cassazione Corona ha detto art. 1126
l'attuale Triola art. 1125
se invece stiamo parlando di garage a piano terra e il lastrico è un tetto piatto pavimentato con scala ad uso di tutti per es per stendere i panni, io in passato ho applicato il 1126 1/3 e 2/3
Corte di Cassazione Sezione 2 Civile Sentenza del 10 novembre 1998, n. 11283
Massima
Condominio negli edifici - Delibera dei condomini - Ripartizione delle spese
In mancanza di titolo, la natura del diritto su di un manufatto dipende dalla struttura o destinazione all'uso o al servizio dei piani o delle porzioni di piano del fabbricato condominiale; pertanto se un cortile da` aria e luce a questo ed ha la funzione di consentirne l'accesso, ancorche` costituisca copertura di un sottostante locale costruito fuori della proiezione verticale dei piani sopraelevati, ha natura condominiale e percio` l'assemblea dei condomini, con la partecipazione del proprietario del locale in proporzione ai corrispondenti millesimi, e` legittimata a deliberare i lavori di manutenzione necessari per la conservazione del piano di calpestio, fungente altresi` da soffitto del predetto locale, mentre la ripartizione delle conseguenti spese va effettuata secondo l'omologo criterio stabilito per la terrazza a livello dall'art. 1126 cod. civ., si` che il proprietario di questo deve contribuire per due terzi e i condomini per un terzo.
da vedere:
Sen 19/10/1992 11449 sez 2 Civ - Sen 03/05/1993 5125 sez 2 Civ - Sen 15/04/1994 3542 sez 2 Civ
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LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE DI CORTILI E VIALI D’ACCESSO CONDOMINIALI SOVRASTANTI A LOCALI DI PROPRIETA’ ESCLUSIVA. Dal sito dell’Avv Voi
Cassazione, sez. II, 14 settembre 2005 n. 18194
Per la Corte di cassazione le spese di manutenzione di una struttura condominiale (cortile-viali d’accesso) che funge anche da copertura di locali interrati (come magazzini, box ecc.) vanno suddivise in base all’art. 1125 c.c. e cioè in parti uguali dai proprietari delle due strutture, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
La sentenza non è di semplice interpretazione e, oltretutto, gli stessi giudici di legittimità hanno verificato la mancanza di qualsiasi precedente nonché la impossibilità di applicazione dell’art. 1126 c.c. dettato in materia di ripartizione delle spese per i lastrici solari.
Per comprendere i principi è necessario conoscere il caso specifico. La questione riguardava la ripartizione della spesa di riparazione del manto di copertura del viale di accesso all’edificio condominiale da cui provenivano infiltrazioni d’ acqua in un magazzino sottostante.
Le spese riguardavano: la posa di una nuova guaina impermeabilizzante e una nuova pavimentazione.
Per la Suprema Corte non si può applicare l’art. 1126 c.c. dettato per i lastrici solari di uso esclusivo poiché la norma riguarda l’uso particolare di quella struttura la cui funzione principale, però, è quella di copertura dell’edificio.
La situazione nel caso esaminato è diversa poiché la funzione del viale d’accesso ma, più in generale di un cortile, è quella di consentire l’accesso all’edificio condominiale; quindi si ha una utilizzazione conforme alla destinazione tipica della parte comune. La prima funzione è il transito, in secondo luogo anche la copertura dei locali sottostanti (per il lastrici solari è esattamente l’opposto).
Dalla funzione si comprende che la maggior usura del viale d’accesso o cortile è proprio il transito cosicché va applicato analogicamente l’art. 1125 ritenendosi illogica l’applicazione dell’art. 1126, cioè che:
- sia accollata la spesa dei 2/3 ai proprietari dei locali sottostanti;
- sia accollata l’intera spesa di riparazione della pavimentazione e impermeabilizzazione a carico di tutti i condomini.
La ripartizione in base all’art. 1125 deve essere la seguente:
- pavimentazione (copertura del pavimento art. 1125 c.c.) a carico di tutti i condomini e suddivisa per i millesimi di proprietà;
- intonaco, tinta e decorazioni a carico del condominio proprietario dei locali sottostanti;
- il resto delle spese 50% a carico di tutti i condomini e 50% a carico del proprietario dei locali sottostanti. Naturalmente la suddivisione tra i condomini è a millesimi di proprietà ex art. 1123 I comma c.c.
Non si rinvengono altri specifici precedenti.
Corte di Cassazione Sezione 2 Civile
Sentenza del 14 settembre 2005, n. 18194
Massima redazionale
Condominio - Comunione dei diritti reali - Contributi e spese condominiali - Spese di manutenzione - Soffitti, solai, volte, lastrici solari - Viale di accesso a edificio condominiale - Copertura di sottostanti locali di proprietà esclusiva di un singolo condomino - Conseguenze - Lavori di manutenzione per la riparazione del manto di copertura del viale di accesso condominiale - Applicabilità analogica del criterio stabilito dall'art. 1126 cod. civ. - Esclusione - Ricorso al criterio previsto dall'art. 1125 cod. civ. - Applicabilità analogica - Sussistenza
In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall'art. 1126 cod. civ. (presupponendosi l'equiparazione del bene fuori dalla proiezione dell'immobile condominiale, ma al servizio di questo, a una terrazza a livello), dovendosi, invece, procedere a un'applicazione analogica dell'art. 1125 cod. civ., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificatesi con il pavimento del piano superiore a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità dell'inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un'applicazione particolare del principio generale dettato dall'art. 1123, comma 2, cod. civ. (Nella specie, la S.C., cassando sul punto la sentenza impugnata, ha ritenuto che, nel caso sottoposto al suo esame, si era venuta a verificare una situazione sostanzialmente analoga a quella disciplinata dall'art. 1125 cod. civ., siccome l'usura della pavimentazione del cortile era stata determinata dall'utilizzazione esclusiva che della stessa veniva fatta dalla collettività dei condomini, per cui doveva trovare applicazione il principio ubi eadem ratio ibi eadem legis dispositio).
Integrale: REPUBBLICA ITALIANA - IN NOME DEL POPOLO ITALIANO - LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Roberto Michele Triola - Presidente e Relatore …. ….
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Co. Via S. Pe. 6 Mo., in persona dell'Amm.re Fr. Sc., elettivamente domiciliato in Ro. Via Sc. 8, presso lo studio dell'Avvocato En. Sg., che lo difende giusta delega in atti;
ricorrente
contro
Ul. Pi., elettivamente domiciliato in Ro. Via Fl. 357, presso lo studio dell'Avvocato Lu. Me., che lo difende, giusta delega in atti;
controricorrente
avverso la sentenza n. 3023/01 della Corte d'Appello di Roma, depositata il 26/09/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/07/05 dal Consigliere Relatore Dott. Roberto Michele Triola;
udito l'Avvocato En. Sg., difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato Lu. Me., difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio Martone che ha concluso per il rigetto del 1° e 2° motivo; l'accoglimento per quanto di ragione del 3° - 4° motivo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 10 maggio 1994 il c. di Via S. Pe. n. 6, in Mo., citava davanti al Pretore di Roma, Sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, il condomino Ul. Pi., chiedendo la condanna dello stesso al pagamento della somma di L. 4.765.000, oltre ad interessi legali, a titolo di quota dovuta per le spese di riparazione del manto di copertura del viale di accesso all'edificio condominiale, che fungeva anche di copertura per i locali sottostanti di proprietà del convenuto.
Ul. Pi., costituitosi, resisteva alla domanda, che veniva parzialmente accolta, con sentenza in data 15 luglio 1999, dal Pretore, il quale riteneva che nella specie la ripartizione delle spese doveva avvenire secondo il criterio previsto dall'art. 1126 c.c. e non dividendo le spese a metà.
Contro tale decisione proponeva appello Ul. Pi. e la Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 26 settembre 2001, riteneva fondata l'impugnazione, in base alla seguente motivazione:
Ritiene il collegio non invocabile nella fattispecie né la normativa ex art. 1125 c.c., né quella di cui all'art. 1126 stesso codice (relativa ai cosiddetti lastrici solari di uso esclusivo), trattandosi di norme disciplinanti una particolare ripartizione delle spese per la manutenzione di talune specifiche cose comuni adempienti a specifiche funzioni ed insuscettibili pertanto di applicazione analogica.
Nel caso concreto, il ripristino del vialetto era stato determinato dalla circostanza che erano stati prodotti vari danni, a causa di infiltrazioni, nel sottostante locale di proprietà Ul. Pi., vedasi delibera assembleare, e C.T.U..
Ai fini della responsabilità occorreva fare riferimento alla normativa generale dell'art. 2043 c.c., integrata dal riferimento specifico all'art. 2051 stesso codice (responsabilità per cose in custodia).
Essendo innegabile, invero, che il c. di Via S. Pe. n. 6, in Mo. aveva la signoria completa sulla cosa (zona di accesso al condominio) e che per lo sviluppo di un agente dannoso sorto nella cosa medesima, si erano verificati i danni questione; quindi sulla base di principi, riconducibili alla generale normativa del "neminem laedere" ex art. 2043 ed a quella specifica ex art. 2051 (nessun dubbio esiste circa la qualifica di custode della "res comune" da parte del condominio), vanno tratte le dovute conclusioni.
Per il verificarsi della responsabilità prevista da tale norma è sufficiente che vi sia la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento dannoso (che risulti riconducibile ad una anomalia, originaria e sopravvenuta, nella struttura e nel funzionamento della cosa stessa) nonché dell'esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale incombe il dovere di vigilarla e di mantenere il controllo onde evitare che produca danni a terzi (Cass. n. 1897 del 1983 e Cass. 99/1477).
Ai fini di individuazione del danno, come risulta dal verbale di assemblea, nel magazzino sottostante del Ul. Pi. si manifestarono infiltrazioni d'acqua in corrispondenza di un bocchettone del viale di ingresso del palazzo, in corrispondenza della fognatura condominiale, e dei lucernai antistanti ai negozi.
La riparazione eseguita (consistita nella riparazione della pavimentazione del ballatoio di ingresso al fabbricato stesso - vedi C.T.U. -, mediante posa di una nuova guaina e nuova pavimentazione) tendeva ad eliminare la causa del danno sorto nella res, in disponibilità del condominio. In tal modo il collegio ha inteso uniformarsi alla giurisprudenza della Suprema Corte (sent. 2861 /95) secondo cui nel caso in cui un cortile a livello del piano stradale, che sia in uso esclusivo al condominio, funga da copertura ad un locale cantinato di proprietà di un terzo, ove dalla cattiva manutenzione del cortile siano derivate infiltrazioni d'acqua nel sottostante locale, l'obbligazione risarcitoria del condominio trova la sua fonte, non già nelle nome in materia di ripartizione degli oneri condominiali di cui agli articoli 1123, 1125 e 1126 c.c., bensì nel disposto dell'art. 2051 c.c., con la conseguenza che, ai fini dell'accertamento della responsabilità, è sufficiente che il danneggiato fornisca la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento dannoso (che risulti riconducibile ad una anomalia, originaria o sopravvenuta nella struttura e nel funzionamento della cosa stessa), nonché dell'esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte del custode sul quale incombe il dovere di vigilanza, onde evitare che produca danni a terzi.
Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con quattro motivi, il c. di Via S. Pe. n. 6, in Mo.
Resiste con controricorso Ul. Pi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il condominio ricorrente deduce che Ul. Pi. aveva notificato un primo atto di appello da ritenere inammissibile ex art. 342 c.p.c., in quanto mancante della pagina in cui erano illustrate i motivi, e tale inammissibilità non poteva essere sanata dalla notifica di un secondo atto di appello.
La doglianza è infondata, in quanto secondo la pacifica giurisprudenza di questa S.C. la parte che abbia proposto una impugnazione nulla, inammissibile o improcedibile può validamente proporre una nuova impugnazione fino a quando la prima non sia stata dichiarata nulla, inammissibile o improcedibile.
Con il secondo motivo il condominio ricorrente deduce che non poteva essere considerata valida la procura conferita a margine del secondo atto di appello ad un difensore diverso da quello di cui al primo atto di appello.
La doglianza è infondata, in quanto parte dal presupposto errato della inammissibilità del secondo atto di appello e della non autonomia dello stesso.
Con il terzo e quarto motivo, che, per la loro stretta connessione possono essere trattati congiuntamente, il condominio ricorrente deduce che la Corte di Appello di Roma non ha compreso che nella specie non si trattava di accertare la responsabilità in ordine ai danni subiti da un condomino dalla mancata effettuazione delle riparazioni ad un solaio di copertura, ma della ripartizione delle spese di tali riparazioni, la quale avrebbe dovuto essere effettuata applicando analogicamente l'art. 1126 c.c.
La prima parte della doglianza è fondata, in quanto effettivamente la sentenza impugnata non ha compreso che nella specie non di responsabilità per danni si discuteva, ma di ripartizione di spese.
Una volta chiarito tale punto, occorre individuare in che modo tale ripartizione avrebbe dovuto avere luogo.
Per quanto riguarda la giurisprudenza di questa S.C. l'unico precedente in materia è rappresentato dalla sentenza 10 novembre 1998 n. 11283 , la quale, senza peraltro approfondire il tema, ha affermato che la ripartizione va effettuata secondo i criteri previsti dall'art. 1126 c.c., dovendosi equiparare il cortile ad una terrazza a livello.
Nessun utile elemento può essere desunto dalla sentenza 18 marzo 1989 n. 1362, la quale ha affermato che qualora la proprietà di un locale sotterraneo spetti ad un soggetto diverso dal proprietario del fondo sovrastante (nella specie, autorimessa sottostante ad area adibita a giardino ed accesso a vicino fabbricato), le spese di manutenzione o rifacimento delle strutture di copertura di tale locale, in difetto di diversa previsione contrattuale, gravano sul proprietario del locale medesimo, ove dette strutture ne costituiscano parte integrante senza alcuna funzione di sostegno del fondo sovrastante e, quindi, salvo titolo contrario, non sono oggetto di comunione con il proprietario del suolo, restando di conseguenza esclusa la applicabilità in via analogica delle disposizioni dell'art. 1125 c.c. in tema di soffitti, solai o volte negli edifici condominiali.
La sentenza in questione, infatti, si è occupata di una ipotesi particolare: un soggetto aveva acquistato un terreno per costruire un edificio; il venditore, peraltro, si era riservata la proprietà del sottosuolo di una parte del terreno, allo scopo di consentire nel medesimo la costruzione di una autorimessa, poi effettivamente realizzata. In relazione alla particolarità della fattispecie si è rilevata la differenza tra la posizione di colui che ha la proprietà di un bene che, per natura o per costituzione, si regge su un'altra struttura architettonica o materiale di proprietà di un altro soggetto, rispetto alla situazione in cui una proprietà è stata costruita e si reggeva anteriormente e senza alcuna necessita di appoggio ad una struttura (la soletta di copertura) costruita successivamente.
Ugualmente non ha affrontato specificamente il problema la sentenza 22 febbraio 1999 n. 1477 , la quale distinto tra la proprietà del solaio di copertura (che nella specie veniva in considerazione in quanto bene danneggiato) e quanto viene posto sopra di esso, e ne ha tratto la conseguenza che alla manutenzione della pavimentazione è tenuto il superficiario e titolare di un diritto di uso esclusivo di tale pavimentazione.
Il collegio ritiene aderire a tale conclusione ma con diversa motivazione, non potendosi condividere la tesi di fondo secondo la quale il condominio sarebbe titolare di un diritto di superficie (sulla cui esistenza, peraltro, nel caso deciso dalla sentenza 22 febbraio 1999 n. 1477 si era formato il giudicato interno).
Va preliminarmente escluso, nonostante la apparente somiglianza dei presupposti di fatto, che possa farsi applicazione analogica dell'art. 1126 c.c., il quale stabilisce che quando l'uso del lastrico solare (ed a maggior ragione la proprietà) non è in comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzione del lastrico.
Nell'ipotesi disciplinata dall'art. 1126 c.c. l'accollo al condomino proprietario esclusivo del lastrico solare o che ne ha l'uso esclusivo trova una spiegazione (salvo vedere in seguito se la soluzione adottata sia del tutto logica) nell'uso particolare rispetto alla normale funzione di copertura che tale lastrico svolge, con conseguente più rapido degrado dello stesso.
Nel caso, invece, in cui il solaio di copertura di autorimesse (o di altri locali interrati) in proprietà singola svolga anche la funzione di consentire l'accesso all'edificio condominiale, non si ha una utilizzazione particolare da parte di un condomino rispetto agli altri, ma una utilizzazione conforme alla destinazione tipica (anche se non esclusiva) di tale manufatto da parte di tutti i condomini.
Ove, poi, il solaio funga da cortile e su di esso vengano consentiti il transito o la sosta degli autoveicoli, è evidente che a ciò è imputabile in maniera preponderante il degrado della pavimentazione, per cui sarebbe illogico accollare per un terzo le spese relative ai condomini dei locali sottostanti.
Ad una applicazione analogica dell'art. 1126 c.c. osta anche la considerazione che può dubitarsi della razionalità della scelta del legislatore.
Se, infatti, può sembrare logico porre per un terzo a carico di chi ha la proprietà o l'uso esclusivo del lastrico solare le spese di riparazione o di manutenzione della pavimentazione (ivi compresa la parte destinata alla impermeabilizzazione), non altrettanto logico sembra porre in uguale misura a carico di tale oggetto le spese di riparazione della struttura portante del lastrico, essendo del tutto improbabile che le stesse siano rese necessarie dall'uso esclusivo.
Sussistono, invece, le condizioni per una applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., il quale stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
Tale disposizione, infatti, accolla per intero le spese relative alla manutenzione di una parte di una struttura complessa (il pavimento del piano superiore) a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità di tale manutenzione, per cui si può dire che costituisce una applicazione particolare del principio dettato dall'art. 1123 secondo comma, c.c.
Una situazione sostanzialmente analoga si verifica nel caso in esame, in quanto l'usura della pavimentazione del cortile è determinata dall'utilizzazione esclusiva che della stessa viene fatta dalla collettività dei condomini, per cui deve trovare applicazione il principio ubi eadem ratio ibi eadem legis dispositio.
In definitiva, vanno rigettati il primo ed il secondo motivo del ricorso, mentre vanno accolti il terzo e quarto motivo, con conseguente cassazione sul punto della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso; accoglie per quanto di ragione il terzo e quarto motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.