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Una recente sentenza della terza sezione della Cassazione civile in materia di esistenza e quantificazione del danno da ritardo nella riconsegna di immobili uso ufficio merita di essere sottoposta all'attenzione dei lettori di immobilio.it

Una società conveniva in giudizio dinanzi il Tribunale una ASL conduttrice di due immobili di sua proprietà, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa del ritardato rilascio dei locali ad uso ufficio.
Il conduttore aveva dato la disdetta dei contratti di locazione nel giugno 2003 dichiarando che avrebbe rilasciato i locali il 1.1.2004, la società si era adoperata per reperire un nuovo conduttore o un acquirente per gli immobili trovando un soggetto interessato all'acquisto dei due locali che aveva sottoscritto una proposta irrevocabile di acquisto efficace fino al 15.1.2004 ma il rilascio dell'immobile non era avvenuto entro la data prevista.
La società proprietaria aveva chiesto inutilmente alla proponente una proroga dell'efficacia della proposta, negata dalla proponente, e aveva perso la possibilità di concludere l'affare.
Successivamente i due locali erano stati venduti separatamente, con tempi più lunghi e ricavandone un importo minore rispetto all'offerta originariamente ricevuta per cui la società chiedeva che la ASL fosse condannata a pagare la differenza tra quanto l'attrice avrebbe conseguito se il primo affare fosse andato a buon fine e quanto effettivamente ricavato dalla vendita.
Il Tribunale condannava la ASL al risarcimento dei danni nella misura di Euro 189.211,76 a titolo di risarcimento del danno per ritardato rilascio dell'immobile locato.

La Corte d'appello viceversa rigettava la domanda risarcitoria della società locatrice ritenendo che, se anche la Asl non rispettò la data di rilascio indicata originariamente al 1.1.2004 né la data del 26.1.2004 da lei stessa indicata successivamente, ciò nonostante rilasciò i locali il 12.2.2004 in tempo per consentire alla società ricorrente, se avesse accettato la proposta di vendita, di poter concludere nei tempi pretesi dalla proponente il contratto notarile, vendendo un immobile effettivamente libero da persone e cose, in quanto la proposta irrevocabile prevedeva la sottoscrizione del rogito entro il 14.2.2004.
La Corte non riteneva sussistere un nesso causale tra il ritardo nella riconsegna dell'immobile e il minor ricavato dalla vendita successivamente effettuata dalla società attribuendone la responsabilità ad una scelta prudente ma poco oculata della medesima.

La società proprietaria degli immobili ricorreva in Cassazione, la sentenza n. 22352 è stata depositata il 21 ottobre 2014.
La società ricorrente nel primo motivo, poi accolto dalla Corte, deduceva che la Corte d'appello aveva ricostruito i tempi della vicenda e i nessi tra i vari accadimenti affermando che la società proprietaria ben avrebbe potuto accettare la proposta di acquisto ricevuta, avente efficacia fino al 15.1.2004, perché, se anche la ASL non aveva rilasciato i locali come promesso entro il 1 gennaio 2004, essa li aveva comunque rilasciati pochi giorni dopo, comunque in tempo per consentire alla proprietaria di concludere il contratto definitivo entro il termine previsto per metà febbraio dalla proposta irrevocabile e di darvi regolare adempimento consegnando all'acquirente un immobile libero da persone o cose.
La Corte d'appello avrebbe errato nel formulare il giudizio volto a verificare la sussistenza o meno del nesso di causalità, trattandosi di un giudizio probabilistico che prevede una valutazione ex ante per poter giudicare se, in assenza della condotta che si assume dannosa (il ritardo nella riconsegna), l'evento di danno si sarebbe verificato o meno.
Il vizio consiste nell'aver effettuato il giudizio ipotetico non ex ante ma ex post, inserendo in esso un elemento, l'avvenuto rilascio dell'immobile da parte della ASL il 12.2.2004, di cui la ricorrente non poteva disporre nel momento in cui ebbe a decidere se impegnarsi o meno a vendere l'immobile accettando entro il 15.1.2004 la proposta che le era stata formulata.

Il motivo veniva accolto in quanto la corte territoriale non aveva rispettato i criteri di corretta formulazione del ragionamento da utilizzarsi per l'accertamento del nesso causale tra il ritardo nella riconsegna dell'immobile locato da parte del conduttore e la perdita di occasioni favorevoli di locazione o di vendita da parte del locatore.
Perché sia configurabile il maggior danno da ritardo nella restituzione del bene locato, ex art. 1591 c.c., debbono essere provate la situazione di mora del conduttore, il maggior danno subito dal locatore, prova che deve essere fornita secondo le regole ordinarie e, quindi, allegando e documentando più vantaggiose proposte di locazione o concrete possibilità di vendita dell'immobile occupato o anche mediante presunzioni, inoltre deve essere dimostrata l'esistenza del nesso di causalità tra il ritardo nella riconsegna e la perdita della proposta vantaggiosa.
Ai fini della corretta formulazione del giudizio volto all'accertamento del nesso di causalità tra ritardo e perdita dell'occasione vantaggiosa, esso deve essere strutturato come giudizio prognostico con valutazione ex ante, ovvero occorre chiedersi, ponendosi nella situazione del locatore ovvero utilizzando gli elementi di conoscenza a sua disposizione nel momento di compiere la scelta, se, qualora il fatto dannoso, il ritardo nell'adempimento della obbligazione di rilascio, non si fosse verificato, avrebbe l'attore potuto evitare il danno, consistente nella perdita di una più favorevole occasione di vendita.
In caso di risposta affermativa il danno da ritardo nell'inadempimento sussiste ed è da quantificarsi nel corso del giudizio di merito ed è imputabile al comportamento del conduttore.
Altrimenti, se il ritardo nella riconsegna risulta irrilevante o comunque non determinante, nel senso che pur in presenza di esso il locatore avrebbe potuto concludere l'affare, non esiste la prova del nesso causale, e l'eventuale perdita dell'occasione favorevole non sarà imputabile al conduttore ed al ritardo con cui questi ha rilasciato l'immobile.
Per fare questo ragionamento con coerenza logica e seguendone le regole, il giudice si deve porre nelle condizioni del danneggiato ex ante ovvero al momento di compiere la scelta, e non deve inserire quegli elementi di fatto che solo dopo si sono verificati o di cui solo successivamente il danneggiato ha acquisito conoscenza e che quindi non possono aver inciso sulla sua scelta.
La Corte d'Appello invece, ai fini dell'accertamento del nesso causale lo ha strutturato pur sempre come giudizio prognostico, ma con valutazione ex post, ritenendo erroneamente di poter tener conto anche di un elemento successivo, che non era a disposizione del proprietario nel momento in cui dovette decidere se accettare o meno la proposta irrevocabile, ovvero ha ritenuto di dover tenere conto del fatto che in ogni caso la ASL rilasciò il locale, non come si era successivamente impegnata a fare il 26.1.2004 ma il 12.2.2004, ovvero in tempo per consentire alla ricorrente, se avesse accettato la proposta, di stipulare il rogito senza ritardi né inadempimenti da parte sua rispetto al termine per rogitare previsto nella proposta irrevocabile.

Al momento in cui il proprietario fu tenuto a decidere se accettare la proposta irrevocabile, scadente il 15.1.2004, o meno, i due locali di sua proprietà erano ancora occupati dalla ASL, né il proprietario poteva in quel momento sapere se e quando sarebbero stati effettivamente rilasciati.
Quindi, dell'avvenuto rilascio nell'arco del mese successivo non si può tener conto per decidere, seguendo le corrette regole di strutturazione del ragionamento controfattuale, se il danno non si sarebbe verificato in mancanza di ritardo nella riconsegna, in quanto il termine finale rispetto al quale occorre verificare se il ritardo si protraeva ancora, e se esso avesse avuto una incidenza causale sulla perdita dell'occasione favorevole, è il termine di scadenza della proposta, in cui il proprietario doveva decidere, con gli elementi di valutazione in quel momento a sua disposizione, se accettare o meno.
Né si può ritenere che il locatore, per evitare di perdere l'affare, fosse tenuto in ogni caso a concludere pur non essendo certo di poter consegnare gli immobili liberi al momento previsto per il rogito, correndo il rischio di esporsi al un inadempimento per fatto di un terzo che egli non era in grado di scongiurare o evitare e ad una azione di risarcimento dei danni da parte dell'acquirente.

Il ricorso è stato accolto in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri, con rinvio alla corte d'appello territoriale in diversa composizione per la decisione attenendosi al seguente principio di diritto:

"In tema di locazione di immobili, la valutandone relativa alla configurabilità o meno del danno da ritardato rilascio di immobile va effettuata, una volta che l'attore abbia provato l'esistenza di una favorevole occasione di vendere o di locare l'immobile, con valutazione prognostica ex ante in cui si consideri se, in mancanza del ritardo nella riconsegna, il proprietario avrebbe potuto secondo la regolarità causale concludere l'affare".
Non può procedersi, accolto il ricorso, alla decisione nel merito della controversia ex art. 384 secondo comma c.p.c., recependo la quantificazione dei danni effettuata dal giudice di primo grado, in quanto la determinazione del danno da ritardo nella riconsegna di un immobile, che faccia perdere una occasione di vendita favorevole, non è automaticamente corrispondente, e come tale determinabile con semplice operazione aritmetica, alla differenza tra quanto si sarebbe potuto guadagnare cogliendo l'occasione favorevole e quanto effettivamente guadagnato, dovendo tenersi conto per la sua quantificazione di diversi fattori, quali l'andamento del mercato, che fanno parte della valutazione del giudice di merito.


Avv. Luigi De Valeri
 

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