Sottopongo in questo 3D in sostanza due gruppi di domande distinti:
col primo gruppo di domande, di cui mi interessa maggiomente avere il vs parere, vorrei sapere cosa succede se si accertasse un errore di sostanza nella formulazione di atti di compravendita che non riflettono la situazione di provenienza.
col secondo gruppo accenno a cosa consisterebbero i conflitti ed i nodi da sciogliere.
A) Senza entrare nel merito sul contenuto vorrei avere una idea di massima sull'aspetto procedurale-normativo:
1) Qualora si riscontrasse in atto un errore non semplicemente materiale ma di sostanza, come se ne esce? (a parte le ossa rotte?)
2) Quale iter procedurale è previsto per la rettifica?
3) Se l'errore viene sancito, bonariamente o in sede di giudizio, che conseguenze provoca? Se viene dichiarata la nullità, viene ad essere cancellato tutto l'atto o cade solo la parte contestata?
Ho visto su
http://blog.solignani.it/2009/02/03/per-colpa-del-notaio-la-mia-casa-non-risulta-mia/
un intervento del Notaio Massimo D'Ambrosio di Pescara, mi pare presente anche su immobilio, ma che non sono riuscito a rintracciare, che in sostanza accenna a questa tematica senza però entrare nelle conseguenze ove l'errore effettivamente esistesse.
B) In subordine sintetizzo in modo sommario due casi di atti notarili, sui quali ci stiamo interrogando.
Parto dal presupposto, e correggetemi se sbaglio, che i diritti fondiari di lotti contigui nati a seguito di frazionamento e venduti in proprietà esclusiva , si tramandino nei successivi passaggi tali e quali senza aggiunte o sottrazioni unilaterali, se non intervengono pattuizioni bilaterali successive.
1) Premessa: a seguito di frazionamento A-B-C-D-E-F ciascuno compra in via esclusiva i singoli lotti a-b-c-d-e-f; ognuno singolarmente costruisce sul proprio lotto. Un sig D subentrato dopo varie compravendite pacifiche, e confinante con C, 20 anni dopo, vende il suo immobile esclusivo, cedendo insieme un novellato diritto di co-uso perpetuo su un locale garage realizzato sotto le proprietà appartenenti solo ad A-B e C Faccio notare che non esiste alcuna cessione di servitù prediale.
Per correttezza potrei aggiungere che D aveva convenuto privatamente, senza trascrizione, con A-B-C e a titolo personale, il diritto d'uso comune (si era tra amici conoscenti di lunga data), a fronte di alcune condizioni di reciprocità ed obblighi tipo la ripartizione comune allargata delle spese e delle imposte, cosa per altro mai avvenuta: ora mi risulta che il diritto d'uso si contraddistingua dall'usufrutto per avere carattere personale e non essere cedibile a terzi .(vedi cc... non ricordo l'art.) . In comune con l'usufrutto ha l'estinzione con la morte del beneficiario.
A che titolo giuridico ha potuto il Notaio aggiungere questa cessione di diritto d'uso addirittura dichiarandolo perpetuo, non contemplato negli atti originari non trascritto e non cedibile? Ormai la questione si trascina e si sovrappone ad altre anomalie: non si è ancora arrivati ad una lite, si tratta di 2° case, e si è cercato sempre di mantenere un buon rapporto di vicinato, e non farsi venire un attacco di bile almeno in vacanza. Oggi altri successivi eventi portano a dover definire la cosa in modo certo.
2) Il secondo oggetto di esame è anche più delicato. A raccontarla sembra una telenovela inventata: ma assicuro che quanto sto riportando è reale.
La famosa autorimessa realizzata su a,b,c, è di fatto un unico locale indiviso unito di fatto. Tralascio i casini catastali riferibili a questo locale, in cui sono note imprecisioni di forma ma corrette fiscalmente, cui si sono sovrapposte modifiche generate da geometri alle prese con l'obbligo recente di conformità catastale
La autorimessa in questione è stata oggetto di compravendita da parte di C, il quale con atto vende l'immobile di sua proprietà esclusiva, che comprende 1° e 2° piano, ma anche la parte si seminterrato sottostante, costituente insieme all'equivalenti aree a+b un unico locale indiviso. Poichè ciascuno era proprietario esclusivo del proprio terreno, giustamente tutto ciò che sta sotto o sopra questi suoli appartiene ai proprietari dei suoli.
Ora l'acquirente C" si ritiene proprietario esclusivo dell'area c dell'autorimessa, e fin qui non gli darei torto: ma aggiunge una sua personale interpretazione. E' contrario ad una regolamentazione d'uso dell'unico locale unito di fatto, (cosa di fatto avvenuta per 56 anni in precedenza), rivendica il suo pieno diritto esclusivo sulla sua particella, ma in sostanza nega analogo diritto dei proprietari A e B su a+b, e rivendica una sorta di servitù di passaggio su a e b per accedere a c, che per questi lotti non è mai stata concessa e sancita. (del tipo: io sul mio ho posto per due macchine: voi non ci accedete, ma sul vostro lotto dovete disporvi con limitazioni perchè io voglio entrare ed uscire senza dipendere da voi)
Il suo notaio avrebbe assicurato che lui gode di questo diritto di servitù, ma forse non sapeva che questo seminterrato è stato urbanisticamente al momento della costruzione, presentato come 3 cantine di proprietà esclusiva, e così compaiono rappresentate nelle schede originarie associate alla planimetria della parte abitativa come accessori non collegati direttamente.
Solo a cose fatte si è deciso di usarle unite come unica autorimessa, accatastarla "impropriamente" come unico sub, con proprietà indivisa per 1/3 ciascuno senza cessioni di diritti di superficie, assegnazione di posti auto e via discorrendo, gestendoci in modalità LIFO, e salvo i periodi di ferragosto, con una certa indipendenza di movimento.
Ora l'atteggiamento nasce dal fatto che ciascuno dei litiganti si appella al proprio rogito, "il notaio non sbaglia", non vuol sentir ragioni, e nemmeno è disposto ad ascoltare ed analizzare con chi cerca sulla base della concatenazione degli atti e degli eventi, una via d'uscita di compromesso visto che non sono in gioco diritti vitali: notare che questo atteggiamento si scontra sul medesimo appiglio visto che ci troviamo due atti in palese conflitto fra loro, se nel primo non si riconosce il vizio, e se i titolari (non è novità) tendono ad attribuire ai propri, diritti esclusivi, ed a quelli degli altri che nascono dal medesimo titolo originario diritti parziali o servitù.
Non è una ulteriore domanda, ma la segnalazione di una ulteriore anomalia generata dai tecnici preposti: oggi sono presenti a catasto sia la autorimessa intera, sia una autorimessa equivalente al terzo, non meglio definita in fatto di "graffature esistenti" che invece di sostituirsi parzialmente con rendita autonoma ai soli fini fiscali, si aggiunge a quella da sempre esistente: con evidenti fonti di distorsioni ai fini fiscali ....
(non è stata evidentemente fatta una variazione di sostituzione, ma si è generata una moltiplicazione e nuova generazione di beni imponibili....!)
Graditi contributi anche parziali, meglio se argomentati.[/FONT]
col primo gruppo di domande, di cui mi interessa maggiomente avere il vs parere, vorrei sapere cosa succede se si accertasse un errore di sostanza nella formulazione di atti di compravendita che non riflettono la situazione di provenienza.
col secondo gruppo accenno a cosa consisterebbero i conflitti ed i nodi da sciogliere.
A) Senza entrare nel merito sul contenuto vorrei avere una idea di massima sull'aspetto procedurale-normativo:
1) Qualora si riscontrasse in atto un errore non semplicemente materiale ma di sostanza, come se ne esce? (a parte le ossa rotte?)
2) Quale iter procedurale è previsto per la rettifica?
3) Se l'errore viene sancito, bonariamente o in sede di giudizio, che conseguenze provoca? Se viene dichiarata la nullità, viene ad essere cancellato tutto l'atto o cade solo la parte contestata?
Ho visto su
http://blog.solignani.it/2009/02/03/per-colpa-del-notaio-la-mia-casa-non-risulta-mia/
un intervento del Notaio Massimo D'Ambrosio di Pescara, mi pare presente anche su immobilio, ma che non sono riuscito a rintracciare, che in sostanza accenna a questa tematica senza però entrare nelle conseguenze ove l'errore effettivamente esistesse.
B) In subordine sintetizzo in modo sommario due casi di atti notarili, sui quali ci stiamo interrogando.
Parto dal presupposto, e correggetemi se sbaglio, che i diritti fondiari di lotti contigui nati a seguito di frazionamento e venduti in proprietà esclusiva , si tramandino nei successivi passaggi tali e quali senza aggiunte o sottrazioni unilaterali, se non intervengono pattuizioni bilaterali successive.
1) Premessa: a seguito di frazionamento A-B-C-D-E-F ciascuno compra in via esclusiva i singoli lotti a-b-c-d-e-f; ognuno singolarmente costruisce sul proprio lotto. Un sig D subentrato dopo varie compravendite pacifiche, e confinante con C, 20 anni dopo, vende il suo immobile esclusivo, cedendo insieme un novellato diritto di co-uso perpetuo su un locale garage realizzato sotto le proprietà appartenenti solo ad A-B e C Faccio notare che non esiste alcuna cessione di servitù prediale.
Per correttezza potrei aggiungere che D aveva convenuto privatamente, senza trascrizione, con A-B-C e a titolo personale, il diritto d'uso comune (si era tra amici conoscenti di lunga data), a fronte di alcune condizioni di reciprocità ed obblighi tipo la ripartizione comune allargata delle spese e delle imposte, cosa per altro mai avvenuta: ora mi risulta che il diritto d'uso si contraddistingua dall'usufrutto per avere carattere personale e non essere cedibile a terzi .(vedi cc... non ricordo l'art.) . In comune con l'usufrutto ha l'estinzione con la morte del beneficiario.
A che titolo giuridico ha potuto il Notaio aggiungere questa cessione di diritto d'uso addirittura dichiarandolo perpetuo, non contemplato negli atti originari non trascritto e non cedibile? Ormai la questione si trascina e si sovrappone ad altre anomalie: non si è ancora arrivati ad una lite, si tratta di 2° case, e si è cercato sempre di mantenere un buon rapporto di vicinato, e non farsi venire un attacco di bile almeno in vacanza. Oggi altri successivi eventi portano a dover definire la cosa in modo certo.
2) Il secondo oggetto di esame è anche più delicato. A raccontarla sembra una telenovela inventata: ma assicuro che quanto sto riportando è reale.
La famosa autorimessa realizzata su a,b,c, è di fatto un unico locale indiviso unito di fatto. Tralascio i casini catastali riferibili a questo locale, in cui sono note imprecisioni di forma ma corrette fiscalmente, cui si sono sovrapposte modifiche generate da geometri alle prese con l'obbligo recente di conformità catastale
La autorimessa in questione è stata oggetto di compravendita da parte di C, il quale con atto vende l'immobile di sua proprietà esclusiva, che comprende 1° e 2° piano, ma anche la parte si seminterrato sottostante, costituente insieme all'equivalenti aree a+b un unico locale indiviso. Poichè ciascuno era proprietario esclusivo del proprio terreno, giustamente tutto ciò che sta sotto o sopra questi suoli appartiene ai proprietari dei suoli.
Ora l'acquirente C" si ritiene proprietario esclusivo dell'area c dell'autorimessa, e fin qui non gli darei torto: ma aggiunge una sua personale interpretazione. E' contrario ad una regolamentazione d'uso dell'unico locale unito di fatto, (cosa di fatto avvenuta per 56 anni in precedenza), rivendica il suo pieno diritto esclusivo sulla sua particella, ma in sostanza nega analogo diritto dei proprietari A e B su a+b, e rivendica una sorta di servitù di passaggio su a e b per accedere a c, che per questi lotti non è mai stata concessa e sancita. (del tipo: io sul mio ho posto per due macchine: voi non ci accedete, ma sul vostro lotto dovete disporvi con limitazioni perchè io voglio entrare ed uscire senza dipendere da voi)
Il suo notaio avrebbe assicurato che lui gode di questo diritto di servitù, ma forse non sapeva che questo seminterrato è stato urbanisticamente al momento della costruzione, presentato come 3 cantine di proprietà esclusiva, e così compaiono rappresentate nelle schede originarie associate alla planimetria della parte abitativa come accessori non collegati direttamente.
Solo a cose fatte si è deciso di usarle unite come unica autorimessa, accatastarla "impropriamente" come unico sub, con proprietà indivisa per 1/3 ciascuno senza cessioni di diritti di superficie, assegnazione di posti auto e via discorrendo, gestendoci in modalità LIFO, e salvo i periodi di ferragosto, con una certa indipendenza di movimento.
Ora l'atteggiamento nasce dal fatto che ciascuno dei litiganti si appella al proprio rogito, "il notaio non sbaglia", non vuol sentir ragioni, e nemmeno è disposto ad ascoltare ed analizzare con chi cerca sulla base della concatenazione degli atti e degli eventi, una via d'uscita di compromesso visto che non sono in gioco diritti vitali: notare che questo atteggiamento si scontra sul medesimo appiglio visto che ci troviamo due atti in palese conflitto fra loro, se nel primo non si riconosce il vizio, e se i titolari (non è novità) tendono ad attribuire ai propri, diritti esclusivi, ed a quelli degli altri che nascono dal medesimo titolo originario diritti parziali o servitù.
Non è una ulteriore domanda, ma la segnalazione di una ulteriore anomalia generata dai tecnici preposti: oggi sono presenti a catasto sia la autorimessa intera, sia una autorimessa equivalente al terzo, non meglio definita in fatto di "graffature esistenti" che invece di sostituirsi parzialmente con rendita autonoma ai soli fini fiscali, si aggiunge a quella da sempre esistente: con evidenti fonti di distorsioni ai fini fiscali ....
(non è stata evidentemente fatta una variazione di sostituzione, ma si è generata una moltiplicazione e nuova generazione di beni imponibili....!)
Graditi contributi anche parziali, meglio se argomentati.[/FONT]
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