E' un modello di coabitazione nato in Danimarca negli anni '60 in cui single, coppie e famiglie vivono in complessi residenziali composti da 20 a 40 nuclei familiari, condividendo le decisioni e la partecipazione alle attività sociali (lavanderia, asilo nido condominiale, portineria). Spesso si mettono in comune anche l'auto e la televisione, si organizzano gruppi d'acquisto per fare la spesa direttamente dai produttori ed ottenere tariffe migliori sulle utenze, e ci si occupa di servizi che di solito vengono affidati all'esterno come babysitting e giardinaggio. In questo modo si riesce a risparmiare fino al 15% sulle spese mensili della famiglia,dal 3 al 5% sulle tariffe a consumo, fino al 60% sulle spese della lavanderia ed il 40% sule spese per l'auto.
Mentre all'estero esistono grandi realtà di co-housing, in Italia siamo solo agli inizi, anche se cohousing.it conta 9mila famiglie iscritte e di continuo nascono gruppi di cittadini, o cooperative edilizie, che acquistano immobili da destinare a questo scopo.
Il co-housing non è ancora contemplato dalla legge in modo formale, ma è configurabile come un condominio con ampi spazi e attività comuni; si avvia in 6-9 mesi con l'aiuto di esperti del settore, ancora carenti nel nostro paese. A questo scopo, a cura di una società di servizi milanese, è nato il primo corso di accreditamento e formazione di "co-housing partnership". Attività di co-housing si stanno sviluppando a Torino, Padova e soprattutto a Milano, con diverse esperienze in via di sviluppo; nel Lazio il dipartimento di Architettura della Sapienza ha presentato al Demanio un manifestazione di interesse per le aree militari dismesse per sviluppare progetti di co-housing sostenibile.
Uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo di questo modello abitativo in Italia è dato dal costo degli edifici da convertire, o dei terreni su sui edificare; per superare l'ostacolo molte associazioni impegnate nello sviluppo dei progetti stanno cercando di coinvolgere gli enti locali a concedere spazi pubblici inutilizzati a prezzi agevolati o in concessione gratuita. (estratto da "Il Sole 24 ore")
Mentre all'estero esistono grandi realtà di co-housing, in Italia siamo solo agli inizi, anche se cohousing.it conta 9mila famiglie iscritte e di continuo nascono gruppi di cittadini, o cooperative edilizie, che acquistano immobili da destinare a questo scopo.
Il co-housing non è ancora contemplato dalla legge in modo formale, ma è configurabile come un condominio con ampi spazi e attività comuni; si avvia in 6-9 mesi con l'aiuto di esperti del settore, ancora carenti nel nostro paese. A questo scopo, a cura di una società di servizi milanese, è nato il primo corso di accreditamento e formazione di "co-housing partnership". Attività di co-housing si stanno sviluppando a Torino, Padova e soprattutto a Milano, con diverse esperienze in via di sviluppo; nel Lazio il dipartimento di Architettura della Sapienza ha presentato al Demanio un manifestazione di interesse per le aree militari dismesse per sviluppare progetti di co-housing sostenibile.
Uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo di questo modello abitativo in Italia è dato dal costo degli edifici da convertire, o dei terreni su sui edificare; per superare l'ostacolo molte associazioni impegnate nello sviluppo dei progetti stanno cercando di coinvolgere gli enti locali a concedere spazi pubblici inutilizzati a prezzi agevolati o in concessione gratuita. (estratto da "Il Sole 24 ore")