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Gli Italiani tornano al mattone?

Di Pierpaolo Molinengo
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È stata presentata l'Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2016: “Tassi bassi e volatilità, si ritorna al mattone”, un progetto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo, basato su interviste effettuate da Doxa fra gennaio e febbraio 2016 a 1.011 famiglie detentrici di conto corrente bancario e/o postale; all"interno della famiglia è stato intervistato il principale decisore in merito a risparmio e investimento, ossia la persona più informata e interessata circa gli argomenti trattati nel questionario (nel 77 per cento dei casi, il capofamiglia).

Il campione selezionato è rappresentativo per classi d"età, professioni, titoli di studio e zone geografiche. L"Indagine, che permette confronti temporali dal 1983 a oggi, affronta ogni anno un tema monografico: nel 2016 l’attenzione si è concentrata sulle scelte di investimento in condizione di tassi di interesse bassi o nulli.
Di seguito la sintesi della ricerca:
Famiglie: ripresa lenta, ma aspettative in miglioramento. La crisi appare ormai alle spalle, ma presso le famiglie è diffusa la percezione che la perdita di reddito disponibile non sia stata completamente recuperata: per conseguenza, le spese nel 2015-2016 hanno continuato a essere improntate alla sobrietà. È però importante sottolineare che se la quota delle famiglie del campione che dichiarano un reddito insufficiente si è stabilizzata nel 2016 intorno al 17 per cento senza ridursi, è invece sulle aspettative che si registra il vero miglioramento. Fino al 2015, il 50 per cento degli intervistati giudicava probabile un peggioramento imminente delle proprie condizioni economiche. Nel 2016 le proporzioni sono opposte: il 60 per cento giudica infatti imminente un miglioramento. Non solo: sempre nel 2016 una quota tra il 20 e il 22 per cento del campione pensa non solo di mantenere, ma di aumentare le spese per i figli e di espandere quelle per la salute e per l"acquisto dei beni durevoli, rinviato negli anni passati.

Le case: il mercato che gli italiani conoscono meglio.
I piccoli investitori si rivolgono alle case anche perché questo è il mercato dei beni di investimento che essi direttamente conoscono meglio, e al quale probabilmente sono più interessati. L"informazione è pur sempre un elemento che mitiga il rischio degli investimenti, visto che rende più consapevoli le scelte in proposito. Ben il 46 per cento degli intervistati dichiara di conoscere il mercato delle case e di informarsi regolarmente sui suoi prezzi. Dietro al mercato immobiliare si collocano, distanziati, il mercato obbligazionario (che è seguito dal 33 per cento del campione), poi la Borsa (24 per cento) e il mercato dell"oro (19 per cento).
La ricerca delle case corrisponde anche a una ricerca di rendimenti. Tornando alla propensione all"acquisto di immobili, chi vi si vorrebbe avvicinare (e non ha ancora deciso) ha un profilo chiaro. In generale, ha da parte investimenti liquidi o liquidabili pari a più di un anno del suo reddito (48 per cento).
Ha realizzato, inoltre, che il mercato dei beni d"uso quotidiano è deflattivo, concorrendo a schiacciare i rendimenti di lungo termine del risparmio investito in forme finanziarie. Ciò però non è compatibile con l"aspirazione a ottenere dai propri investimenti, in media, un profitto medio annuo del 2,6 per cento nei prossimi cinque anni. Ecco dunque che tra le motivazioni per cui “acquistare un immobile potrebbe essere vantaggioso” primeggiano considerazioni economiche, ossia la convinzione di investire in un “bene di riferimento”, che conserva il suo valore nel tempo (25 per cento), seguito dalla possibilità di “approfittare del momento di prezzi bassi” (17 per cento) e dal fatto che il reddito dell"immobile, ossia l"affitto incassato o risparmiato, è superiore a quanto può offrire la banca o un"obbligazione (13 per cento). Il 19 per cento, inoltre, pensa che i prezzi delle case aumenteranno nei prossimi anni e il 14 per cento mira, così facendo, ad approfittare di buone e singolari condizioni sui mutui.

Gli acquirenti potenziali di una nuova casa sono tra l’11 e il 19 per cento del campione. Le variabili economiche non esauriscono le ragioni per investire in un immobile. Chi ne sta considerando l"acquisto ha spesso l"ambizione di una casa migliore (43 per cento) o il bisogno effettivo di un"abitazione più grande (29 per cento). Gli acquirenti potenziali nei prossimi tre anni (che sono compresi tra l"11 e il 19 per cento del campione) userebbero prevalentemente la nuova casa per sé, considerandola come un bene da godere e magari da tramandare ai figli.
Una quota fino all"8 per cento del campione potrebbe cambiare casa e prenderla in affitto, anche se i giudizi positivi sugli affitti sono un terzo del totale, dunque inferiori ai giudizi negativi.

Cosa trattiene gli acquirenti? Per il momento gioca da freno la debolezza convalescente del mercato secondario, ossia il timore o di non riuscire a liquidare l"attuale propria casa o di ricavarne un prezzo insufficiente per fare il salto di qualità. In altri termini, mano a mano che il mercato immobiliare sarà più liquido e si accorceranno i tempi di vendita delle case usate, la domanda potenziale di nuove case si trasformerà in domanda effettiva.

Una seconda casa in vista per il 9 per cento del sovracampionamento. La ripresa in corso del mercato delle abitazioni è reale, ma si sviluppa a ritmo ridotto. Anche per le seconde case il clima starebbe cambiando. Le intenzioni di acquisto nei prossimi tre anni riguardano il 9 per cento degli investitori, consapevoli che la seconda casa non è però quasi mai un buon investimento. Prova ne sia che il 74 per cento di essi ha un"opinione positiva del possesso della seconda casa, ma solo il 22 per cento, ossia meno di uno su tre, la considera vantaggiosa in termini economici.
Investire in case da dare in affitto conviene, ma non troppo.

Le case, che la deflazione fa tornare al centro dell"ambizione di una quota significativa di piccoli investitori, sono non solo quelle da abitare, ma anche quelle da dare in affitto. Con la discesa a zero degli interessi, il reddito degli affitti torna competitivo. La quota di investitori propensi a comprare una casa da locare (20 per cento) è inferiore a quella degli investitori propensi a comprare una casa da abitare (29 per cento), ma rappresenta pur sempre un quinto del campione, ossia una quota maggiore di quella degli attuali possessori di obbligazioni. Gli ostacoli alla messa in pratica di quest"ultima idea non mancano e riguardano quasi sempre la selezione degli inquilini, che è ovviamente un"incognita. Secondariamente, vi è la questione fiscale. Le case da locare sono per definizione «seconde case» e ne seguono in larga parte i destini fiscali, dall"imposta di registro piena, all"IMU, alla non deducibilità delle spese di ristrutturazione.
 

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