L’accordo locale per la città di Milano, invero piuttosto datato (risale a 16 anni fa quando il sindaco era Gabriele Albertini e c’erano ancora le lire), sottoscritto sulla base del DM 5 marzo 1999, è stato siglato circa sette mesi dopo l’emanazione della legge n°431/1998 e mai revisionato.
Al punto 3 si legge: “Il presente Accordo è valido per la durata di tre anni a decorrere dalla data di stipula o comunque fino al rinnovo della Convenzione nazionale e del successivo decreto ministeriale, come stabilito all’art. 4, comma 1, della legge 9 dicembre 1998 n. 431. Alla predetta scadenza e fino alla stipula di un nuovo Accordo o, in caso di mancata stipula, fino all’emanazione del decreto sostitutivo previsto dall’art. 4, co. 1 legge citata [si riferisce alla Convenzione nazionale], continuerà ad applicarsi il presente Accordo”: la liceità di stipulare contratti di locazione a canone concordato, vale a dire contratti art. 2, co. 3 (il c.d. 3+2), art. 5, co. 1 (transitori ordinari) e art. 5, co. 2 (contratti per studenti universitari) mi pare fuori dubbio, e sarebbe veramente bizzarro se in una città come Milano (sede di prestigiosi atenei statali e non statali e, dal 1° maggio sede dell’Expo) non fossero validi contratti a canone convenzionato a studenti universitari e contratti transitori per lavoratori fuori sede.
La convenzione locale di Milano non è l’unica ferma al 1999. Si pensi a Campobasso, Potenza, Catanzaro; Ancona, Trieste e Napoli sono fermi al 2003: sono tutti Comuni CIPE ad alta densità abitativa in cui, in assenza di nuovi accordi, continuano ad applicarsi le vecchie convenzioni.
Non solo. Le tariffe minime e massime indicate nell’accordo territoriale di Milano possono essere rivalutate sulla base dell’intera variazione del costo della vita accertata dall’ISTAT. Infatti, in ottemperanza della norma, prevista dall’art. 4, co. 1 della legge di riforma del 1998, il decreto supletivo del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, emanato il 14 luglio 2004, ha stabilito poi alcuni correttivi, precisando, all’art. 1, co. 1, che “Nei Comuni nei quali non siano state convocate le Organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori ovvero non siano stati definiti gli accordi di cui all'art. 2, comma 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in applicazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto col Ministro dell'economia e delle finanze, del 30 dicembre 2002, pubblicato sul supplemento ordinario n. 59 nella Gazzetta Ufficiale dell'11 aprile 2003 - serie generale - n. 85, le fasce di oscillazione dei canoni sono quelle risultanti dagli accordi previgenti già sottoscritti. In tal caso i limiti inferiori e superiori delle fasce di oscillazione dei canoni sono incrementati applicando le variazioni ISTAT dell'indice nazionale dei prezzi a consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute dal mese successivo alla data di sottoscrizione degli accordi, al mese precedente la data di sottoscrizione del nuovo contratto di locazione da stipularsi”.
L’accordo di Milano, all’art. 3, dichiara esplicitamente che l’accordo ha una durata standard di tre anni (l’art. 4, co. 1 della legge di riforma del 1998 disponeva, infatti, che ogni tre anni fossero riviste le convenzioni locali). Inoltre precisa: “Alla predetta scadenza e fino alla stipula di un nuovo Accordo o, in caso di mancata stipula, fino all’emanazione del decreto sostitutivo previsto dall’art. 4, co. 1 legge citata, continuerà ad applicarsi il presente”.
L’accordo di Milano è ormai scaduto (non è stato registrato un nuovo accordo dopo il 2004), per cui ricade nella previsione dell’art. 1, co. 1 del decreto ministeriale del 2004 (a ben vedere, questa mi sembra oggi la soluzione più ragionevole). Ne consegue che ci si rifà all’accordo del 1999 e i valori minimi e massimi delle fasce di oscillazione dei canoni di locazione di quell’anno (espressi in lire/mq) vengono adeguati al 100% dell’ISTAT partendo dalla data di stipula dell’accordo (5 luglio 1999) fino alla data di stipula del nuovo contratto (3+2, transitorio, per studenti universitari).
Esempio
Appartamento A/2 situato in via Morosini di superficie mq. 110,00
Subfascia ------> 3
Tariffe revisionate al 2015 (ISTAT = + 30,50%)
Fonte: Associazione della proprietà edilizia di Milano
Min. = € 84,38
Max = € 90,70
Mq. 110 x € 90,70 = € 9.977,00
Se l’appartamento è arredato = + 10%
€ 9977 x 10% = € 10.975,00
Flash news: il Comune di Milano e le organizzazioni categoria dei proprietari e degli inquilini pare si siano decisi a revisionare la vecchia convenzione: il parto sarà lungo e difficile, ma si spera che si riesca finalmente a trovare una base comune per adeguare canoni fuori mercato.
Convengo che il convenzionato continui ad essere sconveniente per il locatore meneghino (i bonus fiscali, abbinati ai 3+2 e ai contratti per studenti, sembrano realmente poca cosa), ma ciò non toglie la possibilità di stipulare validamente e legittimamente contratti di locazione di questo tipo nel capoluogo lombardo e nei Comuni limitrofi nonché in tutti gli altri Comuni capoluogo di provincia o comunque ad alta densità abitativa d’Italia dove il divario tra i canoni di mercato e il canone convenzionato non sempre è così marcato.
Il mattone in affitto corre su un doppio binario. Se il proprietario sceglie il primo binario (canone libero), gode di una maggiore autonomia contrattuale, può regolare meglio il suo rapporto a partire dalla variabile chiave: il canone di affitto. Su una cosa, però, non può derogare: la durata (il contratto non può durare meno di 4 anni, salvo casi particolari). IRPEF: ridotta del 5% (potrebbe essere conveniente per chi un reddito da lavoro più basso e molte detrazioni fiscali). Cedolare secca: 21%. Agevolazioni fiscali: no. IMU: ordinaria.
Sul secondo binario (canone concordato), invece, il proprietario deve “barattare” le sue pretese economiche in cambio di una durata più corta del vincolo, declinata in varie forme. Il ventaglio delle scelte è più ampio, ma il canone è più basso. Però nei Comuni ad alta tensione abitativa, in genere, è meno costoso a livello fiscale, sia nel caso in cui si opti per la cedolare secca: 10%, sia nel caso in cui si scelga il regime IRPEF: ridotta del 5% ed ulteriormente del 30%. Agevolazioni fiscali: sì. IMU: i Comuni possono fissare un’aliquota ridotta.
Non esiste l’opzione migliore, ma l’affitto “giusto”. A Milano si viaggia sul primo binario, ma non è detto che questo sia il binario giusto per chi loca ad esempio in altri Comuni CIPE. Il punto di vista che conta è sempre quello del proprietario: infatti, è lui a decidere su quale treno salire, valutando non solo la variabile fiscale, ma anche le sue specifiche esigenze. E sperando di arrivare a destinazione senza troppi ritardi o incidenti di percorso.