Era una giornata abbacinata da un sole feroce quella di quel mattino del luglio 2007, avevo la vista annebbiata, la testa pesante e rintronata, l’umore svagato. Dopo alcuni minuti vissuti come in un vortice mi sono ritrovato, senza un perché, dentro uno studio notarile, in una penombra soffusa e quasi ostile, seduto scomodamente su una poltrona e non riuscivo a distinguere i contorni dei mobili e i profili delle persone che li dentro parlavano, parlavano, parlavano….Dicevano tante cose ma non capivo il senso del loro chiacchiericcio ma avevo il loro fiato tiepido ed umido quasi sul collo. Ad un certo punto, le parole e gli accenti diventarono improvvisamente nitidi, come da un segnale convenuto, e, quello che doveva essere il notaio, impugnò un microfono e cominciò a salmodiare con voce cristallina e melodiosa ma in modo stentoreo e potente, che il sottoscritto Graf Cinquantasette, in piena coscienza e volontà, acquistava l’appartamento sito a Roma, in via Bagudi n.67 quartiere Balduina, così come individuato e delimitato da pianta catastale allegata, per il prezzo totale di 500.000 euro. Finito il pezzo musicale, depositò il microfono e mi offrì una stilografica artisticamente cesellata in argento e mi invitò a firmare il rogito accompagnando il gesto con un sorriso a trentadue denti.
Ma no! No! Doveva essere uno scherzo, una burla tiratami così per gioco da qualche soggetto che mi voleva fare del male; chi mai l’aveva 500.000 euro…Sto quasi in bolletta, a momenti non riesco neanche a pagare le bollette per quanto stia in bolletta! Non ricordavo nemmeno di averla visitata questa casa…Si certo, l’avevo vista in una serie di fotografie patinate su un portale web, uno di quelli grandi e invadenti che hanno schiavizzato il mercato, era una bella casa di 130 mq al penultimo piano di una palazzina signorile…ricordo i magnifici mobili in stile ottocento con i quali era arredata…Ma il sottoscritto, come mi aveva apostrofato in musica il notaio, non c’era mai stato, non era mai entrato in quella dimora elegante…Non aveva mai conosciuto il titolare dell’agenzia immobiliare che ne curava la vendita…E men che meno il proprietario che vendeva. Come è mai possibile che adesso il sottoscritto si ritrovava ad acquistare un immobile solo per averlo visionato distrattamente in una sera d’estate su un portale del web?
Ad un certo punto mi presi quasi un coccolone; l’agente immobiliare, un pezzo di marcantonio alto quasi due metri ma rigorosamente in giacca e cravatta, con voce flautata ma decisa e con un gesto improvviso che non avevo previsto, mi invitò ad alzarmi e mi pregò di fare due passi perché dovevo assolutamente capire che la casa che avrei acquistato aveva il pavimento in discesa sia nel salotto che nella camera da letto e che di case così, ormai non se ne costruiscono più… Compravo una rarità e avrei fatto colpo sugli amici e sugli ospiti. Poi tirò fuori dalla giacca un flauto dorato e cominciò a zufolare cinguettando queste parole di grande spessore logico:
Io vendo la casa perché lei la compera.
Lei compera la casa perché io la vendo.
Se lei non compera la casa io non la vendo.
Se io non vendo la casa lei non la compera.
In me traboccò una forte emozione e mi misi quasi a piangere. Questo era troppo: un mediatore di case brillante allievo addirittura di Jacques II° de Chabannes de La Palice! Mi sentii ghermito dall'intensità poetica di quelle rare espressioni e dalla musica del flauto che le accompagnava e allora decisi all’istante di acquistare quella casa anche se non l’avevo mai visitata di persona; ma che mi importava? Il mediatore, del quale mi fidavo poiché indossava la giacca blu e la cravatta a righe (anche qui mostrando la sua inclinazione lapalissiana), mi garantiva che facevo un affare; pensate, acquistavo una casa con i pavimenti in discesa (una sciccheria!) e suddivisa in 15 stanze, quattro bagni, di cui due soppalcati (altra sciccheria!), due ripostigli e una cucina, il tutto per un totale di 130 mq commerciali; sfido qualsiasi architetto, ingegnere o geometra a sostenere che si sia sperperato, nell'edificarla, anche un solo centimetro quadrato!
Il notaio, uscito dalla penombra nella quale aveva vissuto fino ad allora, mi richiamò alla dura realtà, scansò con un gesto gentile ma fermo il mediatore, mi fece di nuovo sedere sulla scomodissima poltrona, accese una abat jour e mi piantò la luce della sua lampada in viso: Come paga?
Nelle tasche ho le ragnatele, risposi sconsolato.
Il notaio attivò l’interruttore dell’abat jour e spense la luce; io mi ritrovai improvvisamente in un buio più nero della pece mentre intorno le voci di persone che non vedevo ricominciavano ad innalzare il volume loro indistinto chiacchiericcio…
Improvvisamente, il volto grasso e flaccido di un uomo che si era staccato dal coro del cicaleccio di fondo mi si parò innanzi in tutta la sua carnale rotondità e mi domando a bruciapelo facendo brillare i due occhi bovini: 500.000 euro di mutuo trentennale ad un tasso fisso del 4% le vanno bene?
A quelle parole, per la gioia, spiccai un volo e mi andai ad adagiare sul tetto dello studio notarile; quelle parole mi avevano gasato e volavo leggero, fluorescente ed iridescente come una bolla di sapone…
Sentivo da lontano ed in basso le parole gridate dall’uomo grasso, flaccido e con gli occhi bovini: non esploda mi raccomando, non buchi la bolla di sapone, al presente non lo faccia!
Cinque minuti dopo tornai di sotto ribalzando dolcemente di scala in scala, afferrai la penna stilografica, sbalzata in argento, del notaio e apposi le firme necessarie per accendere il mutuo trentennale, per stipulare il rogito e per riconoscere la provvigione al mediatore. Ricordo che, in quel preciso momento, sparirono tutti, rimasi solo soletto nella penombra tiepida dello studio notarile, la testa ricominciò a girare come un mulinello, ebbi la sensazione che la coscienza fosse appesantita da un chilo di piombo, il chiacchiericcio di fondo cessò e un coro lontano e nascosto intonò una lirica dolce, carezzevole ed armoniosa.
Ti è andata bene :
hai comprato casa nel fatidico 2007
con il mutuo trentennale raddoppieranno le spese nette
pagherai la bella dimora oltre un milione
ma a trecentomila rivenderai la tua abitazione.
Ti è andata bene,
Oh, uomo bennato e dabbene.
Un attimo dopo mi risvegliai nel mio letto, madido di sudore, con la bocca amara e la lingua secca.
Quella maledetta frittata con i peperoni di ieri sera mi era rimasta sullo stomaco…
Ma no! No! Doveva essere uno scherzo, una burla tiratami così per gioco da qualche soggetto che mi voleva fare del male; chi mai l’aveva 500.000 euro…Sto quasi in bolletta, a momenti non riesco neanche a pagare le bollette per quanto stia in bolletta! Non ricordavo nemmeno di averla visitata questa casa…Si certo, l’avevo vista in una serie di fotografie patinate su un portale web, uno di quelli grandi e invadenti che hanno schiavizzato il mercato, era una bella casa di 130 mq al penultimo piano di una palazzina signorile…ricordo i magnifici mobili in stile ottocento con i quali era arredata…Ma il sottoscritto, come mi aveva apostrofato in musica il notaio, non c’era mai stato, non era mai entrato in quella dimora elegante…Non aveva mai conosciuto il titolare dell’agenzia immobiliare che ne curava la vendita…E men che meno il proprietario che vendeva. Come è mai possibile che adesso il sottoscritto si ritrovava ad acquistare un immobile solo per averlo visionato distrattamente in una sera d’estate su un portale del web?
Ad un certo punto mi presi quasi un coccolone; l’agente immobiliare, un pezzo di marcantonio alto quasi due metri ma rigorosamente in giacca e cravatta, con voce flautata ma decisa e con un gesto improvviso che non avevo previsto, mi invitò ad alzarmi e mi pregò di fare due passi perché dovevo assolutamente capire che la casa che avrei acquistato aveva il pavimento in discesa sia nel salotto che nella camera da letto e che di case così, ormai non se ne costruiscono più… Compravo una rarità e avrei fatto colpo sugli amici e sugli ospiti. Poi tirò fuori dalla giacca un flauto dorato e cominciò a zufolare cinguettando queste parole di grande spessore logico:
Io vendo la casa perché lei la compera.
Lei compera la casa perché io la vendo.
Se lei non compera la casa io non la vendo.
Se io non vendo la casa lei non la compera.
In me traboccò una forte emozione e mi misi quasi a piangere. Questo era troppo: un mediatore di case brillante allievo addirittura di Jacques II° de Chabannes de La Palice! Mi sentii ghermito dall'intensità poetica di quelle rare espressioni e dalla musica del flauto che le accompagnava e allora decisi all’istante di acquistare quella casa anche se non l’avevo mai visitata di persona; ma che mi importava? Il mediatore, del quale mi fidavo poiché indossava la giacca blu e la cravatta a righe (anche qui mostrando la sua inclinazione lapalissiana), mi garantiva che facevo un affare; pensate, acquistavo una casa con i pavimenti in discesa (una sciccheria!) e suddivisa in 15 stanze, quattro bagni, di cui due soppalcati (altra sciccheria!), due ripostigli e una cucina, il tutto per un totale di 130 mq commerciali; sfido qualsiasi architetto, ingegnere o geometra a sostenere che si sia sperperato, nell'edificarla, anche un solo centimetro quadrato!
Il notaio, uscito dalla penombra nella quale aveva vissuto fino ad allora, mi richiamò alla dura realtà, scansò con un gesto gentile ma fermo il mediatore, mi fece di nuovo sedere sulla scomodissima poltrona, accese una abat jour e mi piantò la luce della sua lampada in viso: Come paga?
Nelle tasche ho le ragnatele, risposi sconsolato.
Il notaio attivò l’interruttore dell’abat jour e spense la luce; io mi ritrovai improvvisamente in un buio più nero della pece mentre intorno le voci di persone che non vedevo ricominciavano ad innalzare il volume loro indistinto chiacchiericcio…
Improvvisamente, il volto grasso e flaccido di un uomo che si era staccato dal coro del cicaleccio di fondo mi si parò innanzi in tutta la sua carnale rotondità e mi domando a bruciapelo facendo brillare i due occhi bovini: 500.000 euro di mutuo trentennale ad un tasso fisso del 4% le vanno bene?
A quelle parole, per la gioia, spiccai un volo e mi andai ad adagiare sul tetto dello studio notarile; quelle parole mi avevano gasato e volavo leggero, fluorescente ed iridescente come una bolla di sapone…
Sentivo da lontano ed in basso le parole gridate dall’uomo grasso, flaccido e con gli occhi bovini: non esploda mi raccomando, non buchi la bolla di sapone, al presente non lo faccia!
Cinque minuti dopo tornai di sotto ribalzando dolcemente di scala in scala, afferrai la penna stilografica, sbalzata in argento, del notaio e apposi le firme necessarie per accendere il mutuo trentennale, per stipulare il rogito e per riconoscere la provvigione al mediatore. Ricordo che, in quel preciso momento, sparirono tutti, rimasi solo soletto nella penombra tiepida dello studio notarile, la testa ricominciò a girare come un mulinello, ebbi la sensazione che la coscienza fosse appesantita da un chilo di piombo, il chiacchiericcio di fondo cessò e un coro lontano e nascosto intonò una lirica dolce, carezzevole ed armoniosa.
Ti è andata bene :
hai comprato casa nel fatidico 2007
con il mutuo trentennale raddoppieranno le spese nette
pagherai la bella dimora oltre un milione
ma a trecentomila rivenderai la tua abitazione.
Ti è andata bene,
Oh, uomo bennato e dabbene.
Un attimo dopo mi risvegliai nel mio letto, madido di sudore, con la bocca amara e la lingua secca.
Quella maledetta frittata con i peperoni di ieri sera mi era rimasta sullo stomaco…
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