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Il nuovo paradigma del real estate
La normativa sulla certificazione energetica degli edifici costituisce per il mercato immobiliare e per il panorama edilizio italiano una vera e propria rivoluzione culturale. Per la prima volta, infatti, viene introdotta nella valutazione degli immobili una variabile diversa da tutte quelle che eravamo abituati a considerare nell’estimo tradizionale, zona, vetustà, orientamento, stato di conservazione, qualità dell’edificio, taglio interno ecc.
La casa viene considerata in questa prospettiva come una macchina che consuma energia e produce servizi, che nel loro insieme costituiscono la qualità dell’abitare, funzione fondamentale della qualità della vita. Ma l’energia oggi è preziosa, per due motivi. Il primo è che la disponibilità dei mezzi per produrla non appare protraibile indefinitamente, dato che il petrolio, principe dei carburanti, è teoricamente una risorsa limitata (anche se si continuano a sfruttare nuovi giacimenti), il nucleare non è al momento disponibile in Italia (pur con una ripresa di interesse bipartisan sulla materia), e qualsiasi altro mezzo di produzione come il carbone è comunque una risorsa traibile dall’ambiente naturale in quantità finita. Il secondo motivo che rende l’energia preziosa è che la sua produzione genera comunque delle scorie, dall’anidride carbonica e le polveri sotili immesse nell’atmosfera per i carburanti tradizionali fino alle scorie nucleari. A loro volta le scorie generano un problema ambientale, ad esempio il Co2 provoca il surriscaldamento dell’atmosfera attraverso l’effetto serra, che a sua volta incrementa il consumo energetico per il raffrescamento degli ambienti abitativi, che si tradurrà anch’esso in ulteriori emissioni di Co2 in atmosfera, in un circolo vizioso pernicioso per l’ambiente. Per non parlare del rischio black out, spia della paura di un collasso generale del sistema di produzione e distribuzione dell’energia che assilla la nostra civiltà. Il tema della produzione energetica e dell’inquinamento conseguente si interseca in modo significativo con il tema dell’abitare e del costruire, in considerazione del fatto che il grosso dell’inquinamento atmosferico è imputabile proprio agli impianti di riscaldamento, mentre il fabbisogno elettrico per il raffrescamento è responsabile della psicosi da black out. La casa viene dunque messa sul banco degli imputati: consuma troppa energia, o meglio la spreca e la disperde, e inquina per produrre l’energia che consuma in modo indiscriminato.
Di qui la necessità di intervenire su due fronti: rendere la casa una macchina energetica efficiente, che ottimizzi il consumo e riduca lo spreco di energia, e renderla autosufficiente nella produzione della stessa energia che consuma. Ma questa è materia squisitamente tecnica, mentre il nostro tema è quello dell’impatto della certificazione energetica sul mercato immobiliare. Per inquadrare l’argomento vorrei fare un salto indietro nel tempo, a circa una quindicina d’anni fa, quando un gruppo di operatori immobiliari milanesi lanciò la proposta di contrassegnare le unità immobiliari attraverso una classificazione a stelle, come quella degli hotel. La proposta suscitò scalpore, in quanto mai si era avuta l’idea di spendere verso il grande pubblico e la platea degli acquirenti una definizione in qualche modo oggettivabile, attraverso una serie di parametri ben definiti, della qualità di un immobile.
Ora la normativa sulla certificazione energetica degli edifici ha subìto una radicalizzazione con lo schema definitivo del decreto legislativo (firmato il 07.03.2011 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) per l'adozione della direttiva comunitaria 28/2009/CE, che impone dal 2012, a livello nazionale, la dichiarazione resa nei rogiti e contratti di locazione dall’acquirente o conduttore di aver ricevuto l’Ace dal proprietario, e “l'indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica (Ace)” negli annunci pubblicitari di vendita immobiliare. Ha quindi trovato forma giuridica definitiva l’introduzione di una classificazione immobiliare che potrebbe venire percepita dall’utente finale come parametro di giudizio esclusivo sull’appetibilità di questo o quell’immobile. E si tratta di una classificazione oggettiva in quanto derivante da parametri tecnici misurabili, quindi difficilmente controvertibili. Questo va senz’altro nella direzione della trasparenza del mercato immobiliare, e della tutela del consumatore che dev’essere messo in grado di conoscere per poter scegliere. D’altro canto il rischio è che la classificazione energetica possa venir considerata come il parametro fondamentale per la valutazione degli immobili, a scapito di altre pur importantissime variabili. Gli americani con una delle loro battute dicono che ci sono 3 parametri per la valutazione di una casa: location, location, location. Questa verità, nota a tutti gli addetti ai lavori ma anche radicata nell’opinione pubblica, ha da sempre identificato nell’ubicazione zonale dell’immobile la sua qualità fondamentale e primaria, dato che nessuna casa è un'isola, ma vive e trae senso dal contesto a rete in cui è inserita. Quindi importanza data all’urbanizzazione della zona, alla sua intrinseca bellezza paesistica o architettonica, ai collegamenti viari e servizi pubblici, ai negozi e ai centri di aggregazione, scuole, piazze, parchi. Ora se la location è il parametro fondamentale per la stima di un immobile, è chiaro che all’interno della stessa location verranno valorizzati quegli edifici che hanno una classificazione energetica alta, A o B. E fin qui tutto bene. Ma il rischio è che la classificazione energetica scardini il principio fondamentale della location, generando fenomeni di disaffezione generalizzata per il patrimonio immobiliare consolidato, composto da edifici generalmente collocati in classi energetiche basse.
Perché è un rischio? Semplicemente perché anche il mercato immobiliare può essere visto come una macchina, che lavora attraverso un volano, il volano del cambio-casa. Questo fondamentale ingranaggio si alimenta attraverso l'immissione sul mercato del prodotto usato, dalla cui vendita si liberano energie finanziarie per l’acquisto del prodotto nuovo. Lo sappiamo tutti: se si blocca il segmento dell’usato si ferma anche il nuovo o ristrutturato, dato che almeno l’80% delle famiglie italiane sono proprietarie di immobili, e per comprare il tetto nuovo devono prima aver venduto il tetto vecchio. E questo vale anche per il settore degli immobili di prestigio, che hanno raggiunto prezzi così alti da postulare, per l’acquisto, la ridefinizione del portafoglio immobiliare dell’acquirente, con conseguente disinvestimento e reinvestimento nel prodotto di maggior qualità.
Il mercato non può quindi permettersi il grippaggio del volano del cambio-casa, che avrebbe effetti deleteri sull’intero settore. D’altro canto il consumatore è oggi sempre più informato e sensibile alla tematica ecologica e alla variabile “consumi”, e si orienterà in modo del tutto naturale verso gli immobili con miglior classificazione energetica. Quali le possibili soluzioni?
Diciamo subito che non crediamo nella “rottamazione delle case”, se non per aree degradate da sottoporre a radicale riqualificazione urbanistica. Non siamo negli Stati Uniti dove i building vengono considerati come delle mere operazioni economiche, che – una volta esaurito il piano di ammortamento trentennale - vengono ritrasformate in cubatura attraverso un processo di demolizione e ricostruzione. La stessa parcellizzazione della proprietà in corso in Italia fin dal boom edilizio degli Anni Sessanta rende impossibile quest’approccio.
LE CASE NON SI ROTTAMANO, LE CASE SI RIQUALIFICANO
La “riqualificazione energetica” è un processo di miglioramento della qualità energetica che, nella realtà delle dinamiche di mercato, determina riflessi più ampi sulla qualità globale percepita della costruzione. La redazione dell’Ace, vera e propria diagnosi energetica, diviene un momento fondamentale nell’ambito della ridefinizione della prestazione dell’edificio, richiamando l’attenzione del tecnico sull’analisi puntuale dello stato energetico reale dell’immobile, e consentendo di realizzare gli interventi di miglioramento beneficiando degli incentivi fiscali introdotti dalle recenti disposizioni della legislazione. Il sistema fiscale agevolato, delineato dalla Legge Finanziaria 2007 e poi confermato negli anni a seguire, rappresenta un atto di indubbia rilevanza nell’ambito delle scelte in tema di energia. Infatti le detrazioni fiscali, introdotte in ordine agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, costituiscono un efficace catalizzatore in grado di agevolare i processi di miglioramento della prestazione energetica del parco edilizio esistente.
Il progetto di ammodernamento del profilo dei consumi del patrimonio immobiliare italiano muove risorse ingenti, tuttavia è sufficiente un rapido sguardo ai numeri in gioco per comprendere le ragioni che hanno richiamato l’attenzione del legislatore e lo hanno spinto al varo di misure impegnative, ma certamente non ignorabili da operatori e committenti. Infatti, il fabbisogno energetico medio, che ammonta circa a 150-180 kWh/m2a, potrebbe essere notevolmente abbattuto anche attraverso interventi non particolarmente complessi e, soprattutto, non richiedenti investimenti scoraggianti. Per esempio, la semplice sostituzione degli infissi può portare ad un contenimento dei consumi energetici dell’ordine del 10% e l’applicazione di un sistema a “cappotto” permette di conseguire risparmi intorno al 10-12%, migliorando la classe energetica e rivalutando l’immobile molto di più dei costi sostenuti per questi semplici interventi, 90 Euro/mq per cappotto e serramenti (fonte Ance).
Gli immobili nelle classi più alte, A e B, hanno infatti un vantaggio in termini di prezzo che può arrivare al 10 per cento e oltre, e comunque, a parità di location, li porta sui valori più alti nelle forbici di prezzo minimo/massimo rilevate dagli osservatori immobiliari. L’extra-costo di costruzione per miglioramenti energetici del 30% è di160 Euro/mq (fonte Ance), mentre può arrivare ad un massimo di 300 Euro/mq stimati da Casaclima per un immobile in classe A, che scendono a 175 Euro per la B e100 Euro per la classe C. Come si vede, il gioco vale quasi sempre la candela.
Per evitare l’instaurazione di un doppio mercato, che potrebbe penalizzare eccessivamente il patrimonio immobiliare consolidato a favore delle nuove costruzioni, il legislatore ha previsto sgravi fiscali per i proprietari che intendono adeguare i loro immobili ai parametri del più rigoroso risparmio energetico. È una soluzione per non svalutare il patrimonio immobiliare consolidato e non bloccare il volano del cambio-casa residenziale, oggi più che mai fondato sulla permuta dell’usato. E attenzione, per patrimonio immobiliare consolidato si deve intendere l’insieme di tutti gli immobili costruiti sino ad oggi, dato che gli edifici in classi energetiche alte sono oggi solo la punta dell’iceberg, e rischiano di essere considerati obsoleti cantieri non ancora chiusi! Oggi in Italia si stimano, su elaborazione incrociata di dati Enea, Istat e Cresme, circa 30 milioni di unità abitative, delle quali solo la punta dell’iceberg, dal 2 al 5% a seconda delle rilevazioni, si trova nelle classi energetiche migliori, A B e C. Oltre il 55%, 16.639.801, sono state costruite prima del 1971, quindi prima di ogni legislazione in materia di contenimento dei consumi energetici degli edifici (Legge373/1976), e ben 25.107.535, pari al 85% del patrimonio edilizio esistente, prima dell’entrata in vigore della Legge 10/1991, quindi senza alcun tipo di documentazione o criterio volto al contenimento dei consumi energetici.
SIAMO DI FRONTE AD UNA SVOLTA EPOCALE
Per unificare il ciclo economico immobiliare sotto il segno del risparmio energetico, evitando l'instaurazione di un doppio mercato che avrebbe come diretta conseguenza la creazione di “ghetti edilizi” con l’ampliamento della forbice dei prezzi tra nuovo e usato, e bloccherebbe il mercato della permuta, è necessario uno sforzo culturale da parte di tutti i player di settore, tecnici, costruttori, agenti immobiliari, amministratori di codomini e patrimoni. Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo paradigma immobiliare, che si salda al tema trasversale dell’ambiente e dell’energia. Come abbiamo detto, per la prima volta la casa viene concepita come una macchina energetica inserita funzionalmente nel contesto ambientale. Noi tutti, operatori del mercato immobiliare, abbiamo il compito di interpretare questo nuovo paradigma per fornire un servizio alla clientela ricco di forti valenze sociali. Se non lo faremo, se non decideremo, se ci lasceremo trascinare dalla corrente, e non saremo capaci di governare il cambiamento, ancora una volta, come sempre accade, sarà il mercato a decidere al posto nostro, travolgendoci.
Giuliano Olivati
Presidente Fiaip Bergamo
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La normativa sulla certificazione energetica degli edifici costituisce per il mercato immobiliare e per il panorama edilizio italiano una vera e propria rivoluzione culturale. Per la prima volta, infatti, viene introdotta nella valutazione degli immobili una variabile diversa da tutte quelle che eravamo abituati a considerare nell’estimo tradizionale, zona, vetustà, orientamento, stato di conservazione, qualità dell’edificio, taglio interno ecc.
La casa viene considerata in questa prospettiva come una macchina che consuma energia e produce servizi, che nel loro insieme costituiscono la qualità dell’abitare, funzione fondamentale della qualità della vita. Ma l’energia oggi è preziosa, per due motivi. Il primo è che la disponibilità dei mezzi per produrla non appare protraibile indefinitamente, dato che il petrolio, principe dei carburanti, è teoricamente una risorsa limitata (anche se si continuano a sfruttare nuovi giacimenti), il nucleare non è al momento disponibile in Italia (pur con una ripresa di interesse bipartisan sulla materia), e qualsiasi altro mezzo di produzione come il carbone è comunque una risorsa traibile dall’ambiente naturale in quantità finita. Il secondo motivo che rende l’energia preziosa è che la sua produzione genera comunque delle scorie, dall’anidride carbonica e le polveri sotili immesse nell’atmosfera per i carburanti tradizionali fino alle scorie nucleari. A loro volta le scorie generano un problema ambientale, ad esempio il Co2 provoca il surriscaldamento dell’atmosfera attraverso l’effetto serra, che a sua volta incrementa il consumo energetico per il raffrescamento degli ambienti abitativi, che si tradurrà anch’esso in ulteriori emissioni di Co2 in atmosfera, in un circolo vizioso pernicioso per l’ambiente. Per non parlare del rischio black out, spia della paura di un collasso generale del sistema di produzione e distribuzione dell’energia che assilla la nostra civiltà. Il tema della produzione energetica e dell’inquinamento conseguente si interseca in modo significativo con il tema dell’abitare e del costruire, in considerazione del fatto che il grosso dell’inquinamento atmosferico è imputabile proprio agli impianti di riscaldamento, mentre il fabbisogno elettrico per il raffrescamento è responsabile della psicosi da black out. La casa viene dunque messa sul banco degli imputati: consuma troppa energia, o meglio la spreca e la disperde, e inquina per produrre l’energia che consuma in modo indiscriminato.
Di qui la necessità di intervenire su due fronti: rendere la casa una macchina energetica efficiente, che ottimizzi il consumo e riduca lo spreco di energia, e renderla autosufficiente nella produzione della stessa energia che consuma. Ma questa è materia squisitamente tecnica, mentre il nostro tema è quello dell’impatto della certificazione energetica sul mercato immobiliare. Per inquadrare l’argomento vorrei fare un salto indietro nel tempo, a circa una quindicina d’anni fa, quando un gruppo di operatori immobiliari milanesi lanciò la proposta di contrassegnare le unità immobiliari attraverso una classificazione a stelle, come quella degli hotel. La proposta suscitò scalpore, in quanto mai si era avuta l’idea di spendere verso il grande pubblico e la platea degli acquirenti una definizione in qualche modo oggettivabile, attraverso una serie di parametri ben definiti, della qualità di un immobile.
Ora la normativa sulla certificazione energetica degli edifici ha subìto una radicalizzazione con lo schema definitivo del decreto legislativo (firmato il 07.03.2011 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) per l'adozione della direttiva comunitaria 28/2009/CE, che impone dal 2012, a livello nazionale, la dichiarazione resa nei rogiti e contratti di locazione dall’acquirente o conduttore di aver ricevuto l’Ace dal proprietario, e “l'indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica (Ace)” negli annunci pubblicitari di vendita immobiliare. Ha quindi trovato forma giuridica definitiva l’introduzione di una classificazione immobiliare che potrebbe venire percepita dall’utente finale come parametro di giudizio esclusivo sull’appetibilità di questo o quell’immobile. E si tratta di una classificazione oggettiva in quanto derivante da parametri tecnici misurabili, quindi difficilmente controvertibili. Questo va senz’altro nella direzione della trasparenza del mercato immobiliare, e della tutela del consumatore che dev’essere messo in grado di conoscere per poter scegliere. D’altro canto il rischio è che la classificazione energetica possa venir considerata come il parametro fondamentale per la valutazione degli immobili, a scapito di altre pur importantissime variabili. Gli americani con una delle loro battute dicono che ci sono 3 parametri per la valutazione di una casa: location, location, location. Questa verità, nota a tutti gli addetti ai lavori ma anche radicata nell’opinione pubblica, ha da sempre identificato nell’ubicazione zonale dell’immobile la sua qualità fondamentale e primaria, dato che nessuna casa è un'isola, ma vive e trae senso dal contesto a rete in cui è inserita. Quindi importanza data all’urbanizzazione della zona, alla sua intrinseca bellezza paesistica o architettonica, ai collegamenti viari e servizi pubblici, ai negozi e ai centri di aggregazione, scuole, piazze, parchi. Ora se la location è il parametro fondamentale per la stima di un immobile, è chiaro che all’interno della stessa location verranno valorizzati quegli edifici che hanno una classificazione energetica alta, A o B. E fin qui tutto bene. Ma il rischio è che la classificazione energetica scardini il principio fondamentale della location, generando fenomeni di disaffezione generalizzata per il patrimonio immobiliare consolidato, composto da edifici generalmente collocati in classi energetiche basse.
Perché è un rischio? Semplicemente perché anche il mercato immobiliare può essere visto come una macchina, che lavora attraverso un volano, il volano del cambio-casa. Questo fondamentale ingranaggio si alimenta attraverso l'immissione sul mercato del prodotto usato, dalla cui vendita si liberano energie finanziarie per l’acquisto del prodotto nuovo. Lo sappiamo tutti: se si blocca il segmento dell’usato si ferma anche il nuovo o ristrutturato, dato che almeno l’80% delle famiglie italiane sono proprietarie di immobili, e per comprare il tetto nuovo devono prima aver venduto il tetto vecchio. E questo vale anche per il settore degli immobili di prestigio, che hanno raggiunto prezzi così alti da postulare, per l’acquisto, la ridefinizione del portafoglio immobiliare dell’acquirente, con conseguente disinvestimento e reinvestimento nel prodotto di maggior qualità.
Il mercato non può quindi permettersi il grippaggio del volano del cambio-casa, che avrebbe effetti deleteri sull’intero settore. D’altro canto il consumatore è oggi sempre più informato e sensibile alla tematica ecologica e alla variabile “consumi”, e si orienterà in modo del tutto naturale verso gli immobili con miglior classificazione energetica. Quali le possibili soluzioni?
Diciamo subito che non crediamo nella “rottamazione delle case”, se non per aree degradate da sottoporre a radicale riqualificazione urbanistica. Non siamo negli Stati Uniti dove i building vengono considerati come delle mere operazioni economiche, che – una volta esaurito il piano di ammortamento trentennale - vengono ritrasformate in cubatura attraverso un processo di demolizione e ricostruzione. La stessa parcellizzazione della proprietà in corso in Italia fin dal boom edilizio degli Anni Sessanta rende impossibile quest’approccio.
LE CASE NON SI ROTTAMANO, LE CASE SI RIQUALIFICANO
La “riqualificazione energetica” è un processo di miglioramento della qualità energetica che, nella realtà delle dinamiche di mercato, determina riflessi più ampi sulla qualità globale percepita della costruzione. La redazione dell’Ace, vera e propria diagnosi energetica, diviene un momento fondamentale nell’ambito della ridefinizione della prestazione dell’edificio, richiamando l’attenzione del tecnico sull’analisi puntuale dello stato energetico reale dell’immobile, e consentendo di realizzare gli interventi di miglioramento beneficiando degli incentivi fiscali introdotti dalle recenti disposizioni della legislazione. Il sistema fiscale agevolato, delineato dalla Legge Finanziaria 2007 e poi confermato negli anni a seguire, rappresenta un atto di indubbia rilevanza nell’ambito delle scelte in tema di energia. Infatti le detrazioni fiscali, introdotte in ordine agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, costituiscono un efficace catalizzatore in grado di agevolare i processi di miglioramento della prestazione energetica del parco edilizio esistente.
Il progetto di ammodernamento del profilo dei consumi del patrimonio immobiliare italiano muove risorse ingenti, tuttavia è sufficiente un rapido sguardo ai numeri in gioco per comprendere le ragioni che hanno richiamato l’attenzione del legislatore e lo hanno spinto al varo di misure impegnative, ma certamente non ignorabili da operatori e committenti. Infatti, il fabbisogno energetico medio, che ammonta circa a 150-180 kWh/m2a, potrebbe essere notevolmente abbattuto anche attraverso interventi non particolarmente complessi e, soprattutto, non richiedenti investimenti scoraggianti. Per esempio, la semplice sostituzione degli infissi può portare ad un contenimento dei consumi energetici dell’ordine del 10% e l’applicazione di un sistema a “cappotto” permette di conseguire risparmi intorno al 10-12%, migliorando la classe energetica e rivalutando l’immobile molto di più dei costi sostenuti per questi semplici interventi, 90 Euro/mq per cappotto e serramenti (fonte Ance).
Gli immobili nelle classi più alte, A e B, hanno infatti un vantaggio in termini di prezzo che può arrivare al 10 per cento e oltre, e comunque, a parità di location, li porta sui valori più alti nelle forbici di prezzo minimo/massimo rilevate dagli osservatori immobiliari. L’extra-costo di costruzione per miglioramenti energetici del 30% è di160 Euro/mq (fonte Ance), mentre può arrivare ad un massimo di 300 Euro/mq stimati da Casaclima per un immobile in classe A, che scendono a 175 Euro per la B e100 Euro per la classe C. Come si vede, il gioco vale quasi sempre la candela.
Per evitare l’instaurazione di un doppio mercato, che potrebbe penalizzare eccessivamente il patrimonio immobiliare consolidato a favore delle nuove costruzioni, il legislatore ha previsto sgravi fiscali per i proprietari che intendono adeguare i loro immobili ai parametri del più rigoroso risparmio energetico. È una soluzione per non svalutare il patrimonio immobiliare consolidato e non bloccare il volano del cambio-casa residenziale, oggi più che mai fondato sulla permuta dell’usato. E attenzione, per patrimonio immobiliare consolidato si deve intendere l’insieme di tutti gli immobili costruiti sino ad oggi, dato che gli edifici in classi energetiche alte sono oggi solo la punta dell’iceberg, e rischiano di essere considerati obsoleti cantieri non ancora chiusi! Oggi in Italia si stimano, su elaborazione incrociata di dati Enea, Istat e Cresme, circa 30 milioni di unità abitative, delle quali solo la punta dell’iceberg, dal 2 al 5% a seconda delle rilevazioni, si trova nelle classi energetiche migliori, A B e C. Oltre il 55%, 16.639.801, sono state costruite prima del 1971, quindi prima di ogni legislazione in materia di contenimento dei consumi energetici degli edifici (Legge373/1976), e ben 25.107.535, pari al 85% del patrimonio edilizio esistente, prima dell’entrata in vigore della Legge 10/1991, quindi senza alcun tipo di documentazione o criterio volto al contenimento dei consumi energetici.
SIAMO DI FRONTE AD UNA SVOLTA EPOCALE
Per unificare il ciclo economico immobiliare sotto il segno del risparmio energetico, evitando l'instaurazione di un doppio mercato che avrebbe come diretta conseguenza la creazione di “ghetti edilizi” con l’ampliamento della forbice dei prezzi tra nuovo e usato, e bloccherebbe il mercato della permuta, è necessario uno sforzo culturale da parte di tutti i player di settore, tecnici, costruttori, agenti immobiliari, amministratori di codomini e patrimoni. Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo paradigma immobiliare, che si salda al tema trasversale dell’ambiente e dell’energia. Come abbiamo detto, per la prima volta la casa viene concepita come una macchina energetica inserita funzionalmente nel contesto ambientale. Noi tutti, operatori del mercato immobiliare, abbiamo il compito di interpretare questo nuovo paradigma per fornire un servizio alla clientela ricco di forti valenze sociali. Se non lo faremo, se non decideremo, se ci lasceremo trascinare dalla corrente, e non saremo capaci di governare il cambiamento, ancora una volta, come sempre accade, sarà il mercato a decidere al posto nostro, travolgendoci.
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