.... una piccola insegna e all'interno provvederà alla somministrazione di alimenti e bevande riservata ai soci. Il contratto sarà di anni 6+6. Ripeto, è possibile ed è regolare una tale attività in una abitazione? Il futuro inquilino vuole da me la certezza che tale contratto si presti ad essere impugnato dal proprietario alla prima occasione.
Credo nell'ultima frase sia scappato un refuso: l'inquilino vorrà la certezza che il contratto NON si presti ad essere impugnato. Altrimenti le cose non tornano.
Non mi convincono poi completamente le argomentazioni provenienti da caserta: se l'attività svolta nell'unità immobiliare fosse di tipo commerciale, avrei anch'io delle riserve. Ma un circolo privato, in questo caso un'associazione culturale, se aperto solo ai soci, non è assimilabile nè ad ufficio, ne a negozio, quindi non vedo gli estremi per una domanda di variazione della destinazione d'uso.
Circa poi la formula del contratto, dove sta scritto che un immobile di tipo residenziale non può essere locato per usi non abitativi? Nelle cittadine è direi scontato che le sedi di Associazioni tipo Club Alpino Italiano, ANA, Associazioni ciclistiche sportive o di tifoserie calcistiche, se non dispongono di sedi proprie o di locali messi a disposizione della pubblica amministrazione, prendono in locazione degli alloggi. Non mi è mai capitato che questi contratti siano contestati dalla AdE.
Le incertezze, non di tipo normativo, ma proprio di convenienza per il proprietario, le avrei invece sui risvolti che sorgono a seconda del contratto sottoscritto, in particolare sui diritti di prelazione, buonuscita, ecc. , e se considerabile aperto al pubblico o no, in caso di non rinnovo alla seconda scadenza. Perchè un contratto di locazione non abitativa è soggetta ancora alla legge detta dell'equo canone, dove questi punti sono inderogabili da parte del locatore.