Stiamo mischiando 2 problemi:
quello posto da adriano non è qual'è la maggioranza per cambiare le tabelle millesimali, ma qual'è la maggioranza per modificare un criterio di riparto spese art. 1123 1°, 2° e 3° comma e se un anno l'unanimità decide per un riparto in parti uguali quindi in deroga ai principi del 1123, l'anno successivo quale maggioranza ci vuole per tornare al riparto in base ai millesimi? Risposta corretta di Carlor, basta che anche solo uno dica torniamo ai millesimi (salvo prossimi stravolgimenti della cassazione)
Cass. Civ. , Sez. II, sentenza del 14 gennaio 2009, n. 747
In materia di condominio degli edifici ed in ordine alla ripartizione delle spese comuni, le attribuzioni dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135 c.c., n. 2, sono circoscritte alla verificazione ed applicazione in concreto dei criteri fissati dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe, venendo direttamente ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino, attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca, per cui la deliberazione assembleare che modifichi detti criteri e' inefficace nei confronti del condomino dissenziente per nullità radicale deducibile senza limitazioni di tempo e non meramente annullabile con impugnazione da proporsi nel termine di cui all'art. 1137 c.c..
Secondo la S.C. tale orientamento, invocato dai ricorrenti in via principale, trova applicazione solo nel caso l'assemblea consapevolmente modifichi i criteri di ripartizione delle spese stabiliti dalla legge; sempre secondo questa S.C., invece, le deliberazioni relative alla ripartizione delle spese sono semplicemente annullabili nel caso in cui i suddetti criteri siano violati o disattesi.
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l'altra questione che forse c'è nella domanda iniziale, è con quale maggiornanza cambio la tabella millesimale visto che "
i proprietari del piano terreno hanno due resede ciascuno di proprietà esclusiva e in uno di questi una piccola costruzione adibita a lavanderia" ?
La Cassazione ha sbloccato il nodo delle tabelle millesimali. Erano considerate impossibili da cambiare, perché occorreva l'unanimità e, dato che il cambiamento avrebbe finito con il danneggiare qualcuno, era chiaro che nulla poteva mutare. C'era chi si rivolgeva al giudice per segnalare interi piani sopraelevati o sottotetti diventati abitazioni che non pagavano spese millesimali ma la procedura era lunga e costosa.
Adesso le sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 18477 del 9 agosto 2010, hanno ribaltato questa prassi. Perché di consuetudine giurisprudenziale si tratta e non di legge. Il collegio ha chiarito, con una lunga motivazione redatta da Roberto Michele Triola, che «la delibera che approva le tabelle non si pone come fonte diretta dell'obbligo contributivo del condomino (...) ma solo come parametro di quantificazione dell'obbligo, determinato in base a una valutazione tecnica». La delibera che approva le tabelle, quindi, per la Cassazione sancisce «il risultato di una operazione tecnica (...) ragion per cui il semplice riconoscimento che le operazioni sono state compiute in conformità al precetto legislativo non può qualificarsi attività negoziale».
La motivazione smonta decenni di giurisiprudenza della Cassazione stessa. Cancella la teoria per la quale l'approvazione della tabella millesimale costituirebbe un «negozio di accertamento» del diritto di proprietà sulle parti comuni e quella per cui costituisca fonte dell'obbligo dei condomini di concorrere nelle spese, (dato che in realtà tale obbligo deriva direttamente dalla legge); la tabella non incide quindi sul valore dalla proprietà, come ritenuto comunemente, ma semplicemente sugli obblighi contributivi.
Le sezioni unite evidenziano poi come gli eventuali errori della nuova tabella possono essere corretti mediante la speciale azione di revisione prevista dall'articolo 69 delle disposizioni di attuazione del Codice civile.
Viene poi affrontata la questione, sancita dall'articolo 68 delle disposizioni per la attuazione: le tabelle millesimali devono essere allegate al regolamento, che può essere approvato a maggioranza. Risulta quindi arduo, dice in sostanza la Cassazione, comprendere la ragione per la quale il regolamento possa essere approvato a maggioranza, mentre per un suo allegato si richieda la unanimità. La Corte si spinge più in là: neppure le tabelle millesimali allegate a un regolamento contrattuale si sottrarrebbero alle critiche già esposte. Accertata la competenza della assemblea, la semplice circostanza della accettazione contrattuale della tabella risulterebbe irrilevante, poiché se una materia appartiene alla competenza della assemblea, la maggioranza può sempre intervenire, senza che possa costituire ostacolo la unanimità della precedente manifestazione di volontà espressa dai singoli.
La sentenza rappresenta una vera e propria liberazione per quei condomini che per decenni hanno dovuto subire l'ingiustizia di pagare le spese anche per chi aveva ampliato o trasformato la propria unità immobiliare. Ma alcune domande le suscita.
Anzitutto, la normativa sulla redazione delle tabelle millesimali non prevede soltanto espressioni matematiche ma anche valutazioni, sia pure frutto di esperienza e di professionalità. Inoltre, oggi la normativa appare alquanto lacunosa, tanto da essere integrata riferendosi alle circolari 12480/1966 e 2945/1993 del ministero dei Lavori pubblici.
Sino ad oggi, infatti, l'azione di revisione è stata ammessa unicamente per i cosiddetti errori tecnici, purché non incidano sui cosiddetti coefficienti valutativi. Per esempio, a Milano il coefficiente di valutazione per i negozi era pari a due negli anni Cinquanta e oggi è pari a circa 1,2. Si tratta quindi di elementi che incidono fortemente sui calcoli ma che non rientrano nei limiti dell'articolo 69 delle disposizioni di attuazione.
Da ultimo, va ricordato che l'amministratore, in assemblea, usa proprio le tabelle millesimali per stabilire le maggioranze. Se vengono cambiate ciò ha un effetto diretto su decisioni che non riguardano le spese ma anche, per esempio, la partecipazione a un contenzioso.
Chiedo scusa, la sentenza è dell'anno scorso. Perdo i giorni