L’Agenzia del Territorio ha pubblicato la seconda nota trimestrale sull’andamento del mercato immobiliare nel 2010. Il dato generale sembrerebbe confermare la ripresa del mercato o comunque l’arresto della sua caduta. Se già nel primo trimestre si era registrato un +4,2% delle compravendite sul primo trimestre del 2009, nel secondo trimestre 2010 si riscontra un +4,5% sul numero delle compravendite rispetto al secondo trimestre del 2009.
Indubbiamente tutto ciò può essere interpretato come il segnale di una ripresa del mercato, tuttavia altri dati suscitano perplessità e consigliano prudenza nelle valutazioni.
Una prima nota di preoccupazione è data da quel che sembra essere l’inarrestabile caduta libera delle transazioni per immobili non residenziali (terziario, commerciale, produttivo). La preoccupazione non è specificamente settoriale, bensì di carattere macroeconomico. L’andamento negativo di questi settori indica il perdurare della crisi economica (crescita della disoccupazione, precarietà del lavoro, riduzione del potere di acquisto delle famiglie) con la possibilità di ulteriori ripercussioni negative, in un prossimo futuro, anche sul mercato immobiliare residenziale.
Una seconda osservazione è dettata dalle differenziazioni territoriali della ripresa del mercato. Rispetto al secondo trimestre del 2009, il centro Italia è a +17%, il Sud è a +7,1%, mentre il Nord al +3,10%. In considerazione del fatto che circa il 50% delle transazioni immobiliari si realizzano al Nord, la distribuzione delle percentuali sembra difforme. Presumibile che tale difformità derivi sia da questioni macroeconomiche, sia da dati strutturali. La crisi economica ha colpito pesantemente il settore industriale che è concentrato prevalentemente nel Nord ed è ipotizzabile che nelle zone d’Italia, dove l’economia si fonda maggiormente su altri settori, vi siano maggiori potenzialità di ripresa del mercato. Il dato strutturale è invece riconducibile all’elevato ritmo di edificazione e di transazioni degli ultimi dieci anni nel nord Italia.
Una terza osservazione deriva dagli andamenti della ripresa. Salvo che al sud (dove i comuni non capoluogo di provincia segnano una ripresa superiore ai capoluoghi di provincia) si osserva una ripresa notevolmente superiore nelle città che nelle province. In tutti i casi, là dove la ripresa nel primo trimestre era stata consistente, nel secondo trimestre è più debole e in alcuni casi torna ad essere negativa, mentre dove nel primo trimestre la ripresa era stata più debole nel secondo trimestre si fa più consistente (solo Roma città fa eccezione). Quest’ultima dinamica è motivo di preoccupazione in quanto potrebbe indicare un “rimbalzo tecnico” del mercato, cioè una ripresina all’interno di una crisi che non ha ancora raggiunto il punto più basso.
In conclusione i segnali sono confusi e contraddittori, e questo è normale, non potrebbe che essere così. Anche nella migliore delle ipotesi sarebbe ingenuo aspettarsi lineari segnali di ripresa o di stabilizzazione. Resta il fatto che i dati non sono del tutto confortanti: fanno nascere dubbi e timori. La cautela nel giudicarli è doverosa e cedere a facili entusiasmi, sul medio periodo potrebbe esporre a pesanti disillusioni