Svolgere l‘attività dell’Agente Immobiliare è piacevole, interessante e soddisfacente anche per le tasche, in tempo di vacche grasse, mentre diventa pesante, dura ed onerosa in tempi di vacche magre. Come gli attuali.
I guadagni si assottigliano e a volte rischiano, pericolosamente, persino di scomparire.
Uno delle contromosse per aggredire i conti piangenti è quello di fare economia comprimendo le spese elastiche, risparmiando su ogni spesa che appare superflua o accessoria. Ma…
L’affitto rimane quello,
i costi vivi ( luce, telefono, abbonamento telematico, tasse sui rifiuti…) rimangono quelli,
la spesa per la pubblicità è naturalmente incomprimibile,
il commercialista si fa pagare profumatamente lo stesso,
l’inps vuole la sua parte di bottino,
le tasse calano se cala il redditometro.
Insomma, le spese appaiono minacciosamente rigide ed incurvabili
mentre la curva delle entrate piega, purtroppo, verso il basso…
Ma, spremendosi le meningi, facendo di necessità virtù, tra le pieghe del bilancio è possibile individuare delle spese di gestione che l’immobiliarista può comprimere o addirittura eliminare, dando respiro ai propri conti??
E quali?
Personalmente ritengo che, in tempi di crisi, le spese non vadano compresse sotto una certa soglia altrimenti si rischia di chiudere l'attività in modo definitivo.
Ci sono teorici e studiosi di marketing e di organizzazione aziendale che consigliano, addirittura, un comportamento anti-ciclico: diminuire i costi quando gli affari vanno bene e gradualmente aumentarli quando i guadagni tendono a flettere. Ma qui, naturalmente, nasce il problema del fieno in cascina.
Vorrei avere, su questo argomento, un parere illuminato da chi opera sul campo e si scontra, ogni giorno, con la dura realtà delle cose.
I guadagni si assottigliano e a volte rischiano, pericolosamente, persino di scomparire.
Uno delle contromosse per aggredire i conti piangenti è quello di fare economia comprimendo le spese elastiche, risparmiando su ogni spesa che appare superflua o accessoria. Ma…
L’affitto rimane quello,
i costi vivi ( luce, telefono, abbonamento telematico, tasse sui rifiuti…) rimangono quelli,
la spesa per la pubblicità è naturalmente incomprimibile,
il commercialista si fa pagare profumatamente lo stesso,
l’inps vuole la sua parte di bottino,
le tasse calano se cala il redditometro.
Insomma, le spese appaiono minacciosamente rigide ed incurvabili
mentre la curva delle entrate piega, purtroppo, verso il basso…
Ma, spremendosi le meningi, facendo di necessità virtù, tra le pieghe del bilancio è possibile individuare delle spese di gestione che l’immobiliarista può comprimere o addirittura eliminare, dando respiro ai propri conti??
E quali?
Personalmente ritengo che, in tempi di crisi, le spese non vadano compresse sotto una certa soglia altrimenti si rischia di chiudere l'attività in modo definitivo.
Ci sono teorici e studiosi di marketing e di organizzazione aziendale che consigliano, addirittura, un comportamento anti-ciclico: diminuire i costi quando gli affari vanno bene e gradualmente aumentarli quando i guadagni tendono a flettere. Ma qui, naturalmente, nasce il problema del fieno in cascina.
Vorrei avere, su questo argomento, un parere illuminato da chi opera sul campo e si scontra, ogni giorno, con la dura realtà delle cose.