Salve, volevo una vostra opinione su quello che mi è capitato.
Nell'estate scorsa ho visto presso la bacheca di un'agenzia un'immobile, e mi sono recato con l'agente a visitare l'immobile. Ad aprirci non fu l'agente stesso, ma una "donna delle pulizie" che stava lavorando all'immobile, vuoto.
Mesi dopo, senza peraltro aver rivisto l'immobile, mi decisi ad acquistarlo. Feci quindi una proposta d'acquisto, con relativo assegno, indicando chiaramente che la scadenza della proposta stessa era di 1 settimana. Il periodo che seguì fu complicato: l'agente mi disse dapprima che la proposta era stata accettata "virtualmente", ma non firmata. Mi disse che in realtà il vero proprietario era la figlia di quello che, all'epoca della proposta, mi aveva indicato come proprietario (nominandolo soltanto). Poi mi disse che però la proprietaria era all'estero e che avrebbe firmato appena rientrata. Insomma farla breve passò un mese, e quando alla fine mi stufai di scuse e rinvii, e chiesi la restituzione dell'assegno, l'agente si rifiutò. Dovete capire che a me occorreva casa alla svelta per stare vicino a mio figlio che stava per avere un bambino. Dunque mi recai presso l'agenzia per pretendere l'assegno.
L'agente ancora si rifiutò, e mi chiese di avere la pazienza di "incontrare" il venditore (avrebbe organizzato lui un incontro) per discutere di non meglio specificate questioni relative alla compravendita. Accettai... e qualche giorno dopo ci recammo insieme (io e l'agente) presso quello stesso immobile, dove conoscemmo non il venditore ma il padre del venditore. La cosa sorprendente fu che, all'atto dell'incontro, venne fuori che:
1) il venditore (anzi, il padre del venditore) non conosceva l'agente di persona, ci aveva parlato solo telefonicamente per organizzare l'incontro;
2) il venditore non aveva dato nessun mandato, nemmeno verbale, all'agente (che invece a me aveva detto di avere in mandato scritto in esclusiva);
3) il venditore non aveva la minima intenzione di sottoscrivere la proposta d'acquisto, e nemmeno il compromesso. Ma si diceva disposto ad andare al rogito (cosa che poi avvenne).
4) il venditore non aveva nessuna intenzione di riconoscere una provvigione all'agente, che nelle settimane prima (mentre a me raccontava un sacco di fandonie) si era solo prodigato a prendere contatto con il venditore. Da precisare che il venditore aveva messo in chiaro a voce, fin da subito, la sua indisponibilità a qualsiasi mediazione o procedura preliminare;
Al termine dell'incontro, io ed il venditore rimanemmo d'accordo per proseguire la compravendita privatamente, ma l'agente pretese, in cambio della restituzione del mio assegno per annullamento della proposta, di firmare un pezzo di carta in cui gli riconoscevo comunque una provvigione del 3%. Io firmai, prima di tutto per riavere subito l'assegno, ma pretesi e ottenni che l'agente si desse da fare per la documentazione necessaria. Insomma che almeno mi aiutasse visto che mi sentivo preso in giro. Naturalmente, invece, sparì. E si rifece vivo a rogito fatto pretendendo il suo 3%.
Adesso io dico, è possibile che le cose stiano così? Badate bene che non sono uno di quelli che inventa storie del tipo "conoscevo il compratore ecc.". Io sarei stato BEN FELICE di seguire un iter normale, vedendo accettata la mia proposta, ma mi sento molto preso in giro. Perchè l'agente non mi ha detto la verità? Il mio avvocato sostiene che ci sia stato un "millantato credito", e io non è che non voglio pagare, ma vorrei pagara IL GIUSTO: ho perso 2 mesi in una trattatica farlocca, resa farlocca da un agente che mi ha fatto seguire un percorso NON per farmi comprare casa, ma per essere sicuro di poter pretendere dei soldi.
Precisazione: ho scoperto che l'agente e la sua socia (sono un'agenzia di sole 2 persone) non sono iscritti come mediatori alla camera di commercio.
Dite che ci sono gli estremi per chiedere ad un giudice di stabilire un compenso più equo, che tenga conto del cattivo (per me meschino) comportamento dell'agente?
Nell'estate scorsa ho visto presso la bacheca di un'agenzia un'immobile, e mi sono recato con l'agente a visitare l'immobile. Ad aprirci non fu l'agente stesso, ma una "donna delle pulizie" che stava lavorando all'immobile, vuoto.
Mesi dopo, senza peraltro aver rivisto l'immobile, mi decisi ad acquistarlo. Feci quindi una proposta d'acquisto, con relativo assegno, indicando chiaramente che la scadenza della proposta stessa era di 1 settimana. Il periodo che seguì fu complicato: l'agente mi disse dapprima che la proposta era stata accettata "virtualmente", ma non firmata. Mi disse che in realtà il vero proprietario era la figlia di quello che, all'epoca della proposta, mi aveva indicato come proprietario (nominandolo soltanto). Poi mi disse che però la proprietaria era all'estero e che avrebbe firmato appena rientrata. Insomma farla breve passò un mese, e quando alla fine mi stufai di scuse e rinvii, e chiesi la restituzione dell'assegno, l'agente si rifiutò. Dovete capire che a me occorreva casa alla svelta per stare vicino a mio figlio che stava per avere un bambino. Dunque mi recai presso l'agenzia per pretendere l'assegno.
L'agente ancora si rifiutò, e mi chiese di avere la pazienza di "incontrare" il venditore (avrebbe organizzato lui un incontro) per discutere di non meglio specificate questioni relative alla compravendita. Accettai... e qualche giorno dopo ci recammo insieme (io e l'agente) presso quello stesso immobile, dove conoscemmo non il venditore ma il padre del venditore. La cosa sorprendente fu che, all'atto dell'incontro, venne fuori che:
1) il venditore (anzi, il padre del venditore) non conosceva l'agente di persona, ci aveva parlato solo telefonicamente per organizzare l'incontro;
2) il venditore non aveva dato nessun mandato, nemmeno verbale, all'agente (che invece a me aveva detto di avere in mandato scritto in esclusiva);
3) il venditore non aveva la minima intenzione di sottoscrivere la proposta d'acquisto, e nemmeno il compromesso. Ma si diceva disposto ad andare al rogito (cosa che poi avvenne).
4) il venditore non aveva nessuna intenzione di riconoscere una provvigione all'agente, che nelle settimane prima (mentre a me raccontava un sacco di fandonie) si era solo prodigato a prendere contatto con il venditore. Da precisare che il venditore aveva messo in chiaro a voce, fin da subito, la sua indisponibilità a qualsiasi mediazione o procedura preliminare;
Al termine dell'incontro, io ed il venditore rimanemmo d'accordo per proseguire la compravendita privatamente, ma l'agente pretese, in cambio della restituzione del mio assegno per annullamento della proposta, di firmare un pezzo di carta in cui gli riconoscevo comunque una provvigione del 3%. Io firmai, prima di tutto per riavere subito l'assegno, ma pretesi e ottenni che l'agente si desse da fare per la documentazione necessaria. Insomma che almeno mi aiutasse visto che mi sentivo preso in giro. Naturalmente, invece, sparì. E si rifece vivo a rogito fatto pretendendo il suo 3%.
Adesso io dico, è possibile che le cose stiano così? Badate bene che non sono uno di quelli che inventa storie del tipo "conoscevo il compratore ecc.". Io sarei stato BEN FELICE di seguire un iter normale, vedendo accettata la mia proposta, ma mi sento molto preso in giro. Perchè l'agente non mi ha detto la verità? Il mio avvocato sostiene che ci sia stato un "millantato credito", e io non è che non voglio pagare, ma vorrei pagara IL GIUSTO: ho perso 2 mesi in una trattatica farlocca, resa farlocca da un agente che mi ha fatto seguire un percorso NON per farmi comprare casa, ma per essere sicuro di poter pretendere dei soldi.
Precisazione: ho scoperto che l'agente e la sua socia (sono un'agenzia di sole 2 persone) non sono iscritti come mediatori alla camera di commercio.
Dite che ci sono gli estremi per chiedere ad un giudice di stabilire un compenso più equo, che tenga conto del cattivo (per me meschino) comportamento dell'agente?