L'obbligo del certificato nasce nel 1934 per motivi sanitari, quando ancora si edificava senza licenza di costruzione. Negli anni successivi i parametri urbanistici, per averlo, sono mutati nel tempo e giustamente sempre più stringenti fino al 01/01/2003 anno in cui si chiama agibilità e diviene essenziale ai fini della transazione immobiliare. Fino al 31/12/2002 tale obbligo era depotenziato sia dall'assenza di sanzioni che dall'essenzialità ai fini delle compravendite e fruibilità del bene. Pertanto era un obbligo più formale che sostanziale (fermo restando il requisito sostanziale).
Il certificato dai costruttori e anche dalla pubblica amministrazione (vedi case popolari) è stato quasi sempre considerato ridondante, in quanto la procedura amministrativa per costruire prevedeva un piano regolatore, progetto, un titolo urbanistico (licenza, nullaosta, permesso ecc...) ed un fine lavori attestante l'esatta esecuzione dei lavori approvati dagli uffici di urbanistica e la richiesta del conseguente certificato. Pertanto sia dagli uffici che dai costruttori è stato considerato un puro atto formale in quanto l'aspetto sostanziale era già appurato dall'esatta esecuzione del progetto approvato e realizzato.
Sarebbe stato giusto essere più severi sugli immobili che hanno usufruito dei vari condoni, ma anche lì non è stato fatto nulla.
Fare oggi il certificato di agibilità ad immobili edificati 50-60 anni fa potrebbe risultare molto difficile se non impossibile visto le nuove normative che sono entrate in gioco. Tra l'altro un certificato degli anni 60 attesta l'abitabilità ad una normativa ormai superata e non attuale...allora che cosa mi certifica...ciò non è più a norma?
Tanto è vero che da che mi ricordi (ed è qualche anno che faccio questo mestiere) non è mai stato un documento ostativo alla compravendita o alla fruibilità del bene.
Di certo corre l'obbligo di informare l'acquirente del assenza di tale documentazione ed è preferibile menzionare in proposta.