Erano parziali ed interessate.
Mi sembra palese che, ad esempio su Roma, la presenza di più di 10.000 immobili indisponibili in quanto casa vacanza abbia un impatto sull'uso residenziale.
lo avevo premesso.
Ecco uno strano (per me) articolo di oggi: come il toro preso per le palle. Che fa il paio con quanto affermavo circa gli atteggiamenti e la situazione sociale odierna. Preso dal sito del Corriere di oggi
Il crollo dei matrimoni a Milano? Ecco perché sposarsi non conviene più (almeno ai proprietari di casa)
diGino Pagliuca
Le nozze e le unioni civili rischiano di comportare più spese per IMU e Tari, e rendono più difficile accedere alle agevolazioni sui mutui per i giovani. Per chi ha già figli cambia la disponibilità del patrimonio post mortem
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I dati clamorosi sul crollo dei matrimoni a Milano, di cui il Corriere ha ampiamente scritto, hanno suscitato un ampio dibattito. Una delle cause che spiegano i numeri secondo molti è
la difficoltà a trovare un alloggio da comprare o da affittare in città. Certamente è così anche se si può osservare che la difficoltà, a Milano più che altrove, sussiste indipendentemente dalla forma con cui si decide di convivere. Però per quanto possa sembrare paradossale in alcuni casi
è invece il possesso di case che potrebbe rendere sconsigliabile il matrimonio da un punto di vista puramente finanziario. Un discorso cinico, se si vuole, ma purtroppo
gli affetti sono un conto, i soldi un altro.
Un primo caso in cui
il matrimonio o un’unione civile comportano più spese è quando entrambi i partner posseggono già una casa e intendono disporre per le loro necessità di entrambe (senza quindi affittarne o venderne una). Stessa situazione
se uno dei partner possiede la casa ma la coppia va a vivere in un’abitazione in affitto. Se, come normalmente avviene, i partner pongono la residenza nello stesso alloggio in cui coabitano, sull’altra si paga l’IMU seconda casa, e già questo può essere
un costo di diverse centinaia se non di migliaia di euro all’anno. Per avere un’idea, l’abitazione media in classe A2 a Milano paga come IMU seconda casa 2.628 euro; una casa media A3 paga 1.221 euro.
La Corte costituzionale, con la «storica» sentenza 209 del 13 ottobre 2022, ha stabilito
il diritto alla doppia esenzione per ciascuna abitazione principale di persone sposate o parti di un’unione civile, nel «rispetto dei requisiti della dimora abituale e della residenza anagrafica del possessore dell’immobile e non anche del suo nucleo familiare», anche se gli immobili si trovano nello stesso Comune. Nella guida all’IMU sul sito del Comune di Milano c’è un richiamo esplicito alla sentenza.
Per evitare l’imposta bisogna quindi mantenere separate le due residenze. I Comuni però hanno il diritto di effettuare verifiche sul fatto che si tratti di dimora abituale.
In buona sostanza, ci deve essere almeno la prova che si pagano utenze di importo compatibile con l’uso frequente della casa.
Di minore entità l’esborso Tari. Se i partner sono domiciliati (la Tari, lo ricordiamo è pagata da chi occupa l’immobile e non dal proprietario) in due abitazioni diverse
pagheranno due tariffe riferite a un solo occupante, se il domicilio è il medesimo, sulla casa in cui vivono pagano la tariffa su due abitanti, nell’altra comunque si paga per un occupante e il conto complessivo è leggermente più alto.
Un’altra ipotesi in cui non conviene convivere ufficialmente è
quando uno dei due partner ha diritto a chiedere le agevolazioni sui mutui giovani ed è lui solo a comprare casa. In questa ipotesi il limite di 40mila euro di Isee viene calcolato solo sul reddito di chi chiede il mutuo,
se i due convivono i redditi ai fini Isee si sommano.
Il matrimonio invece non cambia quasi nulla sulla possibilità del singolo di acquisire immobili: se è stata scelta la separazione dei beni la casa acquistata da uno dei due dopo il matrimonio o l’unione civile è di proprietà di chi l’ha pagata.
Qualche problema in più quando c’è comunione dei beni: se compra una solo deve dimostrare che disponeva di fondi di sua proprietà, ad esempio perché ereditati.
Ma i problemi maggiori comportati da un matrimonio è
quando uno o entrambi i partner hanno già figli, una situazione sempre più frequente.
Essere sposati o no cambia molto la disponibilità del patrimonio immobiliare e finanziario. Due esempi? Se Silvio Berlusconi non avesse divorziato la maggioranza dei suoi beni non sarebbe potuta andare, senza un accordo tra tutti gli eredi, ai due figli di primo letto perché le quote legittime della seconda moglie e degli altri tre figli sommate avrebbero superato il 50%. Un esempio speculare è quello di Bernardo Caprotti. Se non si fosse risposato il fondatore di Esselunga non avrebbe potuto lasciare alla seconda moglie e alla figlia avuta con lei la storica insegna senza l’accordo degli altri due figli.
Certo, si tratta di esempi che per l’importo dei beni in gioco sono lontanissimi dall’esperienza comune, ma fatte le debite proporzioni
anche se si posseggono un paio di bilocali scegliere se risposarsi o meno cambia radicalmente le prospettive successorie dei figli limitando anche la possibilità di fare donazioni in vita.
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Infine, visto che parliamo di argomenti poco allegri, segnaliamo che
in caso di decesso di uno dei due partner matrimonio e unioni civili garantiscono molto più della semplice convivenza il superstite, che infatti ottiene, indipendentemente dal fatto che avesse o meno una quota di proprietà sulla casa in cui coabitava,
il diritto di restarci vita natural durante. In caso di convivenza di fatto, invece, il diritto di abitazione dura due anni se la coppia conviveva da meno di due anni, se invece risaliva a oltre due anni il diritto di abitazione ha durata uguale a quella della convivenza. Ma con un massimo di cinque anni.