Il 3 comma dell'art.
2495 c.c. stabilisce che:
"
Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società".
Ciò significa che il socio e il liquidatore nel caso di colpa di quest'ultimo, possono essere chiamati a rispondere. Tuttavia, è evidente che se il socio non ha ricevuto niente al momento dello scioglimento, non dovrà risponderne.
E' ciò che di recente ha stabilito la Cassazione, interpretando la norma.
Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 24/11/2023, n. 32729
L'avvenuta cancellazione della società, a causa della cessazione della medesima in corso di causa, costituisce motivo fondato per il rigetto della domanda attorea tesa alla richiesta di un risarcimento danni per vizi della cosa installata, nell'ambito di un contratto di appalto, se il socio unico della cessata società non ha ricevuto alcuna distribuzione dell'attivo, non potendo quindi, quale socio di società di capitali, rispondere oltre il capitale conferito.
Possiamo, quindi, concludere che se si vuole ottenere qualcosa, bisogna fare causa o alla società o al socio o al liquidatore, ma bisogna dimostrare in questi ultimi due casi che il socio abbia ricevuto qualcosa al momento dello scioglimento della società e il liquidatore abbia agito con colpa, magari chiudendo la società pur sapendo che c'erano contestazioni di vizi.
Avv. Stefano Duchemino