Eccomi, giorni intensi.... ho provato a rispondere per ben tre volte... speriamo che alla quarta vada bene....
Sgombriamo il campo da un equivoco: le donazioni indirette sono assoggettate alla stessa disciplina sostanziale delle donazioni dirette. Quindi anche le donazioni indirette, ricorrendone i presupposti (in primis la lesione della legittima), possono essere impugnate dai legittimari con azione di riduzione.
Il punto discusso (di cui si parla nei link che avete richiamato nei precedenti interventi) è l'oggetto della donazione (e quindi della successiva ed eventuale azione di riduzione): il papà sta donando il denaro necessario al pagamento del prezzo (donazione diretta del denaro), oppure l'immobile (donazione indiretta)?
Nel primo caso, oggetto della azione di riduzione sarà esclusivamente la somma di denaro: gli acquirenti del bene (ed i loro aventi causa) possono quindi dormire sonni tranquilli.
Nel secondo caso, oggetto della azione di riduzione sarà proprio l'immobile, con conseguente (evidente) pericolo per gli acquirenti.
La giurisprudenza, sin dalla sentenza n. 9282 del 5 agosto 1992 (a Sezioni Unite) ha chiarito che, tutte le volte in cui oggetto della donazione indiretta è l'immobile oggetto della azione di riduzione sarà appunto l'immobile (di cui il legittimario potrà quindi ottenere la restituzione).
Si tratta di un orientamento giurisprudenziale assolutamente pacifico.
Il problema, quindi, non è se le donazioni indirette siano o non siano assoggettate ad azione di riduzione, bensì capire quando la donazione ha ad oggetto la somma di denaro e quando, invece, l'immobile.
Le sentenze che si sono succedute hanno proposto vari criteri ma, allo stato, la posizione della giurisprudenza è molto fluida.
Prova ne sia la citata sentenza della Cassazione del 2010, che giunge a ritenere salvi i diritti del terzo acquirente dell'immobile richiamando, però, tutte le precedenti decisioni e, in particolare, proprio le SS.UU. del 1992.
In pratica, identici presupposti ma diverse conclusioni.
Il blog del Notaio esamina solo la conclusione del ragionamento della Suprema Corte ma non esamina la motivazione e, quindi, non coglie l'incertezza esistente sul punto.