Salvo, a livello locale, espresso divieto contrario, possono certamente le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale, stabilire pattuizioni individuali che deroghino i valori minimi delle fasce di oscillazione dei canoni di locazione convenzionata. Ciò non dovrebbe comportare strascichi di natura civilistica.
Una pattuizione in cui si concordasse un canone di locazione calmierato al di sotto degli importi minimi fissati dalla convenzione locale sarebbe da considerarsi non compatibile con la medesima e con le direttive della convenzione nazionale? A parere di chi scrive, la risposta è negativa. Il comma 4 dell’art. 13 della legge n°431/1998 prospetta in termini di nullità le sole difformità riguardanti patti volti a ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo stabilito dalla convenzione locale. Un accordo economico più favorevole al conduttore, figura considerata “contraente debole” del rapporto locativo, non altererebbe certo l’economia del contratto tanto da dover concludere che si è fuori dalla previsione del comma 3 dell’art. 2 della legge citata (contratti concordati) e si debba necessariamente rientrare nel comma 1 dello stesso articolo (contratti liberi).
A puro titolo di informazione, posso aggiungere che le associazioni dei proprietari e degli inquilini del comune di Firenze sino ad oggi, nel siglare contratti di tale natura, non hanno mai avuto nulla da eccepire al riguardo. L’esigenza di trasparenza e di controllo impongono, tuttavia, alle parti un comportamento accorto, e, ove il locatore, in simili rapporti, riceva una minore remunerazione rispetto a quella minima fissata dalla convenzione locale, è opportuno tutelarsi inserendo un'apposita clausola contrattuale in cui si conviene che un assetto di interessi comuni ha indotto le parti a convenire un corrispettivo inferiore alla fascia minima definita in sede locale.
Riguardo l’accertamento, ai fini delle imposte dirette, dei redditi da fabbricati derivanti da locazioni stipulate da un soggetto privato persona fisica che non eserciti attività d’impresa (dichiarare un canone di locazione inferiore a quello previsto dalle legge n°311/2004 implica una maggiore possibilità di essere soggetti a controlli e a eventuali sanzioni da parte dell’Amministrazione finanziaria), la questione non dovrebbe porsi in quanto la cosiddetta minimum tax immobiliare (canone minimo da dichiarare) esclude dal suo ambito i contratti di locazione concordati o convenzionati, in base all’art. 2, comma 3, e all’art. 4, commi 2 e 3 della legge n°431/1998, le cui fasce d'oscillazione dei canoni sono già predefinite a livello locale.
Tuttavia, non sono chiarissime le modalità operative in uso da parte dell’Amministrazione finanziaria nel caso in cui la posizione di un contribuente, in merito ai redditi di locazione convenzionata, non risulti allineata con i valori minimi attesi in base agli accordi locali: non è da escludersi che – in presenza di un corrispettivo di modestissima entità, di gran lunga inferiore alla soglia “critica” minima - tale presunta non congruità venga segnalata in Agenzia e l’ufficio fiscale possa accertare un maggior imponibile, salvo invito al contraddittorio: l’onere della prova rimane, comunque, a suo carico, vale a dire che è detto ufficio a dover dimostrare che il contribuente ha incassato un affitto superiore a quello dichiarato.