Riporto un testo interessantissimo di Giuseppe Bordolli che ho incocciato in rete durante le mie ricerche, che mi sembra esaurisca ottimamente l'argomento. Per i posteri ovviamente
Colui che intende realizzare, nel minor tempo possibile, un'operazione immobiliare (vendita o locazione) è libero di affiancare ad un mediatore uno o diversi intermediari.
Infatti, come ha recentemente sottolineato la Cassazione, né il codice civile, né la legge speciale sulla mediazione n.39/1989 prevedono l'incompatibilità di una pluralità di mediatori rispetto al medesimo affare (così Cass. 8 marzo 2002 n.3437).
La regola, piuttosto, è esattamente di segno diverso, cioè nel senso dell'ammissibilità di una pluralità di mediatori, secondo quanto prevede espressamente la norma dell'art.1758 c.c., che consente alla parte di affiancare ad un mediatore altri soggetti con il medesimo incarico.
La fattispecie prevista dall'art.1758 c.c.
E' opportuno rilevare che l'ipotesi prevista dalla norma di cui sopra ricorre non soltanto quando più mediatori abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa alla conclusione dell'affare, ma anche quando abbiano agito successivamente ed in modo autonomo, purché l'uno si sia giovato dell'apporto utile dell'altro, limitandosi, da parte sua, ad integrarlo ai fini del raggiungimento dell'accordo in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i singoli e separati interventi dei vari mediatori e la conclusione dell'affare. La fattispecie in questione, quindi, presuppone che vi sia una pluralità di rapporti intercorrenti tra lo stesso contraente (o gli stessi contraenti) e più mediatori, ciascuno dei quali abbia effettivamente svolto opera di mediazione, contribuendo efficacemente a mettere in rapporto tra loro le parti contraenti; il che non si verifica quando un intermediario si limiti a segnalare l'affare o un possibile cliente ad un altro collega che provveda a procurare l'incontro tra i contraenti o quando, pur essendo stati incaricati diversi mediatori, la conclusione dell'affare non costituisca il frutto di un'azione collettiva ma il risultato di un intervento autonomo di uno di essi da solo sufficiente a far accordare le parti.
Il diritto dei diversi mediatori ad una quota della provvigione.
In base all'art.1758, qualora l'affare sia stato concluso per effetto dell'intervento di più mediatori, secondo le modalità sopra delineate, a ciascuno di essi spetta una quota della provvigione. Pertanto, la parte che si è avvalsa dell'attività dei mediatori può considerarsi liberata dall'obbligo del pagamento della provvigione solo quando abbia corrisposto, a ciascun intermediario, la quota spettantegli: il credito dei vari mediatori, infatti, non è solidale.
Di conseguenza, se la parte corrisponde l'intera provvigione ad uno soltanto dei mediatori, non è liberata verso gli altri e non può agire per la ripetizione dell'indebito pagamento verso colui che l'ha percepita; quest'ultimo, del resto, non è responsabile in solido con la parte che l'ha pagato verso gli altri mediatori. Inoltre, la rinuncia di alcuni mediatori al compenso non autorizza gli altri a pretendere una somma superiore a quella corrispondente alla loro quota. Al contrario, qualora uno dei mediatori risulti non iscritto nell'apposito ruolo della legge n.39/1989 (e, quindi, non possa ottenere alcun compenso), gli altri colleghi potranno percepire la maggior quota che avrebbero potuto pretendere senza la partecipazione del mediatore abusivo. In ogni caso, la parte non è obbligata a pagare una quota della provvigione al mediatore che, pur avendo contribuito alla conclusione dell'affare, abbia agito nell'ombra sulla base di un accordo con l'unico mediatore con il quale il cliente ha trattato: in questa ipotesi il mediatore occulto, per ottenere la sua quota, potrà rivalersi soltanto verso l'altro collega che, per essere stato l'unico ad entrare in relazione con la parte, ha percepito l'intero compenso.
Per quanto riguarda, infine, la misura di ciascun compenso, nel silenzio dell'art.1758, secondo la giurisprudenza, sembra doversi escludere il criterio della parità delle quote, dovendo tale misura essere rapportata all'entità ed all'importanza dell'opera prestata da ciascuno dei mediatori intervenuti.
Colui che intende realizzare, nel minor tempo possibile, un'operazione immobiliare (vendita o locazione) è libero di affiancare ad un mediatore uno o diversi intermediari.
Infatti, come ha recentemente sottolineato la Cassazione, né il codice civile, né la legge speciale sulla mediazione n.39/1989 prevedono l'incompatibilità di una pluralità di mediatori rispetto al medesimo affare (così Cass. 8 marzo 2002 n.3437).
La regola, piuttosto, è esattamente di segno diverso, cioè nel senso dell'ammissibilità di una pluralità di mediatori, secondo quanto prevede espressamente la norma dell'art.1758 c.c., che consente alla parte di affiancare ad un mediatore altri soggetti con il medesimo incarico.
La fattispecie prevista dall'art.1758 c.c.
E' opportuno rilevare che l'ipotesi prevista dalla norma di cui sopra ricorre non soltanto quando più mediatori abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa alla conclusione dell'affare, ma anche quando abbiano agito successivamente ed in modo autonomo, purché l'uno si sia giovato dell'apporto utile dell'altro, limitandosi, da parte sua, ad integrarlo ai fini del raggiungimento dell'accordo in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i singoli e separati interventi dei vari mediatori e la conclusione dell'affare. La fattispecie in questione, quindi, presuppone che vi sia una pluralità di rapporti intercorrenti tra lo stesso contraente (o gli stessi contraenti) e più mediatori, ciascuno dei quali abbia effettivamente svolto opera di mediazione, contribuendo efficacemente a mettere in rapporto tra loro le parti contraenti; il che non si verifica quando un intermediario si limiti a segnalare l'affare o un possibile cliente ad un altro collega che provveda a procurare l'incontro tra i contraenti o quando, pur essendo stati incaricati diversi mediatori, la conclusione dell'affare non costituisca il frutto di un'azione collettiva ma il risultato di un intervento autonomo di uno di essi da solo sufficiente a far accordare le parti.
Il diritto dei diversi mediatori ad una quota della provvigione.
In base all'art.1758, qualora l'affare sia stato concluso per effetto dell'intervento di più mediatori, secondo le modalità sopra delineate, a ciascuno di essi spetta una quota della provvigione. Pertanto, la parte che si è avvalsa dell'attività dei mediatori può considerarsi liberata dall'obbligo del pagamento della provvigione solo quando abbia corrisposto, a ciascun intermediario, la quota spettantegli: il credito dei vari mediatori, infatti, non è solidale.
Di conseguenza, se la parte corrisponde l'intera provvigione ad uno soltanto dei mediatori, non è liberata verso gli altri e non può agire per la ripetizione dell'indebito pagamento verso colui che l'ha percepita; quest'ultimo, del resto, non è responsabile in solido con la parte che l'ha pagato verso gli altri mediatori. Inoltre, la rinuncia di alcuni mediatori al compenso non autorizza gli altri a pretendere una somma superiore a quella corrispondente alla loro quota. Al contrario, qualora uno dei mediatori risulti non iscritto nell'apposito ruolo della legge n.39/1989 (e, quindi, non possa ottenere alcun compenso), gli altri colleghi potranno percepire la maggior quota che avrebbero potuto pretendere senza la partecipazione del mediatore abusivo. In ogni caso, la parte non è obbligata a pagare una quota della provvigione al mediatore che, pur avendo contribuito alla conclusione dell'affare, abbia agito nell'ombra sulla base di un accordo con l'unico mediatore con il quale il cliente ha trattato: in questa ipotesi il mediatore occulto, per ottenere la sua quota, potrà rivalersi soltanto verso l'altro collega che, per essere stato l'unico ad entrare in relazione con la parte, ha percepito l'intero compenso.
Per quanto riguarda, infine, la misura di ciascun compenso, nel silenzio dell'art.1758, secondo la giurisprudenza, sembra doversi escludere il criterio della parità delle quote, dovendo tale misura essere rapportata all'entità ed all'importanza dell'opera prestata da ciascuno dei mediatori intervenuti.