Quando ti capiteranno casi come questi descritti nell'articolo che segue:
La mafia investe negli immobili e nei centri commerciali
L’indagine della Corte riguarda le attività svolte dalle amministrazioni competenti in ordine ai procedimenti afferenti al sequestro alla confisca e all’assegnazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata nel periodo che va dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2009, includendo cenni relativi agli anni 2006/2007.Dall’indagine è emersa la complessità delle procedure che vanno dal sequestro alla confisca per finire alla destinazione e all’assegnazione dei beni confiscati.Il percorso dei beni che giungono all’assegnazione si presenta infatti spesso lungo e tortuoso. Escludendo i beni che rimangono in gestione all’Agenzia del demanio perché di difficile allocazione o perché inoptati – ben il 52,6%, degli altri beni restano inutilizzati e ciò anche a causa della lentezza delle procedure (in media dai 7 ai 10 anni, per giungere alla confisca definitiva e, conseguentemente, all’utilizzo del bene libero da ogni peso gravante sullo stesso).La Corte osserva che: «le attività economiche in cui la criminalità organizzata investe con maggior frequenza si sono rivelate essere quelle edilizie, immobiliari, commerciali e la grande distribuzione.Il settore edilizio si presenta come il più aggredito poiché permette di investire e riciclare somme ingenti con una certa facilità; giacché la quantità di capitale fisiologicamente richiesta dalle imprese edilizie è molto elevata, la risposta che è adottata risiede nell’abbattimento del costo del personale, ricorrendo a caporalato e lavoro nero. L’infiltrazione della criminalità a ogni livello consente, altresì, di alterare le normali dinamiche competitive indirizzando in maniera forzosa le scelte dei committenti. Il campo immobiliare fa da sponda naturale agli investimenti nelle costruzioni, creando una rete che va dalla produzione alla vendita del bene; le organizzazioni criminali hanno sfruttato il periodo di profonda crisi dei mercati finanziari attaccando il settore immobiliare il quale, in questo periodo, ha rafforzato il suo ruolo di rifugio sicuro per gli investimenti. Il commercio permette alle organizzazioni criminali di operare in maniera più rapida e meno evidente: i proventi illeciti riciclabili in quest’ambito compaiono, in molti casi, inferiori rispetto agli stessi rilevati negli altri settori evidenziati; tuttavia, l’apertura di esercizi commerciali avviene spesso a nome di soggetti terzi compiacenti non im mediatamente riconducibili ad esponenti della criminalità. La grande distribuzione consente di investire in noti franchising grandissime quantità di denaro, che diventa difficilmente rintracciabile e riconducibile alle mafie; i proventi illecitamente accumulati non sono utilizzati solamente nel comparto strettamente commerciale della grande distribuzione ma, anche, nella costruzione di centri commerciali e strutture affini. La criminalità organizzata, negli ultimi anni, ha sviluppato tecniche più raffinate relative all’occultamento dei beni, attraverso reti, spesso fittissime, di prestanome. Inoltre la malavita non investe solo nella propria terra di origine e, pur essendo il numero delle aziende confiscate al sud pari circa il quadruplo di quelle confiscate al nord, si rileva una tendenza crescente all’espansione dei propri interessi verso quest’area del paese e, ancor più, oltre confine. Questa “extraterritorialità” della criminalità organizzata fa sì che le confische dei beni diventino sempre più complesse; accade, di sovente che per uno stesso bene, ne siano comproprietarie più persone per cui maggiore è il numero dei cointestatari e maggiore sarà la quantità dei processi da eseguire; più cause dovranno essere svolte e, conseguentemente, il termine per giungere alla confisca si presenterà come una sorta di chimera».Per quanto riguarda i proventi derivanti dalla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, che per legge sono versati per il 10% in entrata al bilancio dello Stato nel capitolo 2440 1, la Corte rileva che l’ammontare complessivo del capitolo per l’anno 2008 è pari ad € 1.278.372,80, mentre per l’anno 2009 scende ad € 773.262,00.Per il capitolo di entrata 3319, l’ammontare complessivo per l’anno 2008 è pari ad € 5.258.950,22, per l’anno 2009 scende ad € 4.582.859,82.L’indagine ha messo in luce la necessità improcrastinabile che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si doti di un archivio informatico nazionale, dove raccogliere i dati dei beni storico-artistici dei quali si perdono le tracce tra i vari musei, sovrintendenze e gallerie d'arte.
Ricordati che non devi solo mediare e campare la famiglia, ma devi anche effettuare indagini su chi ti da da mangiare.
E' la nuova figura del mediatore.