cinzia gennaro

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Vorrei sapere se si puo' vendere una casa donata dai miei genitori ancora in vita.premetto che ho un fratello a cui è stato dato un terreno del valore approssimativamente di 15 milioni all'epoca.grazie
 

allberto

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Agente Immobiliare
si, la donazione a mio avviso potrebbe essere impugnata da fratello, soprattutto perché da quanto si evince le differenze tra quello che hanno dato a te (casa) e quelle che hanno dato a lui (piccolo terreno) sono palesemente diverse.
 

aatercasa

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Agente Immobiliare
scusate il problema si puo risolvere visto che il donanti sono in vita se sono d'accordo alla vendita firmano anche loro dal notaio io in una situazione simile è stoto fatto cosi...............................
 

allberto

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
a livello teorico si potrebbe fare una rinuncia da parte del fratello ma a mio avviso, e qui si dovrebbe far intervenire un avvocato, la stessa rinuncia potrebbe essere annullata successivamente perché non paritaria rispetto a ciò che è stato dato.

in ogni caso, un bravo e onesto legale vi potrebbe aiutare con ciò.
 

Manzoni Maurizio

Membro Assiduo
Agente Immobiliare
ciao, la soluzione ottimale è fare un atto di mutuo consenso o dissenso che riporta il tutto a prima della donazione (retrodonazione) e poi i genitori vendono tranquillamente.
 

noelferra

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Agente Immobiliare
Se intervengono i genitori nella vendita confermando la vendita, non ci sono problemi nemmeno per le banche, anche senza retrocedere la donazione.
Cordialmente
Noel
 

gcaval

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Professionista
La legge riserva al coniuge, ai figli legittimi e naturali e agli ascendenti legittimi (c.d. legittimari) una parte determinata del patrimonio del defunto (c.d. quota di legittima). L’individuazione della quota di legittima costituisce l’operazione fondamentale attraverso la quale la norma civilistica (art. 556 c.c.) tutela la posizione del legittimario. Ciò avviene non solo con riguardo all’asse ereditario, ovvero all’insieme dei beni e dei diritti di cui il de cuius è titolare al momento dell’apertura della successione (c.d. relictum), bensì anche al c.d. donatum, ovvero al valore complessivo dei beni e dei diritti di cui il de cuius abbia disposto in vita a titolo di donazione. Sommando relictum a donatum si ottiene il valore della “massa fittizia”, cioè l’importo sul quale si calcolano la quota disponibile e la quota di legittima; quest’ultima rappresenta la quota del patrimonio ereditario necessariamente riservata ai legittimari. Al fine di assicurare che la quota di legittima sia effettivamente acquisita dai legittimari, il codice civile (artt. 553-564 c.c.) prevede delle azioni, tra loro connesse e consequenziali (azione di riduzione e restituzione), dirette alla reintegrazione della quota riservata ai legittimari, se intaccata da disposizioni testamentarie o da donazioni lesive effettuate in vita dal de cuius (sia di beni mobili, sia di immobili). Vediamo in sintesi le due azioni:
· azione di riduzione: azione personale che rende inefficaci le donazioni (o le disposizioni testamentarie) compiute dal de cuius in pregiudizio delle ragioni del legittimario;
· azione di restituzione: se e solo se il legittimario, vittorioso nell’azione di riduzione, non trova capienza nel patrimonio di chi per donazione (o testamento) ha ricevuto beni per valore superiore alla quota disponibile, egli può rivolgersi all’attuale proprietario dei beni donati e pretenderne la restituzione.
Le donazioni effettuate in vita dal defunto si possono ridurre solo se il legittimario escluso o leso non trova di che soddisfare il suo diritto su quanto il de cuius ha lasciato alla sua morte.
Qualora si agisca in riduzione, innanzitutto si riducono le disposizioni testamentarie che eccedono la quota di cui il defunto poteva disporre, successivamente si riducono le donazioni partendo dall’ultima che ha provocato la lesione e via via risalendo a quelle precedenti. L’azione di riduzione può essere esercitata solo dopo la morte del de cuius; il futuro legittimario non può rinunciare a tale diritto finché vive il donante, né con dichiarazione espressa, né prestando il proprio assenso alla donazione (art. 557 c.c.).
L’azione di riduzione è soggetta alla prescrizione ordi- naria decennale. Secondo giurisprudenza costante, se la lesione del legittimario deriva da donazione il termine di prescrizione decorre dalla data di apertura della successione (da ultimo, Cass. 20644/2004).
Solo da questo momento, infatti, può essere fatto valere, ai sensi dell’art. 2935 c.c., il diritto del legittimario a vedersi riconosciuta la propria quota di legittima. L’azione di riduzione può estinguersi, oltre che per prescrizione, anche per rinuncia del legittimario. L’avente diritto alla quota di legittima, infatti, una volta intervenuta la morte del donante, può rinunciare ad intraprendere l’eventuale azione di riduzione.

Con la l. 80/2005 (in vigore dal 15 maggio 2005) sono state introdotte alcune novità di portata rilevante riguardanti proprio la tutela degli acquirenti di beni di provenienza donativa.
Di seguito si evidenziano le principali modifiche previ- ste dalle nuove disposizioni:
1)l’azione di restituzione (azione reale conseguente all’azione di riduzione) può essere esperita dal legittimario leso o escluso solo se non sono decorsi 20 anni dalla donazione. Qualora i 20 anni siano invece trascorsi, non vi è alcun rimedio per il legittimario vittorioso nell’azione di riduzione, se il patrimonio del donatario è incapiente per soddisfare i crediti del legittimario stesso;
2) se l’azione di riduzione è domandata dopo 20 anni dalla trascrizione della donazione (e il bene viene recuperato), le ipoteche e i pesi (ad es. l’usufrutto) restano efficaci, fermo però restando “l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni” (art. 561 c.c.), e sempre che la domanda di riduzione sia stata proposta entro 10 anni dall’apertura della successione. Se, invece, l’azione di riduzione viene esperita entro 20 anni dalla donazione e risulta vittoriosa, il bene recuperato dal legittimario rimane libero da pesi e ipoteche (c.d. effetto purgativo dell’azione di riduzione1);
3) affinché il termine di 20 anni dalla donazione non pregiudichi i diritti degli stretti congiunti del donante e la sua decorrenza sia quindi sospesa, è consentita al coniuge e ai parenti in linea retta (art. 563 c.c., come modificato dalla l. 80/2005) la c.d. opposizione stragiudiziale alla donazione: essi possono infatti notificare al donatario e ai suoi aventi causa e trascrivere nei pubblici registri un atto stragiudiziale (cioè non proposto avanti al giudice) di opposizione alla donazione. In tale modo è sospeso il termine ventennale previsto per la donazione; l’opposizione perde effetto se non viene rinnovata prima che siano trascorsi 20 anni.

Va sottolineato che l’eventuale rinuncia al diritto di opposizione, che permette il decorso del termine di 20 anni, non significa mai rinuncia all’azione di riduzione. Resta infatti fermo il divieto secondo cui i legittimari non possono rinunciare all’azione di riduzione finché vive il donante (art. 557 c.c.).
 

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