Ritardato rilascio del permesso di costruire
L'Ance riferisce che con la sentenza 9 ottobre 2013, n. 4968 il Consiglio di Stato ha condannato un comune ai sensi dell'art. 2043 del Codice civile, a risarcire il danno subito da un privato a causa del notevole ritardo con cui era stata rilasciata la concessione edilizia (ora permesso di costruire) richiesta (vedi anche "Ritardo nel rilascio del permesso di costruire: il Tar Veneto quantifica il risarcimento del danno" del 2 luglio 2013).
In particolare - spiega l'Ance - la vicenda riguarda una concessione edilizia richiesta nel 1989 e rilasciata nel 1996 dopo ben sette anni, durante i quali è stato accertato che il comune aveva tenuto comportamenti illegittimi in violazione degli obblighi di motivazione, pubblicità e di trasparenza dettati dalla Legge 241/1990 e prima ancora riconosciuti dalla giurisprudenza in attuazione dell'art. 97 della Costituzione (elemento oggettivo dell'illecito di cui all'art. 2043 Codice civile).
Secondo i giudici, il procedimento si è svolto nell'ambito di un contesto di fatto caratterizzato da negligenza ed imperizia degli uffici comunali che ha comportato gravi violazioni delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, dal quale emerge la colpa del comune (elemento soggettivo o psicologico dell'illecito ex art. 2043 Codice civile).
Ai fini della configurazione della responsabilità dell'ente locale - spiega l'Ance - è stata poi ritenuta irrilevante la circostanza, evidenziata dal comune, della mancata impugnazione del silenzio inadempimento (all'epoca non c'era il silenzio assenso come previsto oggi dall'art. 20 del Dpr 380/2001) formatosi per decorso dei termini di rilascio della concessione edilizia.
In relazione alla quantificazione del danno, infine, il Consiglio di Stato ha riconosciuto, in quanto supportate da adeguati mezzi di prova, le seguenti somme:
- oneri di urbanizzazione corrisposti al comune ma non dovuti per la qualità di imprenditore agricolo a titolo principale del richiedente;
- aumento dei costi sostenuti per la costruzione del manufatto, essendo essi mutati nei sette anni intercorsi tra la richiesta della concessione ed il rilascio della stessa;
- mancato utile conseguito per effetto dell'attività d'impresa che sarebbe stata esercitata in detto periodo.
L'Ance riferisce che con la sentenza 9 ottobre 2013, n. 4968 il Consiglio di Stato ha condannato un comune ai sensi dell'art. 2043 del Codice civile, a risarcire il danno subito da un privato a causa del notevole ritardo con cui era stata rilasciata la concessione edilizia (ora permesso di costruire) richiesta (vedi anche "Ritardo nel rilascio del permesso di costruire: il Tar Veneto quantifica il risarcimento del danno" del 2 luglio 2013).
In particolare - spiega l'Ance - la vicenda riguarda una concessione edilizia richiesta nel 1989 e rilasciata nel 1996 dopo ben sette anni, durante i quali è stato accertato che il comune aveva tenuto comportamenti illegittimi in violazione degli obblighi di motivazione, pubblicità e di trasparenza dettati dalla Legge 241/1990 e prima ancora riconosciuti dalla giurisprudenza in attuazione dell'art. 97 della Costituzione (elemento oggettivo dell'illecito di cui all'art. 2043 Codice civile).
Secondo i giudici, il procedimento si è svolto nell'ambito di un contesto di fatto caratterizzato da negligenza ed imperizia degli uffici comunali che ha comportato gravi violazioni delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, dal quale emerge la colpa del comune (elemento soggettivo o psicologico dell'illecito ex art. 2043 Codice civile).
Ai fini della configurazione della responsabilità dell'ente locale - spiega l'Ance - è stata poi ritenuta irrilevante la circostanza, evidenziata dal comune, della mancata impugnazione del silenzio inadempimento (all'epoca non c'era il silenzio assenso come previsto oggi dall'art. 20 del Dpr 380/2001) formatosi per decorso dei termini di rilascio della concessione edilizia.
In relazione alla quantificazione del danno, infine, il Consiglio di Stato ha riconosciuto, in quanto supportate da adeguati mezzi di prova, le seguenti somme:
- oneri di urbanizzazione corrisposti al comune ma non dovuti per la qualità di imprenditore agricolo a titolo principale del richiedente;
- aumento dei costi sostenuti per la costruzione del manufatto, essendo essi mutati nei sette anni intercorsi tra la richiesta della concessione ed il rilascio della stessa;
- mancato utile conseguito per effetto dell'attività d'impresa che sarebbe stata esercitata in detto periodo.