Pennylove

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Se condividessi le osservazioni di chi mi ha preceduto, dovrei concludere che per tutti i contratti di locazione la disciplina del deposito cauzionale (istituzionalizzato dall’art. 11 della legge n°392/1978, non espressamente abrogato dalla legge n°431/1998) - che prevede che il deposito (oltre a essere produttivo di interessi legali) non possa superare le tre mensilità del canone - mantiene il tratto della imperatività e della inderogabilità. Rispetto a tale conclusione, la scrivente avverte, tuttavia, il disagio di constatare – in un settore nel quale troppo spesso il frammentario e affastellato intervento del legislatore fa facilmente perdere di vista il quadro dell’intero sistema locativo immobiliare – che ciò non pare applicabile a tutte le tipologie contrattuali.

Insomma, questa benedetta disposizione, dettata per il deposito cauzionale, è derogabile anche a favore del locatore oppure no? In altre parole, è nulla una clausola che preveda un deposito cauzionale superiore a tre mensilità di canone? Per decidere se sia derogabile o meno, occorre considerare il nuovo quadro normativo (e il relativo nuovo regime delle nullità) introdotto dalla legge di riforma del 1998.

L’art. 14 ha abrogato una serie di vecchie norme della legge del c.d. equo canone, tra cui l’art. 79 – limitatamente alle locazioni abitative - rivoluzionando completamente la base giuridica della nullità (l’art. 11 si applica sia alle locazioni abitative che a quelle diverse dall’abitativo, ma è l’art. 79 che fa la differenza, in quanto regola ciò che è imperativo e ciò che è inderogabile). L’art. 79 sanzionava con la nullità ogni patto diretto ad attribuire al locatore un qualunque vantaggio (di qualsiasi tipo) in contrasto con le disposizioni dell’intera legge dell’equo canone.

L’art. 13 della legge più recente – su cui ora poggia l’intero ambito abitativo – pur nella sua complessa e poco felice formulazione, ha una portata decisamente più limitata:

a) innanzitutto non si applica ai contratti di locazione degli immobili storico-artistici e alle locazioni turistiche (disciplinate dal solo codice civile), nonché agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e alle locazioni stipulate dagli enti locali in qualità di conduttori per esigenze transitorie;

b) colpisce di nullità assoluta (tutela accordata sia ai contratti liberi che a quelli concordati) ogni eventuale accordo (vessatorio per il conduttore) che deroghi ai limiti di durata o di patti (con finalità evasiva) volti a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello convenuto.

c) il comma 4, nell’ultima parte, richiede – affinché operi la nullità – la finalità di attribuire “un canone superiore a quello contrattualmente stabilito” e (cosa ancor più importante della precedente previsione) il contrasto con disposizioni della legge n°431/1998 e, quindi, non della legge dell’equo canone, cui appartiene l’art. 11 (deposito cauzionale).

d) il comma 4, nella prima parte – che (attenzione!) opera solo per i contratti concordati – sanziona solo ed unicamente i patti diretti ad attribuire un canone superiore a quello massimo di fascia e non quello “contrattualmente stabilito”.

Da tale lunga e noiosa (ma necessaria) disamina, deriva la naturale conclusione, operata dalla dottrina, che siano diventate derogabili tutta una serie di disposizioni (tra le quali anche il deposito cauzionale) e, quindi, lecite alcune pattuizioni prima vietate dal regime di nullità del rigido art. 79.

Prendiamo un contratto abitativo 4+4 in cui si pattuisca un deposito cauzionale pari a sei mensilità e vediamo se supera il test dell’art. 13.

Primo comma: “E’ nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”.

Quarto comma (seconda parte): “Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell'articolo 2, sono nulli, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito”.

Il deposto cauzionale di sei mensilità non determina, di per sé, un canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato o superiore a quello contrattualmente stabilito (canone e deposito cauzionale viaggiano su due binari diversi ovverossia presentano carattere di autonomia: infatti tra loro opera l’istituto della compensazione, ove ne ricorrano i presupposti) ovvero un utile finanziario (esentasse) riconducibile ad un incremento surrettizio del canone ma, semmai, solo una tutela maggiore in capo al locatore, al pari delle fideiussioni o dei contratti autonomi di garanzia esorbitanti il limite delle tre mensilità (in tale ottica, anche una deroga pattizia all’art. 8 della legge dell’equo canone, che onerasse il conduttore a farsi carico interamente dell’imposta di registro, si dovrebbe configurare come una pretesa maggiorazione del canone: nessuno mai sarebbe portato a qualificare come un aumento surrettizio del canone l’imposta di registro posta a carico dell’inquilino).

Quarto comma (prima parte): “Per i contratti di cui al comma 3 dell'articolo 2 [contratti concordati] è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale”: non si applica, in quanto trattasi di contratto comma 1, articolo 2.

Quarto comma (seconda parte): “Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell'articolo 2, sono nulli, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito”. La pattuizione, non si pone in contrasto, secondo quanto prima rilevato, con “le disposizioni della presente legge”, ma di una norma (art. 11) di una legge diversa (n°392/1978): qui, l’enunciato, sul piano testuale, è incontrovertibile!

Tutto ciò considerato, la dottrina esclude che tale pattuizione possa essere sanzionata da nullità.

Con riferimento alle locazioni convenzionate in ambito territoriale, anche il modello legale approvato (allegato A del DM 30 dicembre 2002), adottato dalle varie concertazioni locali, presenta un tratto di parziale derogabilità, in quanto non indica espressamente il numero massimo delle mensilità cui ragguagliare la garanzia (neppure nelle note finali di compilazione) e, per quanto attiene al profilo degli interessi, l’altra (per alcuni intoccabile) regola sulla loro produttività perde anch’essa, sia pure a certe condizioni, il connotato di imperatività).

Di contro – ed è considerazione finale - per le locazioni transitorie e per studenti universitari – considerata la breve durata di tali contratti - il decreto ministeriale citato ha stabilito (inderogabilmente) il limite massimo di tre mensilità per il deposito cauzionale (rispettivamente, note 7 e 6), mentre per le locazioni di immobili ad uso diverso, presidiate dall’art. 79, la disciplina dell’art. 11 della legge dell’equo canone continua ad essere imperativa e insuscettibile di deroga.

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Avv Luigi Polidoro

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Pennylove, dopo aver letto il tuo intervento sono corso a fare una ricerca specifica ed è assolutamente corretto quanto scrivi.
La derogabilità della disciplina relativa il deposito cauzionale (nelle locazioni abitative) è stata riconosciuta anche espressamente dalla giurisprudenza.
Nutro però qualche dubbio in merito all'importo previsto nel caso di specie, davvero elevato (12 mensilità) e, comunque, tornando alla domanda posta da LINANUZO, se di deposito cauzionale si tratta, esso non può costituire garanzia per il pagamento del canone.
 

Pennylove

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Lo stesso ragionamento si applicherebbe anche ai contratti ad uso non abitativo?


Per i contratti ad uso diverso dall’abitazione, il ragionamento è più lineare: una pattuizione che prevedesse un deposito di ammontare superiore a tre mensilità incorrerebbe nella sanzione di nullità prevista dal sistema di protezione a favore del conduttore previsto dall’art. 79 della legge n°392 del 1978. Qui non si rinvengono incertezze: la giurisprudenza del Supremo Collegio ha univocamente affermato che per tali locazioni, se pure l’ammontare del canone è rimesso alla libera determinazione delle parti, il legislatore ha limitato l’autonomia contrattuale in relazione all’aggiornamento del canone e all’entità del deposito cauzionale (l’art. 41 dispone, infatti, che per i contratti a destinazione non abitativa si applicano le disposizioni degli articoli da 7 a 11), sicché la pretesa di somme ulteriori rispetto a quella pattuita, incorre nella sanzione di nullità prevista dall’art. 79 (Patti contrari alla legge). Conseguentemente la richiesta di somme superiori a 3 mesi di deposito è illegittima e il conduttore, se l’accetta, può poi chiedere la restituzione dell’importo del deposito superiore a 3 mensilità.

Pennylove, dopo aver letto il tuo intervento sono corso a fare una ricerca specifica ed è assolutamente corretto quanto scrivi. La derogabilità della disciplina relativa il deposito cauzionale (nelle locazioni abitative) è stata riconosciuta anche espressamente dalla giurisprudenza. Nutro però qualche dubbio in merito all'importo previsto nel caso di specie, davvero elevato (12 mensilità) e, comunque, tornando alla domanda posta da LINANUZO, se di deposito cauzionale si tratta, esso non può costituire garanzia per il pagamento del canone.


Il deposito cauzionale non può essere imputato in conto canoni. Esso, secondo giurisprudenza prevalente, ha infatti funzioni preventiva di garanzia, costituendo pegno irregolare. Si veda in questo senso il Tribunale di Salerno (11/10/2012, n°2121) secondo cui: “La funzione del deposito cauzionale previsto dall’art. 11 della legge 27 luglio 1978, n°392 è di garantire il locatore per l’adempimento di tutti gli obblighi, legali e convenzionali, gravanti sul conduttore, e, quindi, non soltanto del pagamento del canone, ma anche quello di risarcimento dei danni per l’omesso ripristino dei locali. L’obbligazione del locatore di restituire sorge al termine della locazione, non appena sia avvenuto il rilascio dell’immobile locato, di talché, ove l’accipiente invece lo trattenga, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte dello stesso a copertura di specifici danni subiti o di importi rimasti impagati, il conduttore può esigerne la restituzione(Cass. n°9442/2010; Cass. n°14655/2002; Cass. n°4725/ 1989)” e la Suprema Corte (n°6941/1992) secondo la quale: “il deposito cauzionale ha la funzione di garantire il locatore dell’adempimento di tutti gli obblighi che incombono al conduttore e, quindi, non soltanto per gli eventuali danni recati alla cosa locata, ma anche per l’integrale pagamento della pigione ed è legalmente commisurato all’ammontare del canone. Ma, al di là di tale relazione, non può essere assimilato al canone, costituendo invece un pegno irregolare e, cioè, una soma di denaro che passa in proprietà del locatore e sulla quale il conduttore vanta un diritto di credito solo al momento in cui, essendo venuta meno la funzione di garanzia, può chiederne la restituzione”.

In realtà, la nozione di una garanzia a carico del conduttore prende le mosse da lontano, laddove, con una norma desueta, dal sapore un po’ retrò (riflesso di una realtà economico-sociale profondamente diversa dall’attuale), il nostro codice civile ancora prevede che “nelle locazioni di case non mobiliate l’inquilino può essere licenziato se non fornisce la casa di mobili sufficienti o non presta altre garanzie idonee ad assicurare il pagamento della pigione”. Così recita l’art. 1608 (Garanzia per il pagamento della pigione), da leggersi in connessione con il disposto del 2764 (Crediti del locatore di immobili) che delinea meglio l’ambito della garanzia, precisando che possono sorgere a favore dl locatore ulteriori crediti per mancate riparazioni a carico del conduttore, per i danni arrecati all’immobile locato e, più in generale, “ogni altro credito dipendente da inadempimento del contratto” (pigione compresa).

In tale contesto, si deve, però, evidenziare che, in termini generali, è anche possibile pattuire, a norma dell’art. 1322 cod. civ. (Autonomia delle parti) - limitatamente ai contratti abitativi liberi, di cui all’art. 2, co. 1 della legge di riforma del 1998 - che il versamento di un determinato importo sia posto in conto pagamento dei canoni, in caso di morosità dell’inquilino, Infatti, l’art. 11 che stiamo qui analizzando, secondo quanto sopra illustrato, è norma derogabile dalle parti nelle locazioni abitative libere.

Personalmente anch’io nutro qualche perplessità circa la soluzione prospettata da LINANUZO: una richiesta di 12 mesi di deposito cauzionale a copertura di eventuali canoni non pagati dal conduttore nel corso del rapporto, sembra francamente un po’ esorbitante. Il maggiore importo versato dal conduttore, a titolo di deposito cauzionale che supera il limite di 6 mesi, potrebbe allora essere convertito in una garanzia (deposito di garanzia) che il conduttore stesso rilascia per il pagamento dei canoni a venire, eventualmente non onorati. Conseguentemente, si potrebbe prevedere la redazione di una clausola in cui si specifica che la somma complessiva pari a 12 mensilità di canone viene – per espresso patto – versata in misura pari a 6 mensilità, quale deposito cauzionale e, per il residuo, quale garanzia che il conduttore rilascia a copertura di eventuali mancati pagamenti futuri.
 

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