Mi intrometto, visto che granducato è sempre molto generoso nei miei confronti e ringrazio.
Non ho competenza e certezze specifiche in materia, ma le vostre risposte evidenziano un aspetto logico, dal quale forse emerge la conclusione.
1) Non si è obbligati a subire la comunione in eterno, per cui un comunista è libero di vendere a chi vuole.
2) Se la comunione è scaturita da un'eredità, il c.c. in considerazione dei presumibili ovvi legami non solo economici sull'immobile ereditato, concede una prelazione ai co-eredi comunisti.
3) nel caso sottoposto, non c'è comunione; semmai una forma di condominio, con due proprietà distinte. I soggetti hanno stipulato un accordo privato, non citando eventuali eredi, quindi l'accordo ritengo si esaurisca con la morte dei firmatari.
4) Non vedrei quindi un obbligo giuridico a concedere formalmente il diritto di prelazione; rimane invece un obbligo morale, se all'origine del precedente accordo sussistevano condizioni di condominio significative ma trattate "in famiglia".
5) L'eventuale alienazione unilaterale, comporterebbe almeno una chiara definizione preliminare delle servitù e delle parti comuni, che solo i proprietari o discendenti originari sono in grado di conoscere. Questo perchè tra i cugini rimanga un rapporto civile di convivenza.