Mi pare che, come spesso accade, si faccia un problema più di "forma" che di "sostanza".
E' indubbio che il cosiddetto contratto di "affitto con riscatto" venga declinato da molti nel modo in cui attualmente si debba intendere un contratto di locazione con patto di futura vendita e credo che così abbia inteso lo stesso legislatore, senza certamente riferirsi alle modalità che regolavano il riscatto degli immobili di edilizia pubblica (altrimenti che senso avrebbe avuto accrescere le tutele della trascrizione ad un massimo di 10 anni se l'intenzione del legislatore fosse stata quella di voler normare un sistema di finanziamento dell'acquisto immobiliare che escludesse il ruolo delle banche?)
La questione della asserita inibizione del contenzioso trovo invece che sia pretestuosa: nel nostro paese il problema legato alla farraginosità del sistema giudiziario è palese che dipenda per buona parte dai problemi insiti al sistema stesso piuttosto che non alla qualità dei contratti e sostenere di aver eliminato il contenzioso avendo semplicemente eliminato le situazioni di inadempimento contrattuale potrà certamente trovare il beneplacito di giudici e cancellieri, non so quanto quello delle parti (di entrambe) direttamente coinvolte.
Come molti hanno giustamente sottolineato, che si tratti di un unico contratto, di due contratti collegati (e quindi dipendenti), di due contratti scollegati (in questo ultimo caso mi piacerebbe approfondire anche quelle che potrebbero essere le conseguenze fiscali, non tanto della dottrina, quanto dell'eventuale comportamento pratico messo in atto dall'AdE), o di una pluralità di contratti, sarà importante comunque ritagliare un vestito su misura che possa contemporaneamente adattarsi alle esigenze di acquirente e venditore (e non solo di un unico soggetto) senza necessariamente partire da inutili paletti iniziali e considerazioni etiche, peraltro risibili.