Se si svuota il significato sociale del sistema contributivo dei dipendenti e se ne analizza la questione meramente pratica e matematica e concreta si ottiene che:
Il dipendente non paga le tasse, le paga l'imprenditore che gli da lavoro (prove empiriche: a un aumento delle tasse non corrisponde un calo del netto - se togli gli imprenditori dal mondo il gettito si azzera - di dipendenti ne trovi a bizzeffe in qualsiasi momento storico).
il dipendente sentirebbe il peso delle tasse davvero se gli fosse detto: io ti do 2000 euro, poi sono ****acci tua, se lo stato dei tuoi duemila prende 1000, tu ti intaschi mille, se prende 1100, tu ti intaschi 900.
Infatti, a un aumento dei cunei, è l'imprenditore che deve compensare, senza che il dipendente debba invece farlo, necessariamente. (e si badi bene che non si parla di rischio di impresa
)
Lo statale non paga le tasse, una voce di spesa non può diventare una voce di reddito), è semplicemente un dipendente che costa meno che nel privato, viene pagato dal gettito, il fatto che dal gettito venga ceduto duemila e poi ripreso mille, significa solo aver pagato mille quello che nel privato costa duemila (generando anche potenziale concorrenza sleale in caso di servizi statali che entrano nella sfera di servizi di mercato).
L'imprenditore genera ricchezza con quasi tutto: investimenti, tasse e imposte che paga, stipendi che genera, utile... lo stato non genera ricchezza se non per la parte di NETTO che eroga ai suoi dipendenti, per il resto è semplicemente un costo sociale per i servizi che servono.
Se riempi uno stato di dipendenti e togli chi imprende, hai gettito =0.
Se riempi uno stato di pubblica amministrazione hai gettito zero.
Se metti in uno stato la maggioranza di imprenditori, il tuo gettito straborda e si possono pagare sia i dipendenti che farsi una amministrazione "statale" di tasca loro.
Chi le paga le tasse?