Cassazione Civile, sezione tributaria, sentenza 24/06/2016 n° 13133
La Corte di Cassazione con la recente sentenza n° 13133/16 ha stabilito che in caso di donazione “indiretta”, avente ad oggetto una somma di denaro, nella successiva ed eventuale compravendita immobiliare, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a tassare l’originario esborso “economico”, in regime di donazione, laddove nell’atto notarile non viene precisata l’esatta provenienza della disponibilità finanziaria con la quale viene acquistata l’abitazione.
I fatti
Il processo nasceva dalla presentazione del ricorso in Cassazione dell’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia n° 38/12/10 della C.T.R. della Lombardia, in accoglimento dell’appello dei contribuenti, a fronte della quale i giudici aditi ritenevano illegittima la pretesa tributaria, in tema di donazione, applicata alla “liberalità indiretta” disposta a favore degli appellanti da parte dei propri genitori “mediante versamento in data 08.08.2001, sul conto corrente cointestato di un assegno circolare di £. 2.500.000.000”.
Per maggior chiarezza espositiva, è opportuno sottolineare che la sussistenza dell’atto di liberalità era stata dichiarata “spontaneamente” dagli interessati a mezzo di autotutela presentata all’Agenzia delle Entrate all’interno di altra verifica fiscale (accertamento sintetico, ai fini IRPEF per le annualità 2000 - 2001).
Da un punto di vista normativo, i giudici di appello osservavano che la donazione in parola, “ancorché realizzatasi sotto la vigenza del D. Lgs. n° 346/90, art. 56 bis, fosse sottoposta al maggior limite di franchigia di cui al D.L. n° 262/2006, art. 2, comma 49, convertito in L. n° 286/2006”, la quale ha “reintrodotto l’imposta sulle successioni e donazioni”.
Con il proprio atto processuale, l’Amministrazione finanziaria lamentava la violazione e la falsa applicazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n° 3) della disciplina in materia di donazione (vedi precedente capoverso), in quanto i giudici di secondo grado avevano “ritenuto non dovuta l’imposta in oggetto [donazione] per mancato superamento della maggior franchigia pro capite (Euro 1.000.000) di cui all’art. 2, comma 49 [D.L. n° 262/2006]”, nonostante il divieto di applicazione retroattiva alla donazione indiretta.
Ebbene, la liberalità in questione, essendo stata perfezionata nel 2001, era sottoposta al D. Lgs. n° 346/90, il quale all’art. 56 bis prevedeva una franchigia di £. 350.000.000 con aliquota del 7%.
I resistenti, mediante controricorso, eccepivano due motivi di ricorso incidentale: a) la decadenza del potere accertativo dell’imposta di donazione, a mente dell’art. 60 del D. Lgs. n° 346/90 (periodo quinquennale a decorrere dalla data di registrazione della liberalità indiretta avvenuta in data 28.08.2001, mentre gli avvisi di accertamento erano stati notificati in data 11.04.2007) e b) l’inapplicabilità dell’imposta di donazione per violazione dell’art. 1, comma 4-bis, D. Lgs. n° 346/90; secondo la tesi sostenuta dai contribuenti, l’atto di liberalità posto in essere dai genitori degli stessi era direttamente funzionale all’acquisto di due immobili.
La decisione
I giudici di Piazza Cavour, in via preliminare, attraverso un excursus storico normativo sulle modifiche legislative in tema di donazione, hanno stabilito “la legittimità dell’applicazione alla liberalità indiretta in questione del regime impositivo di cui al D. Lgs. n° 346/90, art. 56 bis”.
Non solo: per quanto concerne al primo ricorso incidentale presentato dai contribuenti, in materia di violazione del termine di decadenza quinquennale previsto dall’art. 60 del D. Lgs. n° 346/90, il quale richiama l’art. 76 del D.P.R. n° 131/86 (imposta di registro), la Suprema Corte rileva l’insussistenza della censura.
In particolare, i resistenti evidenziavano che “i cinque anni dalla data di registrazione della liberalità indiretta erano infatti spirati il 28.08.2006, a fronte di avvisi di accertamento notificati l’11.04.2007”.
Orbene, la Corte di Cassazione – in risposta alla presunta “intervenuta” decadenza – osserva che il cit. art. 56 bis, prevede: “l’accertamento delle liberalità indirette” è subordinato alla esistenza di “dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi” (vedi lettera a).
Di conseguenza, “il presupposto dell’accertamento dell’imposta di donazione scaturisce, nella specie, dall’autodichiarazione della liberalità indiretta”, rilasciata dagli stessi contribuenti (in altra indagine tributaria) all’Agenzia delle Entrate in data 11.10.2006, quindi “deve essere esclusa l’eccepita decadenza quinquennale, stante la notificazione degli avvisi di accertamento in data 11.04.2007”.
Nel secondo motivo speso nel ricorso incidentale, i contribuenti lamentavano la violazione e falsa applicazione del D. Lgs. n° 346/90, art. 1, comma 4 bis, il quale stabilisce che “l’imposta [di donazione] non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegati ad atti concernenti il trasferimenti o la costituzione di diritti immobiliari […], qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto”.
In sede di appello, i giudici aditi avevano già escluso “la rilevanza giuridica” della questione, atteso che vi era la pacifica assenza (“mancata dichiarazione”) del collegamento tra l’atto di liberalità e la successiva compravendita immobiliare. Difatti, nei citati atti notarili non vi era alcuna menzione da un lato “che il denaro necessario provenisse in tutto o in parte da atto di liberalità” e dall’altro non risultava la partecipazione dei donanti al momento dell’acquisto immobiliare; in buona sostanza, lo scenario giuridico emergente era costituito dal fatto storico che gli acquirenti (donatari dell’atto di liberalità, ossia i contribuenti sottoposti a verifica) avessero “provvista propria”, in assenza di collegamento funzionale tra la donazione indiretta dei genitori e l’acquisto di due immobili operato dai figli.
In considerazione di ciò, i giudici ermellini, condividendo integralmente le argomentazioni illustrate dalla C.T.R., nonché richiamando un’ordinanza della S.C. (n. 2777/16), hanno confermato che l’esenzione del tributo da donazione, sotto forma di “fruizione del beneficio fiscale”, presuppone l’espressa indicazione - agli atti di compravendita - della provenienza circa la disponibilità economica, al fine di avvalorare “la sussistenza di non imponibilità”.
Per cui, in difetto di inequivocabile dichiarazione in tal senso, come già anticipato, la liberalità è tassabile, ai sensi dell’art. 56 cit., giacché “denunciata” dai medesimi beneficiari.
Fonte: www.altalex.com
La Corte di Cassazione con la recente sentenza n° 13133/16 ha stabilito che in caso di donazione “indiretta”, avente ad oggetto una somma di denaro, nella successiva ed eventuale compravendita immobiliare, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a tassare l’originario esborso “economico”, in regime di donazione, laddove nell’atto notarile non viene precisata l’esatta provenienza della disponibilità finanziaria con la quale viene acquistata l’abitazione.
I fatti
Il processo nasceva dalla presentazione del ricorso in Cassazione dell’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia n° 38/12/10 della C.T.R. della Lombardia, in accoglimento dell’appello dei contribuenti, a fronte della quale i giudici aditi ritenevano illegittima la pretesa tributaria, in tema di donazione, applicata alla “liberalità indiretta” disposta a favore degli appellanti da parte dei propri genitori “mediante versamento in data 08.08.2001, sul conto corrente cointestato di un assegno circolare di £. 2.500.000.000”.
Per maggior chiarezza espositiva, è opportuno sottolineare che la sussistenza dell’atto di liberalità era stata dichiarata “spontaneamente” dagli interessati a mezzo di autotutela presentata all’Agenzia delle Entrate all’interno di altra verifica fiscale (accertamento sintetico, ai fini IRPEF per le annualità 2000 - 2001).
Da un punto di vista normativo, i giudici di appello osservavano che la donazione in parola, “ancorché realizzatasi sotto la vigenza del D. Lgs. n° 346/90, art. 56 bis, fosse sottoposta al maggior limite di franchigia di cui al D.L. n° 262/2006, art. 2, comma 49, convertito in L. n° 286/2006”, la quale ha “reintrodotto l’imposta sulle successioni e donazioni”.
Con il proprio atto processuale, l’Amministrazione finanziaria lamentava la violazione e la falsa applicazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n° 3) della disciplina in materia di donazione (vedi precedente capoverso), in quanto i giudici di secondo grado avevano “ritenuto non dovuta l’imposta in oggetto [donazione] per mancato superamento della maggior franchigia pro capite (Euro 1.000.000) di cui all’art. 2, comma 49 [D.L. n° 262/2006]”, nonostante il divieto di applicazione retroattiva alla donazione indiretta.
Ebbene, la liberalità in questione, essendo stata perfezionata nel 2001, era sottoposta al D. Lgs. n° 346/90, il quale all’art. 56 bis prevedeva una franchigia di £. 350.000.000 con aliquota del 7%.
I resistenti, mediante controricorso, eccepivano due motivi di ricorso incidentale: a) la decadenza del potere accertativo dell’imposta di donazione, a mente dell’art. 60 del D. Lgs. n° 346/90 (periodo quinquennale a decorrere dalla data di registrazione della liberalità indiretta avvenuta in data 28.08.2001, mentre gli avvisi di accertamento erano stati notificati in data 11.04.2007) e b) l’inapplicabilità dell’imposta di donazione per violazione dell’art. 1, comma 4-bis, D. Lgs. n° 346/90; secondo la tesi sostenuta dai contribuenti, l’atto di liberalità posto in essere dai genitori degli stessi era direttamente funzionale all’acquisto di due immobili.
La decisione
I giudici di Piazza Cavour, in via preliminare, attraverso un excursus storico normativo sulle modifiche legislative in tema di donazione, hanno stabilito “la legittimità dell’applicazione alla liberalità indiretta in questione del regime impositivo di cui al D. Lgs. n° 346/90, art. 56 bis”.
Non solo: per quanto concerne al primo ricorso incidentale presentato dai contribuenti, in materia di violazione del termine di decadenza quinquennale previsto dall’art. 60 del D. Lgs. n° 346/90, il quale richiama l’art. 76 del D.P.R. n° 131/86 (imposta di registro), la Suprema Corte rileva l’insussistenza della censura.
In particolare, i resistenti evidenziavano che “i cinque anni dalla data di registrazione della liberalità indiretta erano infatti spirati il 28.08.2006, a fronte di avvisi di accertamento notificati l’11.04.2007”.
Orbene, la Corte di Cassazione – in risposta alla presunta “intervenuta” decadenza – osserva che il cit. art. 56 bis, prevede: “l’accertamento delle liberalità indirette” è subordinato alla esistenza di “dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi” (vedi lettera a).
Di conseguenza, “il presupposto dell’accertamento dell’imposta di donazione scaturisce, nella specie, dall’autodichiarazione della liberalità indiretta”, rilasciata dagli stessi contribuenti (in altra indagine tributaria) all’Agenzia delle Entrate in data 11.10.2006, quindi “deve essere esclusa l’eccepita decadenza quinquennale, stante la notificazione degli avvisi di accertamento in data 11.04.2007”.
Nel secondo motivo speso nel ricorso incidentale, i contribuenti lamentavano la violazione e falsa applicazione del D. Lgs. n° 346/90, art. 1, comma 4 bis, il quale stabilisce che “l’imposta [di donazione] non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegati ad atti concernenti il trasferimenti o la costituzione di diritti immobiliari […], qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto”.
In sede di appello, i giudici aditi avevano già escluso “la rilevanza giuridica” della questione, atteso che vi era la pacifica assenza (“mancata dichiarazione”) del collegamento tra l’atto di liberalità e la successiva compravendita immobiliare. Difatti, nei citati atti notarili non vi era alcuna menzione da un lato “che il denaro necessario provenisse in tutto o in parte da atto di liberalità” e dall’altro non risultava la partecipazione dei donanti al momento dell’acquisto immobiliare; in buona sostanza, lo scenario giuridico emergente era costituito dal fatto storico che gli acquirenti (donatari dell’atto di liberalità, ossia i contribuenti sottoposti a verifica) avessero “provvista propria”, in assenza di collegamento funzionale tra la donazione indiretta dei genitori e l’acquisto di due immobili operato dai figli.
In considerazione di ciò, i giudici ermellini, condividendo integralmente le argomentazioni illustrate dalla C.T.R., nonché richiamando un’ordinanza della S.C. (n. 2777/16), hanno confermato che l’esenzione del tributo da donazione, sotto forma di “fruizione del beneficio fiscale”, presuppone l’espressa indicazione - agli atti di compravendita - della provenienza circa la disponibilità economica, al fine di avvalorare “la sussistenza di non imponibilità”.
Per cui, in difetto di inequivocabile dichiarazione in tal senso, come già anticipato, la liberalità è tassabile, ai sensi dell’art. 56 cit., giacché “denunciata” dai medesimi beneficiari.
Fonte: www.altalex.com