Lo ha stabilito ieri la Consulta, risolvendo una questione molto controversa che riguardava le cause civili
25 ottobre 2012
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La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità della mediazione obbligatoria in alcune cause civili e commerciali, che era stata decisa nel 2010 e che aveva incontrato da subito le critiche degli avvocati (oltre che il parere negativo della Commissione giustizia del Senato). La questione era stata sottoposta all’esame della Corte costituzionale proprio per un ricorso dell’Ordine degli avvocati di Milano.
Nel 2010 il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha introdotto con un decreto legislativo (Dlgs 4 marzo 2010, n.28) l’obbligo di ricorrere alla mediazione tra le parti per una serie di cause civili e commerciali: in particolare quelle che riguardano liti di condominio, contratti con banche e assicurazioni, successioni ereditarie, risarcimento dei danni da circolazione stradale, da colpa medica e da diffamazione. In altre parole, è un nuovo sistema introdotto nel nostro ordinamento giudiziario per trovare un’alternativa più rapida e meno costosa alle cause in tribunale, simile a quello che esiste in molti altri paesi europei.
Queste cause possono – o potevano, vista la sentenza di ieri – finire davanti a un giudice solo dopo quattro mesi in cui si era tentato di raggiungere un accordo davanti a un mediatore: una persona “neutrale” che deve essere iscritta a un organismo di mediazione riconosciuto dal Ministero e non può partecipare in alcun modo a eventuali giudizi successivi. Per fare il mediatore è sufficiente una laurea triennale (in qualsiasi materia) oppure essere iscritto a un ordine professionale, oltre ad aver seguito un corso di circa 50 ore e aver assistito a 20 mediazioni. Il compito del mediatore è assistere la negoziazione tra le parti coinvolte: in caso di accordo, la controversia viene risolta con un verbale che ha un valore esecutivo immediato. Oggi, gli organismi di mediazione iscritti al registro del Ministero della giustizia sono 948, gli enti formatori accreditati 365 ed i mediatori abilitati circa 40 mila.
I contrari alla legge sono stati fin dall’inizio gli avvocati, per motivi comprensibili, ma la legge aveva attirato anche altre critiche. Il punto controverso principale, oltre alle modalità di formazione dei mediatori, era l’obbligatorietà del ricorso alla mediazione, esattamente quello che la Corte Costituzionale ha stabilito essere illegittimo. Al contrario, i favorevoli al provvedimento – tra cui l’ex procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, per fare un nome illustre – sottolineavano che oltre la metà dei processi civili in Italia si conclude già oggi con un accordo tra le parti, senza quindi che si arrivi alla sentenza, e che il numero delle cause civili in Italia è abnorme, oltre al fatto che nei primi mesi dopo il decreto la mediazione sembrava aver ottenuto diversi buoni risultati.
In un breve commento alla sentenza della Corte Costituzionale, il giornalista Luigi Ferrarella ha scritto oggi sul Corriere della Sera che il provvedimento di Alfano era «un clamoroso errore culturale», andando nella direzione di affidare a privati con scarsa formazione giuridica parte dell’amministrazione della giustizia, e che non era riuscito nel principale obiettivo prefissato, ovvero quello di diminuire sensibilmente il numero dei procedimenti della giustizia ordinaria. Il Forum Nazionale degli Organismi di Mediazione e dei Mediatori Civili ha annunciato con un comunicato stampa che verrà decisa «una grande giornata di mobilitazione nazionale dei mediatori» a Roma per i primi di novembre.
25 ottobre 2012
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La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità della mediazione obbligatoria in alcune cause civili e commerciali, che era stata decisa nel 2010 e che aveva incontrato da subito le critiche degli avvocati (oltre che il parere negativo della Commissione giustizia del Senato). La questione era stata sottoposta all’esame della Corte costituzionale proprio per un ricorso dell’Ordine degli avvocati di Milano.
Nel 2010 il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha introdotto con un decreto legislativo (Dlgs 4 marzo 2010, n.28) l’obbligo di ricorrere alla mediazione tra le parti per una serie di cause civili e commerciali: in particolare quelle che riguardano liti di condominio, contratti con banche e assicurazioni, successioni ereditarie, risarcimento dei danni da circolazione stradale, da colpa medica e da diffamazione. In altre parole, è un nuovo sistema introdotto nel nostro ordinamento giudiziario per trovare un’alternativa più rapida e meno costosa alle cause in tribunale, simile a quello che esiste in molti altri paesi europei.
Queste cause possono – o potevano, vista la sentenza di ieri – finire davanti a un giudice solo dopo quattro mesi in cui si era tentato di raggiungere un accordo davanti a un mediatore: una persona “neutrale” che deve essere iscritta a un organismo di mediazione riconosciuto dal Ministero e non può partecipare in alcun modo a eventuali giudizi successivi. Per fare il mediatore è sufficiente una laurea triennale (in qualsiasi materia) oppure essere iscritto a un ordine professionale, oltre ad aver seguito un corso di circa 50 ore e aver assistito a 20 mediazioni. Il compito del mediatore è assistere la negoziazione tra le parti coinvolte: in caso di accordo, la controversia viene risolta con un verbale che ha un valore esecutivo immediato. Oggi, gli organismi di mediazione iscritti al registro del Ministero della giustizia sono 948, gli enti formatori accreditati 365 ed i mediatori abilitati circa 40 mila.
I contrari alla legge sono stati fin dall’inizio gli avvocati, per motivi comprensibili, ma la legge aveva attirato anche altre critiche. Il punto controverso principale, oltre alle modalità di formazione dei mediatori, era l’obbligatorietà del ricorso alla mediazione, esattamente quello che la Corte Costituzionale ha stabilito essere illegittimo. Al contrario, i favorevoli al provvedimento – tra cui l’ex procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, per fare un nome illustre – sottolineavano che oltre la metà dei processi civili in Italia si conclude già oggi con un accordo tra le parti, senza quindi che si arrivi alla sentenza, e che il numero delle cause civili in Italia è abnorme, oltre al fatto che nei primi mesi dopo il decreto la mediazione sembrava aver ottenuto diversi buoni risultati.
In un breve commento alla sentenza della Corte Costituzionale, il giornalista Luigi Ferrarella ha scritto oggi sul Corriere della Sera che il provvedimento di Alfano era «un clamoroso errore culturale», andando nella direzione di affidare a privati con scarsa formazione giuridica parte dell’amministrazione della giustizia, e che non era riuscito nel principale obiettivo prefissato, ovvero quello di diminuire sensibilmente il numero dei procedimenti della giustizia ordinaria. Il Forum Nazionale degli Organismi di Mediazione e dei Mediatori Civili ha annunciato con un comunicato stampa che verrà decisa «una grande giornata di mobilitazione nazionale dei mediatori» a Roma per i primi di novembre.