VENEZIA - Nel 2001 l'ex palazzo di "Grandi Stazioni" a Venezia venne stimato 70 miliardi di lire, ossia circa 35 milioni di euro, e nel 2007 è stato comprato per quasi 70 milioni di euro. Un bell'affare per il venditore, meno per l'acquirente che, in questo caso, è la Regione Veneto. E proprio su questa compravendita si potrebbe aprire una commissione d'inchiesta regionale, su iniziativa della Federazione della Sinistra Veneta (Fsv). La richiesta di fornire alle Commissioni del Consiglio Veneto gli atti e i documenti sull'affare - così l'aveva definito l'ex governatore Giancarlo Galan - è stata presentata stamani dal consigliere della Fsv Pietrangelo Pettenò. Troppa la differenza tra la valutazione dell'immobile fatta all'inizio degli anni 2000 da "Grandi Stazioni" e il prezzo pagato poi dalla Regione, 69,5 milioni di euro per l'esattezza.
Ad avviare la trattativa con la Regione era stato all'epoca l'ad di Grandi Stazioni, Massimo Caputi, lo stesso che attraverso "Idea Fimit" aveva venduto il palazzo vicino a Fontana di Trevi al senatore del Pdl Riccardo Conti, che in seguito rivendette l'immobile pagato 20,6 milioni a 44,5 milioni di euro. «Ho presentato alla conferenza dei capigruppo - dice Pettenò all'Ansa - una richiesta formale al presidente Ruffato perché vengano forniti ai consiglieri e alle commissioni tutti gli atti che consentano una valutazione seria sull'acquisto di quel palazzo. In un momento in cui si parla tanto di spreco di denaro pubblicoservono trasparenza e chiarezza - aggiunge - perché non restino dubbi. Perplessità che, del resto, già emersero quando la Regione stava trattando l'acquisto».
Il manager che trattò l'affare: «L'Agenzia delle Entrate fu tra i periti che certificarono la congruità del prezzo d'acquisto». Lo afferma Gian Michele Gambato, il manager che all'epoca dei fatti trattò l'affare e contro il quale nel 2010 le Procure di Roma e Venezia aprirono un fascicolo d'inchiesta. Lo stesso Gambato, oggi presidente di Sistemi Territoriali (società ferroviaria al 100% controllata dalla Regione Veneto) e di Unindustria Rovigo, rileva che di quei fascicoli ebbe notizia dalla stampa nel 2010, poi non ne seppe più nulla. «Se fossi stato indagato avrei saputo necessariamente qualche cosa; non ne ho saputo più nulla e non so neppure che sviluppi abbia avuto la vicenda».
Secondo quanto si era appreso nel giugno di due anni fa, su Gambato gravava l'ipotesi di concussione adombrata per la consulenza svolta, per un valore di circa 1,6 milioni di euro, nell'intermediazione tra la società Grandi Stazioni e la Regione Veneto prima per l'affitto e poi per la vendita del Palazzo sul Canal Grande, vicino al ponte ideato da Santiago Calatrava. Gambato, da parte sua, avrebbe dimostrato che si trattava di un giusto compenso (1,4 milioni più IVA) calcolato sull'importo della vendita. Una consulenza che sarebbe stata affidata all'epoca, secondo quanto si era appreso, dall'ex ad di grandi Stazioni, Massimo Caputi. Proprio sulla vendita del Palazzo per 70 milioni di euro, quando sei anni prima c'era stata una valutazione pari ad allora 70 miliardi di lire, Gambato ricorda che «si tratta di dati ufficiali di bilancio pubblicati e che testimoniano un'operazione regolare». «Una vendita - aggiunge - gestita con passaggi infragruppo in Ferrovie dello Stato e poi alla Regione del Veneto con tanto di numerose perizie, su tutte quella dell'Agenzia delle Entrate».
«L'iter per l'acquisto ha preso avvio nel 2006, dopo che le perizie per le valutazioni del prezzo avevano avuto l'avallo da parte dell'Ufficio erariale». A precisarlo è l'ex assessore regionale al Patrimonio Stefano Valdegamberi, consigliere veneto dell'Udc, che aveva seguito la vicenda tra il 2006 e il 2007, poi conclusa nel 2009 dal collega Flavio Silvestrin. Secondo Valdegamberi, interpellato dall'Ansa, l'acquisto è avvenuto seguendo tutte le procedure previste e alla fine ci sarebbe stato anche un leggero risparmio sugli stessi valori previsti dalle perizie validate dall'Ute. «È stata una splendida operazione sul piano logistico - aggiunge - perché ha permesso alla Regione di riunire, con un risparmio sui costi, gli uffici distribuiti in altre sedi a Venezia» e nel periodi ci sono stati vari sopralluoghi da parte anche della commissione consigliare e i «giudizi andavano tutti nella direzione dell'acquisto».