ecco un articolo inerente alla discussione tratto da La Repubblica
Dieci segnalazioni spontanee a San Lorenzo, solo due a Brancaccio. Trenta imprenditori accusati di favoreggiamento. In quartieri caldi come Brancaccio e il Borgo si tratta ancora di episodi isolati e sporadici. Ingroia: "La nostra lotta è come quella della liberazione ci vorrebbe una resistenza"
di Salvo Palazzolo
«Io mi sento di far parte di un esercito di liberazione - dice Antonio Ingroia - ma ci vorrebbe un movimento di resistenza a sostenerlo. L´azione della magistratura e delle forze dell´ordine contro la mafia e il racket è in questo momento come quella dell´esercito di liberazione durante la Seconda guerra mondiale. Come allora sarebbe necessario il sostegno di un movimento di resistenza, fatto da un numero sempre maggiore di imprenditori e commercianti».
Il procuratore aggiunto Antonio Ingroia mette insieme, ancora una volta, le ragioni della speranza: «Gli operatori economici non sono più soli». Ma torna a lanciare un appello, perché i numeri della rivolta antiracket non sono poi così alti: «A fronte di decine di commercianti che hanno denunciato, ce ne sono ancora centinaia che pagano e tacciono. Ma solo se si crea un movimento di massa la mafia ha paura».
Non sono passati neanche due anni dalla scoperta del libro mastro dei boss Lo Piccolo, che ha segnato il punto più alto dello scontro sul fronte dell´antiracket: un primo bilancio parla di quarantacinque denunce spontanee. Altre sessanta sono arrivate solo dopo la convocazione dei commercianti negli uffici di polizia e carabinieri. Resta comunque un numero importante se si pensa che una trentina di operatori economici hanno continuato a negare di aver pagato il pizzo, nonostante i loro nomi fossero nei pizzini e nelle intercettazioni. Quei trenta, da San Lorenzo alla Noce a corso Calatafimi, sono finiti sotto processo per favoreggiamento. Qualcuno è stato già condannato.
Di recente, il giudice Vittorio Alcamo ha scritto in una sentenza contro il clan della Noce: «La denuncia non può essere più considerata un atto di coraggio o addirittura di eroismo individuale, ma una reazione normale di fronte a un´imposizione subita». Merito del movimento antiracket che in questi anni ha convinto molti commercianti e imprenditori.
Scorrendo l´elenco dei quarantacinque che hanno deciso di denunciare senza alcuna riserva c´è la storia vera di questi ultimi due anni. Palermo come una cartina del Risiko. L´esercito dei clan contro pattuglie di commercianti coraggiosi. Al Borgo Vecchio è rimasta isolata la denuncia del titolare di un negozio di autoricambi, Damiano Greco. Attorno a lui si sono stretti i ragazzi di "Addiopizzo", non certo i suoi colleghi di zona. Lo stesso è accaduto fra il Politeama e via Libertà.
Il questore Alessandro Marangoni ribadisce comunque le ragioni della speranza: «La crepa che si è creata nella diga del muro di omertà si va sempre più allargando. Le cento denunce fin qui raccolte devono incoraggiare a continuare su questa strada. Denunciare si può, senza rischiare, dal momento che le forze dell´ordine e la magistratura garantiscono in tempi veloci risultati esemplari con arresti e condanne definitive».
Ingroia prova a lanciare un appello anche alle istituzioni della politica: «Importanti riforme di legge che incoraggiano la ribellione al racket sono state fatte. Ma occorre qualcosa di più. Aspettiamo da anni un testo unico antimafia». Ingroia ricorda come cominciò la lotta dell´antiracket, con la denuncia di un imprenditore solo, Libero Grassi, davanti alle telecamere. Qualche tempo dopo, il 29 agosto 1999, fu ucciso. «Senza un movimento di resistenza non vinceremo questa battaglia di liberazione».
(21 giugno 2009)
una stretta di mano solidale a tutti