Non mi sono saputo spiegare bene, non volevo contestare quanto da te scritto ma solo avere una conferma al dubbio che mi sono posto e volevo dire, l'art. 889 del C.C. non fa riferimento al tipo di realizazzione del manufatto e cioè se interrato o fuori terra, ma alla distanza da osservare per questi manufatti.
Ora mi chiedevo ma una cisterna sia interrata che fuori terra con una piscina possono essere considerate come recipienti di acqua? per me si, solo che hanno scopi di utilizzo diverso.
Ho provveduto a ricercare su internet qualcosa di simile e ho trovato penso la certezza che i miei dubbi avevano una ragione e che qui di seguito copio e incollo da:
dossier distanza confini
EDILIZIA PRIVATA: Una piscina è, di fatto, una cisterna di acqua: una cisterna-vasca a cielo aperto, che si differenzia dalle cisterne-deposito soltanto per la destinazione al nuoto, per gli abbellimenti, la impermeabilizzazione e le attrezzature idriche connesse, ma che concettualmente null'altro è se non un contenitore di acqua.
L'art. 889 c.c. nel disciplinare la distanza da osservare nella costruzione di determinate opere (pozzi, cisterne, fosse, tubi) presso il confine, tiene conto della loro potenziale attitudine ad arrecare danno alla proprietà contigua stabilendo per esse una presunzione assoluta di pericolosità. Tra dette opere non rientrano i contenitori interrati, prefabbricati o realizzati in loco (nella specie: serbatoio di eternit) a tenuta impermeabile con la funzione di contenere le infiltrazioni e i travasamenti nel fondo finitimo, in quanto per tali contenitori non soccorre la presunzione assoluta di pericolosità, ed è, pertanto, necessario accertare in concreto, sulla base delle loro specifiche caratteristiche (struttura e composizione del materiale, distanza dal confine), se abbiano o meno attitudine a cagionare danno.
L'elencazione di cui all'art. 889 c.civile è tassativa. Sennonché, senza utilizzare in alcun modo l'analogia, una piscina è, di fatto, una cisterna di acqua: una cisterna-vasca a cielo aperto, che si differenzia dalle cisterne-deposito soltanto per la destinazione al nuoto, per gli abbellimenti, la impermeabilizzazione e le attrezzature idriche connesse, ma che concettualmente null'altro è se non un contenitore di acqua.
Le disposizioni di cui agli art. 889 e 891 c.c. si riferiscono a fattispecie del tutto diverse tra loro, in considerazione della specificità sia della natura delle opere in esse rispettivamente previste, sia della "ratio" cui ciascuna è informata. Infatti, la prescrizione di cui all'art. 889 c.c. (distanze per pozzi, cisterne, fossi e tubi) mira ad evitare il pericolo di infiltrazioni a danno del fondo del vicino (nei cui confronti prevede una presunzione assoluta di danno), allorché le opere in essa indicate siano eseguite a distanza inferiore di due metri dal confine, mentre la norma di cui all'art. 891 c.c. (distanze tra i canali, i fossi ed il confine) è ispirata all'esigenza di scongiurare il pericolo di franamento che tali opere possono cagionare nei confronti del fondo del vicino (Cassazione civile, sez. II, 19.06.1995, n. 6928).
Dunque l'art. 889 mira a prevenire le infiltrazioni; ma va ricordato che la giurisprudenza ha escluso la presunzione di pericolo per i contenitori in metallo o cemento prefabbricato, ed anche per quelli costruiti in loco purché in maniera impermeabile.
L'art. 889 c.c. nel disciplinare la distanza da osservare nella costruzione di determinate opere (pozzi, cisterne, fosse, tubi) presso il confine, tiene conto della loro potenziale attitudine ad arrecare danno alla proprietà contigua stabilendo per esse una presunzione assoluta di pericolosità. Tra dette opere non rientrano i contenitori interrati, prefabbricati o realizzati in loco (nella specie: serbatoio di eternit) a tenuta impermeabile con la funzione di contenere le infiltrazioni e i travasamenti nel fondo finitimo, in quanto per tali contenitori non soccorre la presunzione assoluta di pericolosità, ed è, pertanto, necessario accertare in concreto, sulla base delle loro specifiche caratteristiche (struttura e composizione del materiale, distanza dal confine), se abbiano o meno attitudine a cagionare danno (Cassazione civile, sez. II, 08.04.1986, n. 2436).
Nel caso di specie la CTU ha accertato che trattasi di piscina prefabbricata con pareti in pannelli di acciaio, rivestiti con uno strato di poliestere al silicone. L'insieme dei pannelli e contrafforti reggispinta è ancorato ad una soletta perimetrale. L'impermeabilizzazione è assicurata da un rivestimento in telo PVC saldato a caldo. Le esondazioni sono prevenute mediante scarichi di troppo pieno.
Il CTU ha poi chiarito che pericoli di infiltrazioni potrebbero derivare soltanto dall'abbandono prolungato del manufatto, mentre un suo normale utilizzo non dà motivo di temere infiltrazioni.
Quindi, seguendo la convincente giurisprudenza sopra citata, l'ambito di applicazione dell'art. 889 c.civ. va ridotto alle cisterne e vasche non impermeabili, e va escluso in ipotesi come quella di cui si discute, nella quale si è in presenza di una vasca con struttura in metallo impermeabilizzata, e dotata di opportuni scarichi (Corte d'Appello di Firenze, Sez. I civile, sentenza 19.06.2009 n. 814).
Spero che questa nostra conversazione sia stata di aiuto a Pighettiasg per aiutarlo a risolvere il suo problema in maniera corretta, adesso penso che la decisione spetti a lui optare per quanto detto da noi nei post 11 e 12