Salve.
Cosa succede se, a distanza di 2-3 mesi dall'inizio di un contratto di locazione, l'inquilino non paga più e io volessi iniziare la procedura per sfratto? Pagherei le tasse per l'intero anno di locazione (ovvero tutto il 2015) oppure, come io spero, per i soli mesi che hanno preceduto la richiesta di sfratto?
Con le informazioni fornite non è facile rispondere al tuo quesito. Non è chiaro ad esempio che tipo di contratto sia stato sottoscritto e il suo regime fiscale, né se l’inquilino sia già stato messo in mora. In tale ambito, il tipo di contratto di locazione (abitativo o commerciale) è molto importante perché determina tre cose: la gravità dell’inadempimento, la possibilità di sanarlo e il “trattamento” fiscale dei canoni non percepiti.
Dando per scontato che si tratti di locazione abitativa, in tale ambito operano – salvo clausole più restrittive - gli artt. 5 (il mancato pagamento del canone dopo 20 giorni dal termine di pagamento e degli oneri accessori per un importo almeno pari a quello di due mensilità del canone, fa scattare l’inadempimento: articolo in genere riprodotto nelle locazioni convenzionate) e 55 (possibilità di chiedere il termine di grazia per sanare la morosità in prima udienza per non più di 4 volte in 4 anni ovvero differire il termine di pagamento in presenza di perdita del lavoro, malattia grave, gravi condizioni del conduttore) della legge n°392/1978.
Nell’ipotesi in cui si tratti di locazione commerciale, le cose, invece, cambiano, in quanto tali locazioni sono assoggettate ad autonoma disciplina. Nel caso di inadempimento del conduttore, non opera la predeterminazione legale dell’importanza e della gravità dell’inadempimento, ovverossia l’art. 5, né opera l’art. 55 della legge citata (salvo l’inserimento di una apposita clausola (favorevole al conduttore) in contratto che espressamente richiami tali articoli), ma, in genere, l’art. 1455 cod. civ. (
Importanza dell’inadempimento). Se, però, nel contratto di locazione è stata inserita la clausola risolutiva espressa (art. 1456 cod. civ.), viene meno il discorso sull’importanza dell’inadempimento, e la risoluzione si verifica di diritto, se il locatore dichiari di volersene avvalere. Inoltre il conduttore non può avvalersi della facoltà di chiedere il termine di grazia per sanare la morosità.
Riguardo il “trattamento” dei canoni non percepiti, come precisato da Bastimento e Antonello, i canoni di locazione riferiti a immobili non abitativi (negozio, ufficio, capannone) vanno sempre dichiarati, anche se non sono stati percepiti, e le imposte assolte non possono essere recuperate. Tuttavia, il locatore accorto, come suggerito dal par. 1.3 della circolare n°11/E/2014, può utilizzare tutti gli strumenti previsti per “provocare” la risoluzione del contratto ed evitare la tassazione di canoni non riscossi. Tra questi strumenti, si possono annoverare sia la citata clausola risolutiva espressa (art. 1456 cod. civ.), sia la risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (art. 1454 cod. civ.). In tali ipotesi, il riferimento al canone potrà operare fino a quando risulterà in vita il contratto di locazione: cessando
ex lege il contratto a fini abitativi o non abitativi, viene meno qualunque riferimento al reddito locativo e cessano i suoi presupposti per la sua tassabilità al posto della rendita catastale.
Nell’ipotesi, invece, di un immobile abitativo, il cui reddito sia assoggettato ad IRPEF, il credito d’imposta spetta in misura corrispondente alle imposte assolte in anni precedenti. Se ad esempio l’inquilino non ha pagato il canone dal 1° gennaio 2014 e il procedimento di convalida di sfratto si conclude entro il 30 settembre 2015 (termine ultimo per la presentazione del modello UNICO 2015), il locatore può legittimamente indicare, nella dichiarazione presentata quest’anno, per i redditi 2014, la sola rendita catastale rivalutata del 5%, indicando il codice 4 in colonna 7 (“
Casi particolari”) del quadro RB.
Diversamente, nel caso in cui il procedimento di sfratto si concluda ad esempio nel dicembre 2015, il contribuente è tenuto a dichiarare per il 2014 i canoni non riscossi e solo l’anno successivo potrà fruire del credito. A tal fine, dovrà calcolare le maggiori imposte pagate in relazione ai canoni non percepiti, rideterminando l’IRPEF (e le sue addizionali) su una base imponibile diminuita del canone ed aumentata della rendita catastale e applicando sul nuovo reddito imponibile le relative aliquote vigenti nel periodo interessato dal ricalcolo. L’Agenzia delle Entrate ha precisato, infatti, che occorre comunque considerare nella base imponibile la rendita catastale dell’immobile, che partecipa alla formazione del reddito dei fabbricati, al posto del canone di locazione.
L’importo del credito (IRPEF + addizionali), indicato in dichiarazione (al rigo CR8 e al rigo RN32, colonna 2 del modello UNICO 2015), va a ridurre direttamente l’IRPEF netta dovuta. In alternativa è sempre possibile inoltrare istanza di rimborso al competente ufficio delle Entrate e attendere i tempi (non brevi) dell’Amministrazione finanziaria (vedi la voce ”
Crediti di imposta per canoni non percepiti” in Appendice delle Istruzioni del modello UNICO 2015, pag. 100).
Qualora i canoni siano stati assoggettati a cedolare secca, valgono le medesime modalità previste per i canoni non percepiti assoggettati ad IRPEF, e, in caso di canoni già assoggettati a tassazione, è possibile il recupero della maggiore imposta sostitutiva versata attraverso un credito d’imposta di pari ammontare (Agenzia elle Entrate, circolare n°26/E/2011, pag. 30).