E' stata posta questa domanda da Tina Ferraiuolo che ritengo di grandissimo interesse: "Quale validità ha un contratto preliminare ?"
Tutti i contratti preliminari prevedono un termine entro il quale dovrà essere stipulato il contratto definitivo.
Tuttavia, questo termine, affichè possa provocare la risoluzione di diritto del contratto è necessario che venga espressamente indicato come "essenziale".
In mancanza, affinchè si possa procedere alla risoluzione dell'accordo è necessaria una pronuncia del giudice.
Spesso si sente dire che il contratto abbia validità di 10 anni, questo in realtà non è corretto perchè quello è il periodo entro il quale bisogna agire ex art. 2932 c.c. .
Tale norma prevede per la parte adempiente il diritto di agire per ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto.
Il detto termine è un termine prescrizionale che può essere interrotto, facendolo rincominciare a decorrere per ulteriori 10 anni, così da rendere valido il contratto per un periodo più lungo.
Cosa accade se una parte non vuole adempiere?
La parte adempiente avrà due possibilità:
La prima è quella di agire, come detto ex art. 2932, la seconda invece è quella della c.d. "diffida ad adempiere" che consiste nell'inviare un invito all'altra parte a presentarsi in una certa data (non meno di 15 giorni) presso lo studio di un notaio, con l'avvertimento che in mancanza il contratto sarà da considerarsi risolto. Le conseguenze cui portano le due norme sono diverse, con la prima si ottiene lo stesso risultato voluto con il contratto, con la seconda questo si risolve.
Pubblico una sentenza recentissima sul "termine essenziale":
"In tema di contratto preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non costituisce normalmente un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittima la dichiarazione di scioglimento del contratto. Tale termine può ritenersi essenziale, ai sensi dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto (e, quindi, insindacabile in sede di legittimità se logicamente ed adeguatamente motivata in relazione a siffatti criteri), risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di considerare ormai perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine."
Cassazione civile , sez. II, 16 febbraio 2007, n. 3645
Tutti i contratti preliminari prevedono un termine entro il quale dovrà essere stipulato il contratto definitivo.
Tuttavia, questo termine, affichè possa provocare la risoluzione di diritto del contratto è necessario che venga espressamente indicato come "essenziale".
In mancanza, affinchè si possa procedere alla risoluzione dell'accordo è necessaria una pronuncia del giudice.
Spesso si sente dire che il contratto abbia validità di 10 anni, questo in realtà non è corretto perchè quello è il periodo entro il quale bisogna agire ex art. 2932 c.c. .
Tale norma prevede per la parte adempiente il diritto di agire per ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto.
Il detto termine è un termine prescrizionale che può essere interrotto, facendolo rincominciare a decorrere per ulteriori 10 anni, così da rendere valido il contratto per un periodo più lungo.
Cosa accade se una parte non vuole adempiere?
La parte adempiente avrà due possibilità:
La prima è quella di agire, come detto ex art. 2932, la seconda invece è quella della c.d. "diffida ad adempiere" che consiste nell'inviare un invito all'altra parte a presentarsi in una certa data (non meno di 15 giorni) presso lo studio di un notaio, con l'avvertimento che in mancanza il contratto sarà da considerarsi risolto. Le conseguenze cui portano le due norme sono diverse, con la prima si ottiene lo stesso risultato voluto con il contratto, con la seconda questo si risolve.
Pubblico una sentenza recentissima sul "termine essenziale":
"In tema di contratto preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non costituisce normalmente un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittima la dichiarazione di scioglimento del contratto. Tale termine può ritenersi essenziale, ai sensi dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto (e, quindi, insindacabile in sede di legittimità se logicamente ed adeguatamente motivata in relazione a siffatti criteri), risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di considerare ormai perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine."
Cassazione civile , sez. II, 16 febbraio 2007, n. 3645