Manlio

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Agente Immobiliare
Ho notato una frase scritta da Maurizio e per la medesima sono andato off - topic,mi scuso.

In merito al tema dell'argomento potrei dedurre che la clausula di eventuale risoluzione del preliminare possa ricondurre alla tacita condizione sospensiva,anche se non espressamente prevista.
 

Manlio

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
Forse questo può aiutare a capire la questione?

Ai sensi dell’art. 1325 c.c., quando contiene tutti i requisiti essenziali il negozio giuridico è valido ed efficace, cioè, idoneo a produrre effetti giuridici.
L’efficacia indica, infatti, proprio l’idoneità del negozio a produrre effetti costitutivi, modificativi ed estintivi di un determinato stato di diritto.
Il negozio, sebbene valido, può essere temporaneamente o definitivamente inefficace.
Se temporanea, l’inefficacia è subordinata al verificarsi di una condizione sospensiva o un termine iniziale; se definitiva, al contrario, dipende da una condizione risolutiva o un termine finale.
Condizione, sospensiva o risolutiva, e termine, iniziale o finale, sono denominati elementi accidentali del negozio, poiché l’apposizione di essi non è sempre necessaria e condiziona l’efficacia del negozio a prescindere dalla sua validità che, invece, dipende dalla rispondenza alle prescrizioni legali.
Va precisato, per completezza espositiva, che l’inefficacia provvisoria sospende gli effetti del contratto ma non ne esclude la vincolatività, che è la irrevocabile soggezione delle parti al rapporto contrattuale, a sua volta non implicante l’impegno di queste al fine della realizzazione del programma contrattuale: se, cioè, il contratto è provvisoriamente efficace ciascuna delle parti è tenuta, secondo buona fede, a conservare integre le ragioni dell’altra, ma non è tenuta ad eseguire il contratto.
L’inefficacia definitiva, per contro, non comporta né la vincolatività né l’obbligo di conservazione secondo buona fede.
Oltre alla condizione e al termine è elemento accidentale del negozio anche il modo: la condizione è una disposizione che fa dipendere l’efficacia di un negozio dal verificarsi di un evento futuro ed incerto, è sospensiva se sospende, appunto, l’efficacia del contratto, è risolutiva se ne produce la risoluzione; il termine è un evento futuro e certo, è finale o iniziale a seconda che il suo verificarsi impedisca al contratto di produrre ulteriori effetti giuridici oppure rinvii la loro produzione; il modo, infine, è una clausola che può essere apposta ai negozi a titolo gratuito e che obbliga il beneficiario a devolvere tutto o parte di quanto ricevuto per una specifica finalità.
Generalmente è sempre possibile che le parti convenzionalmente appongano elementi accidentali al contratto, salvo i casi in cui l’impossibilità è eventualmente imposta dalla legge oppure è incompatibile con la natura del rapporto.
In particolare, va precisata una distinzione fondamentale tra condizione sospensiva e termine iniziale dal momento che, mentre quest’ultimo rinvia l’esigibilità di un diritto ma non incide sulla titolarità di esso, la condizione sospensiva crea un’aspettativa di diritto, solo al verificarsi di essa, infatti, colui che ha acquistato il diritto potrà definirsi suo titolare, pur avendo la connessa possibilità di compiere, nel frattempo, atti conservativi di tale diritto.
Analizzando la condizione, va fatta qualche precisazione in riferimento all’evento futuro ed incerto che ne è oggetto.
L’evento dedotto in condizione, infatti, oltre ad essere incerto nell’an e nel quando del suo avveramento, dev’essere lecito e possibile, estraneo alla perfezione del contratto, non deve identificarsi nei suoi elementi costitutivi né deve riguardare la su esecuzione.
La condizione è legale se imposta dalla legge, è volontaria se le parti decidono di subordinare ad essa l’efficacia del contratto.
Inoltre, si avrà rispettivamente condizione positiva o negativa a seconda che sia dedotto in essa il verificarsi o il non prodursi di un evento.
La condizione è potestativa nel caso in cui l’evento futuro ed incerto, oggetto di essa, è costituito da un fatto volontario di una delle parti del negozio.
Questo tipo di condizione tutela l’interesse precipuo di una delle parti, che di conseguenza è posta in una posizione tale da ritenersi libera di portare ad esecuzione il contratto oppure astenersi dalla propria prestazione.
Sebbene il riconoscimento della libertà di ciascuna parte di subordinare l’efficacia del contratto alla propria attività rientri nel generale principio di autonomia contrattuale, va precisato che la parte può, in virtù di siffatto potere, decidere solo in ordine alla propria azione ma non in ordine all’esecuzione dell’intero contratto.
Se così fosse, si applicherebbe la cd. condizione meramente potestativa che, ai sensi dell’art. 1355 c.c. è nulla se fa dipendere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo dalla mera volontà dell’alienante o del debitore.
La differenza tra condizione potestativa e condizione meramente potestativa, sebbene venga spesso cercata rispettivamente nell’indifferenza o meno della parte in ordine al compimento o omissione di un certo atto, ovvero secondo altri nella serietà dei motivi da cui far dipendere la scelta dell’avveramento o meno della condizione, andrebbe meglio ritrovata nella meritevolezza dell’interesse da cui dipende tale avveramento.
La condizione meramente potestativa è quella il cui verificarsi dipende dalla semplice manifestazione di volontà di una delle parti che avrebbe, di conseguenza, nel momento il cui la legge ne ammettesse la validità, potere decisionale diretto sull’efficacia del contratto.
La condizione potestativa, valida per la legge, è quel fatto sì volontario da cui dipende l’efficacia del contratto, ma anche completamente estraneo ed indipendente da quest’ultimo: è, più precisamente, il fatto della parte cui è sotteso un interesse giuridicamente rilevante del tutto distinto dall’interesse alla conclusione del contratto.
Al momento dell’avveramento o meno del fatto dedotto in condizione, a seconda che essa sia positiva o negativa, si produce automaticamente l’effetto prestabilito, e cioè la definitiva efficacia o inefficacia del negozio condizionato.
Le parti possono generalmente rinunciare alla condizione in base ad un accordo.
Vi è, però, secondo la giurisprudenza, un caso in cui una parte può rinunciare alla condizione apposta nel suo esclusivo interesse, senza pattuizione espressa, anche in maniera tacita, dandone pur sempre comunicazione all’altra parte: è questo il caso della condizione cd. unilaterale, in virtù della quale viene riconosciuta alla parte piena disponibilità di una clausola posta a suo esclusivo favore.
Con la rinuncia non viene escluso l’effetto automatico della efficacia o inefficacia del contratto che dipende dall’avveramento della condizione, ma semplicemente si dà alla parte, nel cui esclusivo interesse è stata apposta, la facoltà di rinunciare alle conseguenze dell’efficacia o inefficacia suddetta.
In sostanza, secondo parte della dottrina, il potere di rinuncia sarebbe stato previsto per permettere ad una delle parti di rimuovere, in caso di condizione unilaterale sospensiva, la condizione, appunto, di inefficacia per far sì che il contratto produca a suo favore l’effetto tipico.
A tale proposito, si è discusso sulla possibilità di effettuare la rinunzia alla condizione unilaterale solo in pendenza di essa ovvero anche dopo il suo avveramento.
Dunque, la giurisprudenza ritiene che il potere di rinuncia abbia carattere generale e che, quindi sia esercitabile sempre.
Gran parte della dottrina, d’altro canto, ha aderito alla prima soluzione sulla considerazione che, se si ammettesse la rinunzia dopo l’avverarsi della condizione le si riconoscerebbe la possibilità di produrre gli effetti della rinnovazione unilaterale del contratto, ex nunc.
Invece, la rinunzia in pendenza di condizione, ad esempio sospensiva, secondo quella stessa dottrina, va considerata e opera come fatto potestativo che, in alternativa a quello casuale dedotto in condizione, fa avverare la condizione con efficacia retroattiva, ex tunc, riconoscendo efficacia al contratto dal momento della sua stipulazione.
La dottrina qualifica, così, la rinuncia come revoca della clausola condizionale che, come tutti gli atti di revoca, ha efficacia ex tunc e consente al contratto di produrre effetti ab origine.
Si è obiettato, allora, che dopo la conclusione del contratto le clausole ad esso apposte possono essere modificate o revocate solo su accordo delle parti, di conseguenza, riconoscere la possibilità di una revoca unilaterale sarebbe contrario a tale prescrizione legislativa.
La replica della dottrina ha avuto come fondamento l’osservazione, elevata poi al rango di principio generale, secondo cui se una clausola è posta nell’interesse esclusivo di una parte, il potere dispositivo in ordine ad essa va riconosciuto proprio nell’esclusivo interesse della stessa.
Infine, va accennato ad un altro aspetto peculiare della condizione unilaterale, che riguarda il caso in cui essa venga apposta ad un contratto traslativo di effetti immobiliari.
Si sostiene, in tal caso, che la rinunzia a tale condizione non vada effettuata per iscritto poiché basta, ai fini della sua efficacia, che essa risulti da comportamenti incompatibili con la volontà di avvalersene.
 

noelferra

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
Semplicita' massima, nel tuo preliminare era pprevista la risoluzione qualora non si potesse ottenere etc.
Il contratto si e' risolto e il promittente venditore e' stato indennizzato come nel contratto era previsto, per tale risoluzione.
Non ho capito dove hai scritto che sarebbe stata restituita la provviggione?
Per tanto il contratto che tu hai fatto sottoscrivere e' stato concluso (la proposta, o il preliminare) la stipula o il perfezionamento dei successivi atti non rientrano nelle tue competenze.
Ciao
Noel
 

Massimo Brancaleoni

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
Il mio parere è questo: è un tipico caso di contratto sottoposto a condizione risolutiva che non fà venir meno il diritto alla provvigione al mediatore.
Se ho capito qualcosa di diritto privato dovrebbe essere così..............
Accetto critiche o correzioni.....................
Saluti a tutti Max...........
 

roberto.spalti

Membro Senior
Agente Immobiliare
La condizione era epressamente risolutiva in quanto il bene era liberamente commerciabile e recuperabile al momento della sottoscrizione del preliminare, regolarmente registrato.
In seguito si sono verificati fatti che hanno impedito l'avverarsi della condizione che io, per proteggere l'acquirente dal pagare 50.000 € per un campo di patate avevo posto a sua tutela (dalle mie parti per arrivare al Permesso di Costruire occorre circa 1 anno e quindi per evitare possibili imprevisti cerco di tutelare un minimo l'acquirente).
era meglio se non mettevo clausole, incassavo e il venditore si teneva i soldi :rabbia:
 

noelferra

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
A me pare Roberto che tu abbia fatto tutto e di piu' di quanto dovuto, pertanto sii sereno e tranquillo.
Se ti citeranno risponderai, ma serenamente ed in pace con te stesso e col tuo operato.
Noel
 

noelferra

Nuovo Iscritto
Agente Immobiliare
Uhm convincere un legale?
Compito difficile Roberto, io li lascerei cuocere nel loro brodo.
Che ti girino vedi un po' che cosi'ì mom sia, ti capisco , ma dai siamo solidali.No0n sei iscritto alla FIAIP per caso?
Hanno la tutela legale per queste cose.
Anche se.......
Dai vai vedi e VINCI.
Noel
 

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