E' una questione molto importante, ma la risposta vera non c'è.
La durata dipende da vari fattori, tra cui la qualità del materiale usato, la tecnica di costruzione, e i fattori ambientali, oltre che la manutenzione.
La qualità del cemento influenza la durata: un cemento con sabbia marina è soggetto ad una significativa degradazione chimica per la presenza di sale, degradazione che può portare anche al dimezzamento della vita media - alcuni danni da terremoto, con il collasso dell'edificio durante il terremoto stesso o nelle ore successive, sono state dovute più alla qualità del cemento che alle tecniche di costruzione "antiche".
Idem se il sale è contenuto nell'aria - ad esempio, costruzioni in prossimità del mare, in quanto portato in aereosol dal vento.
In questi casi la durata può essere di 40 anni, o meno in caso di terremoto.
Viceversa, l'uso di un "buon" cemento e in presenza di un clima asciutto, la durata può essere superiore ai 100 anni, sempre in presenza di corretta manutenzione.
Sto parlando di civili abitazioni, non di infrastrutture critiche, che seguono regole diverse.
Nel mio lavoro uso una regola "ad occhio": 80-120 anni, a seconda dei vari fattori. Se i fattori sono non noti (o se serve un calcolo medio) uso una degradazione dell'1% annuo (quindi come se la durata fosse 100 anni).
Nei casi peggiori, considero 40-80 anni.
Di fatto la stima reale è possibile solo in casi specifici, facendo un test sulla qualità del cemento, dello stato di manutenzione etc.
Questi che sto indicando sono valori sulla carta, che hanno senso su un grande numero di abitazioni.
Anche se mi chiedo... quando in una metropoli un determinato quartiere raggiungerà una certa percentuale di "vita utile", il che significherà che statisticamente (il 5%? 10%?) dei palazzi inizieranno a mostrare segni inequivocabili di degradazione... saremo pronti ad affrontare la situazione? Domanda accademica... non voglio la risposta