Il punto di partenza è sempre lo stesso: la legge n°431/1998 e il DM 30 dicembre 2002. Né l’una né l’altro impongono per i contratti transitori art. 5, comma 1, legge citata l’obbligo della residenza per il conduttore. Il contratto transitorio non determina la residenza. Con o senza la residenza il contratto è valido e la validità del contratto non dipende dalla residenza, ma dai presupposti specifici posti a fondamento della sua stipula.
L’unico vincolo può essere posto dagli accordi locali (che vanno sempre attentamente vagliati). Ad esempio l’accordo territoriale per il Comune di Modena prevede – per i soli contratti transitori – che il conduttore possa avere la residenza nel Comune di Modena e Comuni limitrofi per qualsiasi esigenza specifica collegata ad un evento certo, a data prefissata (ad es. esecuzione di lavori che rendono temporaneamente inutilizzabile la sua abitazione), con l’esclusione, però, delle seguenti quattro fattispecie:
a) contratto di lavoro a termine;
b) previsione di trasferimento per ragioni di lavoro;
c) trasferimento temporaneo della sede di lavoro;
d) necessità di cure e di assistenza per sé o a famigliari in un luogo diverso dalla propria residenza.
Il tema della residenza del conduttore, in realtà, si riferisce:
PER IL LOCATORE: possibilità o meno di fruire di benefici fiscali eventualmente stabiliti dall’amministrazione comunale a fini IMU che possono richiedere la residenza del conduttore (aliquota ridotta).
PER IL CONDUTTORE: possibilità di detrazioni fiscali IRPEF, legate alla locazione, che possono richiedere il possesso della residenza anagrafica (trasferimento residenza lavoratori dipendenti: art. 16, comma 1-bis TUIR).