Salve a tutti. Ho ricevuto un decreto ingiuntivo depositato da un' agente che era riuscito con pratiche, a mio giudizio, molto scorrette a farmi firmare una proposta. Cerco di riassumere i punti essenziali:
-La tecnica commerciale è stata quantomeno "border-line": "domani parto in treno per recapitare una proposta al proprietario, se in mattinata passa in agenzia avviso il mio collaboratore che prenderà la sua proposta
-Il giorno seguente mi chiama dicendo che si trova in treno, me lo scrive anche su whatsapp, poi si rende forse conto dell'errore e me lo scrive tramite sms.
Io vado percepisco che qualcosa non va dal comportamento di tutti i presenti ma essendo interessato in via generale all'immobile decido di rendere pan per focaccia, compilo un assegno in maniera errata (non scrivo l'importo in lettere), confido nell'inesperienza del giovane e ritiro la proposta che viene siglata dal collaboratore che immagino non avere nessun valore.
-Approfondita la situazione (immobile appartenuto ad un ente dentro un comprensorio in cui i proprietari sono una piccola minoranza, con tutto quello che ne consegue) decido di non staccare un nuovo assegno come richiesto dall'agente in seguito all'accettazione.
-Prima di mettermi l'anima in pace, vado dal proprietario e mi faccio confermare che quel giorno il titolare si trovava da lui a 400 km di distanza.
Ora che ricevo il decreto ingiuntivo vado a riprendere i fogli e vedo che la sigla sull'accettazione dell'assegno potrebbe essere a nome del proprietario, la proposta al momento della consegna è stata sostituita da una fotocopia in cui la firma del titolare non compare (lo so sono stato superficiale). Ora arrivo a pensare che mi abbia mentito sia lui (e collaboratori) che il proprietario e magari forse il titolare era presente in sede, visto che il ragazzo si è allontanato più volte per prendere i moduli.
In conclusione, al netto delle colpe che possono essere mie, secondo voi un sedicente "professionista" può chiedere una somma superiore ai 10mila euro per una trattativa condotta in questo modo?
Da un punto di vista strettamente legale: o non era presente o ha fatto finta di non esserlo e lo dimostrano conversazioni whatsapp e sms inviatomi da lui e da una sua collaboratrice che io conservo tuttora (nonostante lui forse immaginasse di no!).
Da un punto di vista deontologico lascio giudicare voi: "sto portando una proposta firmata al proprietario";"sono in treno"; più le informazioni relative ai problemi di gestione ordinaria dell'immobile che ho dovuto reperire per conto mio.
Tengo a precisare che ho già fissato un appuntamento con un legale, tuttavia ci terrei a sentire il giudizio di chi fa parte del settore, gran parte dei quali spero con un approccio differente.
-La tecnica commerciale è stata quantomeno "border-line": "domani parto in treno per recapitare una proposta al proprietario, se in mattinata passa in agenzia avviso il mio collaboratore che prenderà la sua proposta
-Il giorno seguente mi chiama dicendo che si trova in treno, me lo scrive anche su whatsapp, poi si rende forse conto dell'errore e me lo scrive tramite sms.
Io vado percepisco che qualcosa non va dal comportamento di tutti i presenti ma essendo interessato in via generale all'immobile decido di rendere pan per focaccia, compilo un assegno in maniera errata (non scrivo l'importo in lettere), confido nell'inesperienza del giovane e ritiro la proposta che viene siglata dal collaboratore che immagino non avere nessun valore.
-Approfondita la situazione (immobile appartenuto ad un ente dentro un comprensorio in cui i proprietari sono una piccola minoranza, con tutto quello che ne consegue) decido di non staccare un nuovo assegno come richiesto dall'agente in seguito all'accettazione.
-Prima di mettermi l'anima in pace, vado dal proprietario e mi faccio confermare che quel giorno il titolare si trovava da lui a 400 km di distanza.
Ora che ricevo il decreto ingiuntivo vado a riprendere i fogli e vedo che la sigla sull'accettazione dell'assegno potrebbe essere a nome del proprietario, la proposta al momento della consegna è stata sostituita da una fotocopia in cui la firma del titolare non compare (lo so sono stato superficiale). Ora arrivo a pensare che mi abbia mentito sia lui (e collaboratori) che il proprietario e magari forse il titolare era presente in sede, visto che il ragazzo si è allontanato più volte per prendere i moduli.
In conclusione, al netto delle colpe che possono essere mie, secondo voi un sedicente "professionista" può chiedere una somma superiore ai 10mila euro per una trattativa condotta in questo modo?
Da un punto di vista strettamente legale: o non era presente o ha fatto finta di non esserlo e lo dimostrano conversazioni whatsapp e sms inviatomi da lui e da una sua collaboratrice che io conservo tuttora (nonostante lui forse immaginasse di no!).
Da un punto di vista deontologico lascio giudicare voi: "sto portando una proposta firmata al proprietario";"sono in treno"; più le informazioni relative ai problemi di gestione ordinaria dell'immobile che ho dovuto reperire per conto mio.
Tengo a precisare che ho già fissato un appuntamento con un legale, tuttavia ci terrei a sentire il giudizio di chi fa parte del settore, gran parte dei quali spero con un approccio differente.