Questo non vale , per l'acquisto tramite aste immobiliari, nonostante la recente riforma che prevede l’intervento dei notai, in quanto l'obbligo è per tutte le spese insolute anche se superiori ai due anni.
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anche nell'acquisto in asta, vale l'art 63 d.a.c.c.
l'anno condominiale non è necessariamente l'anno solare e non scade necessariamente a giugno o settembre
io ho scadenze ogni mese dell'anno
IL TRATTAMENTO DEL CREDITO CONDOMINIALE
Il fallimento del condomino pone sempre il condominio nella non piacevole prospettiva di una definitiva perdita di contributi condominiali o, nella migliore delle ipotesi, in quella di una parziale e ritardata riscossione. Difficile ipotizzare che il condominio riceva pagamenti dal curatore fallimentare con tempi tali da evitare la costituzione di un fondo speciale, destinato a sopperire il deficit d'entrate cagionato dal fallimento. E' noto come i condomini a volte fatichino ad accettare di pagare spese che pacificamente competono loro. Veramente arduo persuaderli di doversi far carico di contributi d'altri divenuti insolventi. Da qui ad accusare l'amministratore di colpevole inerzia per non avere agito tempestivamente contro il condomino quando ancora in bonis (ovvero prima del fallimento) il passo è breve. Va detto all'amministratore che, effettivamente, è bene considerare la circostanza (avente poche eccezioni) della sostanziale irrecuperabilità del debito maturato dal fallito prima del fallimento. E che pertanto è buona norma, allorquando il condomino sia soggetto passibile di fallimento, che l'amministratore non sottovaluti la sua posizione debitoria, attivandosi per il recupero del credito non appena fuoriesca dalla normale tollerabilità. Salvo poi trovarsi nell'imbarazzo di dover giustificare all'assemblea ampie aree di morosità insanabili. Il prosieguo di queste brevi note renderà meglio il senso della sollecitazione. Ma quale trattamento riceve il condominio dal fallimento?
I CREDITI CONDOMINIALI MATURATI PRIMA DEL FALLIMENTO
Le quote condominiali non sono assistite da alcun privilegio e di ciò tutti i commentatori del diritto fallimentare hanno dovuto dare atto. Nessuna delle previsioni normative volte a conferire una particolare preferenza a specifiche categorie di crediti si presta infatti a contenere anche i crediti che maturano in esito alle attività di gestione dei beni comuni portata avanti dal condominio e dal suo amministratore. A chi ha tentato di allargare al condominio il privilegio spettante ai crediti discendenti dalla locazione, ha risposto il Tribunale di Milano con sentenza del 22\5\1995 (Pres. Blumetti- Est. Fabiani - Cond. Di via Balzac 3 c. Fall. Carzaniga Aldo): "I crediti per spese condominiali non sono assistiti dal privilegio di cui all'art. 2764 codice civile che riguarda esclusivamente il credito relativo ai canoni di locazione". Eguale fermo diniego ha ricevuto la richiesta di applicazione del privilegio ex art. 2770 Cod. Civ., destinato sì agli atti conservativi ma solo di tipo giudiziario (sequestri, provvedimenti d'urgenza etc.). Chiaro al proposito Trib. Milano 27\7\1995. Nemmeno il privilegio per i crediti relativi a spese di conservazione e di esproprio ex art. 2756 Cod. Civ. è stato ritenuto pertinente, riguardando solo i beni mobili (e difettando d'un corrispondente sul versante immobiliare). Preciso in termini Trib. Milano 23\7\1992 - Pres. Meli - Est. Perotti - Cond. Verdemare c. Fall. Stibilini Luciano: "Il credito per prestazioni e spese relative alla conservazione ed al miglioramento degli immobili non è assistito da alcun privilegio". Insomma chi abbia l'aspirazione di elevare il credito per contributi condominiali ante fallimento dal suo naturale status di credito chirografario, dovrà purtroppo rassegnarsi. Interessante per chi voglia allargare le sue conoscenze in materia anche Trib. Milano 27\7\1995 - Pres. Meli - Est. Cristiano - Cond. Di viale S. Gemignano 13\A Milano c. Fall. Grasso Leandro secondo cui: "La circostanza che il fallito sia comproprietario di un immobile con il coniuge non impedisce al condominio di insinuarsi ed essere ammesso al passivo del fallimento per l'intero credito vantato, ai sensi dell'art. 61 legge fallimentare".
I CREDITI CONDOMINIALI MATURATI DOPO DEL FALLIMENTO
Diametralmente diverso il trattamento dei crediti maturati dopo il fallimento, che invece passano in prima posizione assoluta. La legge fallimentare (R.D. 16\3\1942 n. 267) così prevede l'ordine di ripartizione dell'attivo fallimentare all'art. 111: 1) al primo posto vengono le spese cosiddette prededucibili. L'art. 111 L.F. si esprime cos“: "Le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate nel seguente modo: 1) per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate dall'erario e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se questo è stato autorizzato". 2) Al secondo posto vengono i creditori privilegiati 3) Al terzo ed ultimo posto vengono i creditori chirografari (novero cui appartengono i crediti condominiali maturati anteriormente al fallimento). Ebbene, le spese condominiali maturate dopo il fallimento vengono ricondotte alla categoria di cui all'art. 111, n. 1), L.F. Esse pertanto beneficiano di quel particolare meccanismo satisfattorio che va sotto il nome di "prededuzione" consistente nel fatto che le somme destinate alla soddisfazione dei crediti di cui trattasi vanno prelevate o dedotte dal ricavato complessivo della liquidazione dell'attivo prima che abbia a procedersi alla relativa ripartizione, per essere immediatamente erogate non appena quei crediti siano pervenuti a scadenza. In definitiva significa che le spese condominiali maturate dopo il fallimento vengono pagate prima di ogni altro debito del fallimento. Il concetto era già stato espresso sommariamente da Trib. Milano 10\10\1991 - Pres. e Est. Meli - Cond. Via Crespi 16 c. Fall. Accardi Gaspare: "I crediti per spese condominiali maturati prima della dichiarazione di fallimento del condominio , sono di natura concorsuale e vanno soddisfatti nelle forme e nei modi previsti dalla procedura; viceversa, sono di natura prededucibile le spese condominiali maturate nel corso del fallimento del soggetto obbligato".
I CREDITI CONDOMINIALI MATURATI DOPO IL FALLIMENTO QUANDO GLI IMMOBILI SONO OCCUPATI DAI PROMISSARI ACQUIRENTI
Sul tema si segnala al lettore la recentissima sentenza del Tribunale di Varese, in composizione collegiale, n. 588 del 9\7\2001, depositata il 12\7\12001, che decide una controversia tra un Condominio ed una Liquidazione Coatta Amministrativa (è la procedura concorsuale destinata alle cooperative edilizie a responsabilità limitata. In essa la figura del curatore fallimentare e' sostituita dal quella del commissario giudiziale). I principi espressi e qui riportati valgono anche per i rapporti fra Fallimento e Condominio. La sentenza 588\2001 del Tribunale di Varese (Presidente Mancini - Est. Lualdi) coglie e risolve una problematica frequentissima nell'ambito del rapporto Condominio\Fallimento. Si tratta del fallimento dell'impresa costruttrice prima della stipulazione degli atti di compravendita (cd. rogiti), ma dopo l'immissione nella detenzione dell'immobile dei promissari acquirenti. Nel caso suddetto l'amministratore si trova di fronte ad una compagine condominiale formata da proprietari (coloro i quali abbiano già stipulato gli atti d'acquisto) e da semplici abitanti non titolati (per non avere ancora stipulato formalmente il rogito di acquisto o l'atto di assegnazione, se il costruttore sia una cooperativa). E' evidente che in una situazione siffatta l'unico interlocutore del condominio è il proprietario e, se il titolare è assoggettato alle cosiddette procedure concorsuali volte alla liquidazione del patrimonio del debitore, la procedura fallimentare o la liquidazione coatta amministrativa (nel caso di cooperativa edilizia). Nella fattispecie veniva contestato da parte della liquidazione coatta amministrativa che le spese condominiali dovessero essere pagate col beneficio della prededuzione o, quantomeno, che tale beneficio non potesse estendersi a tutte le spese condominiali, ma solamente a quelle effettivamente destinate alla conservazione del bene (quindi con esclusione delle spese ordinarie). Il Tribunale di Varese così ha deciso: "La circostanza che i medesimi immobili siano occupati sine titulo (...) è circostanza che ovviamente non rileva al fine del presente giudizio. (...) Non vi è dubbio inoltre che le spese condominiali di natura ordinaria e straordinaria riconducibili a beni immobili di proprieta' della S.c.r.l. [omissis] siano oggetto di prededuzione ai sensi dell'art. 111 L. Fall. così come richiamato dall'art. 212 L. Fall. Se è pur vero che una lettura rigorosa della formula "...debiti contratti per l'amministrazione del fallimento ..." di cui al medesimo art. 111 L. Fall. condurrebbe ad una delimitazione della prededuzione alle sole obbligazioni nascenti dalla attività negoziale esplicata dal Commissario per l'amministrazione della massa attiva, con conseguente esclusione delle spese di cui si tratta, tale impostazione appare particolarmente penalizzante per una serie di debiti esprimenti passività di beni acquisiti alla massa della procedura concorsuale. Le predette passività, che ineriscono ad un bene - acquisto dalla procedura- per il solo fatto della sua esistenza e che pertanto non sono direttamente assunte dal commissario nè tantomeno autorizzate dagli organi della procedura, non potrebbero infatti trovare soddisfazione in prededuzione e non potrebbero ovviamente far parte del concorso per assenza di uno dei presuppposti fondamentali per la partecipazione al concorso e cioè la loro insorgenza anteriormente alla apertura della procedura concorsuale medesima. Da qui la ricostruzione giurisprudenziale, assolutamente condivisibile da parte del Collegio, di una distinta sottocategoria di debiti della massa da contrassegnarsi alla stregua di debiti dell'amministrazione fallimentare in senso lato, in quanto legati in maniera pi o meno automatica ed immediata alle attività ed alle operazioni immobiliari poste in essere dagli organi della procedura indipendentemente da una loro esplicita assunzione. Le spese condominiali necessarie per la mantenere la funzionalità, la gestione, la manutenzione delle eventuali porzioni immobiliari acquisite dalla procedura rientrano indubbiamente in tale categoria di spese da porsi conseguentemente in prededuzione". La pronunzia varesina specifica principi (piu' in generale) sostenuti dall'unica sentenza di legittimità nota in argomento. Cass. Civ., Sez. I, 20\8\1997 n. 7756 (Pres. Nardi, Est. Criscuolo, Cariplo c. Fall. Dilda Ivana e Cappelletti Severino s.d.f.) non scende nello specifico della distinzione fra vari tipi di spese condominiali, ma respinge la richiesta della CARIPLO di postporre, nella ripartizione del ricavato della vendita di un immobile del fallito, le spese condominiali al proprio credito ipotecario. Secondo la Corte l'immobile facente parte di un condominio, ancorchè compreso in una procedura fallimentare, rimane partecipe dell'ente di gestione. Pertanto le spese condominiali ad esso inerenti si traducono in somme erogate per l'amministrazione del fallimento e come tali prededucibili ex art. 111 L.F. Prosegue la Corte confutando le argomentazioni avverse: "La CARIPLO afferma il contrario senza però addurre al riguardo alcun argomento persuasivo. Tale non e', certamente, la considerazione che, nell'esecuzione individuale, l'intervento per tali creditori avviene in via chirografaria, dovendosi replicare che il principio previsto dal citato articolo 111 legge fallimentare è specifico della procedura concorsuale, onde non vale a contrastarlo il ben diverso sistema dell'esecuzione individuale.".
I CREDITI CONDOMINIALI MATURATI DOPO IL FALLIMENTO QUANDO GLI IMMOBILI SONO OCCUPATI DAL FALLITO
L'art. 47 L.F. prevede che, qualora al fallito manchino i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, possa concedere un sussidio a titolo di alimenti a lui ed alla famiglia. Pertanto la concessione di un sussidio alimentare non costituisce un diritto del fallito, ma e' strutturato come potere discrezionale attribuito al giudice fallimentare. Sempre il già detto art. 47 attribuisce invece al fallito il diritto soggettivo di abitare, con la famiglia, la casa di sua proprietà sino alla liquidazione dell'attivo. Qualora ciò capiti, si pone il problema del rapporto fra condominio, persona fallita e fallimento. Va subito detto che sul punto non vi sono certezze. Si contendono il campo due opposti convincimenti. Da un lato, chi sostiene che al pagamento degli oneri condominiali sia tenuto il fallito che occupi l'immobile, dovendo all'uopo mettere a disposizione del condominio il sussidio concesso eventualmente dal fallimento. Ciò poichè detto sussidio attiene alla sopravvivenza della persona e quindi al vitto, ma altresì all'altrettanto imprescindibile alloggio. Gli stessi sostenitori della tesi testè riferita, aggiungono che: - il condominio possa aggredire i beni del fallito non compresi nel fallimento. Si tratta dei beni elencati nell'art. 46 L.F. (i beni di natura strettamente personale, gli assegni alimentari, le pensioni, ciò che il fallito guadagna nella misura strettamente necessaria al mantenimento di sè e della famiglia, i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i frutti dei beni costituiti in patrimonio familiare, i frutti dei beni costituiti in dote, i beni che non possono essere pignorati per disposizione di legge); - che legittimati passivi all'azione di recupero delle spese condominiali di competenza del fallito siano anche i familiari con lui conviventi nella casa di cui al II comma dell'art 47 L.F. Dall'altro lato si schierano coloro i quali sostengono l'inespropriabilità assoluta dell'assegno alimentare ex art. 47, I comma, L.F., stante il disposto dell'art. 545 CPC, quanto l'esonero dall'aggressione condominiale dei beni elencati dall'art. 46 L.F. (questa volta per contrasto con gli artt. 514 e 545 CPC). Quanto invece alla sussistenza in capo ai familiari conviventi di un'obbligazione nei confronti del condominio in ordine alle spese condominiali, viene sollevato il totem della esclusività del rapporto condominio\condomino, sconoscendo il primo altri interlocutori. I contraddittori delle superiori tesi obiettano quindi che il condominio può pretendere il pagamento delle spese condominiali solo da chi sia proprietario. Ed invero la natura di obbligazioni propter rem delle spese condominiali lascia poco spazio a diverse considerazioni. In definitiva la via più sicura per l'amministratore è sempre quella di bussare alla porta del curatore fallimentare, tenuto al pagamento in prededuzione degli oneri condominiali successivi alla data del fallimento, lasciando a lui la preoccupazione di rivalersi eventualmente sul fallito che sia stato beneficiato ex art. 47 L.F. Ma poichè il condominio è materia di poche certezze, non manca la suspance anche su questo argomento. Difatti il Tribunale di Roma, con due pronunzie dello stesso Giudice Delegato, nel 1999 ha stabilito che: 1) "Le spese inerenti al godimento dell'immobile, adibito a casa del fallito, compresi gli oneri condominiali relativi alla gestione ordinaria ed ai servizi comuni, per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento, sino a quando l'immobile e' da lui abitato, non rientrano tra i debiti contratti per l'amministrazione della procedura e non devono, perciò, soddisfarsi in prededuzione ma rimangono ad esclusivo carico del fallito" (Tribunale di Roma, 16\6\1999, decr. Giud. Del. Norelli, - Cond. Di San Giovanni Bosco c. Fall. Basconi Mario) 2)Le spese inerenti al godimento di un immobile da parte del fallito, compresi gli oneri relativi alla gestione ordinaria per il periodo successivo al fallimento, non rientrano fra i debiti contratti per l'amministrazione del fallimento, ma rimangono ad esclusivo carico del fallito medesimo sino a quando l'immobile è da lui effettivamente abitato. Viceversa gli oneri relativi alle spese di gestione straordinaria di tale immobile sono a carico della massa e vanno soddisfatti in prededuzione, ai sensi dell'art. 111 legge fallimentare." (Tribunale di Roma, 11\1\1999, decr. Giud. Del. Norelli, - Cond. Via Francesco Catel c. Fall. Botticelli Domenico). E' del tutto chiaro che i principi testè esposti non inficiano minimamente quelli espressi da Trib. Varese 9\7\2001 n. 588, giacchè riguardanti il diverso caso di immobile occupato dal fallito, laddove nella sentenza varesina l'immobile della procedura era occupato dai promissari acquirenti.
I TEMPI DI PAGAMENTO
Per chi operi quotidianamente nell'ambito condominiale non è raro raccogliere le lamentele di amministratori e condomini in ordine ai tempi esageratamente dilatati delle procedure concorsuali. Per gli addetti ai lavori è ormai di valenza dogmatica il precetto che appartenga alla fisiologia e non alla patologia la durata pluriennale delle procedure concorsuali. Pertanto è bene che anche il condominio si rassegni all'incontrovertibilità dell'assunto (quantomeno sintanto che non venga modificata la legge fallimentare). Il che si riflette inevitabilmente sui tempi di pagamento dei contributi condominiali da parte dei fallimenti. L'unica certezza che si può dare è che il curatore o il commissario giudiziale ha il dovere di corrispondere al condominio le spese condominiali prededucibili (ovvero maturate durante il fallimento) non appena abbia fondi in cassa: "Nel fallimento non è configurabile una mora colpevole nel soddisfacimento dei crediti prededucibili in considerazione dei tempi e delle modalita' applicabili nella ripartizione dell'attivo realizzato dalla procedura, salvo il caso in cui l'esistenza di tali crediti sia incontestata e ciò nonostante non siano soddisfatti, pur in presenza di disponibilità liquide da parte del curatore.". (Trib. Milano 6\5\1999 - Pres. Peschiera - Est. Blumetti - Cond. "Il Sole" di Genova Pegli c. Fall. S.r.l. Impresa Installazioni Elettriche).
Fausto Moscatelli