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L’Articolo 1754 del codice civile afferma che “È mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.
Il mediatore è colui che mette in relazione le parti per promuovere la conclusione di un affare.
Quando tra le parti si sia creato un vincolo giuridico tale da permettere a ciascuna di esse di ottenere giudizialmente il soddisfacimento dell’interesse ad essa riferibile, nasce il diritto alla provvigione stabilito dall’articolo 1755 c.c..
Affinchè tale diritto sorga, non è necessario che il mediatore segua tutte le fasi della trattativa, essendo sufficiente che esso abbia provocato l’incontro della volontà delle parti e, vi sia un nesso causale tra la conclusione dell’affare e l’attività da esso svolta.
Sul punto la Cassazione ha affermato che: In tema di mediazione, per aversi diritto alla provvigione non basta che l’affare sia stato concluso, ma, in forza dell’art. 1755 cod. civ., occorre che la conclusione sia avvenuta per effetto dell’intervento del mediatore. L’accertamento sull’esistenza del rapporto di causalità tra la conclusione dell’affare e l’attività svolta dal mediatore si riduce ad una questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in Cassazione, se informato ad esatti criteri logici e di diritto. (Cass. Sez. III, sent. n. 15880 del 06-07-2010)
Quando è un unico mediatore ad agire, nulla quaestio, in quanto, in presenza di tutti i requisiti, alla conclusione dell’affare esso avrà diritto a pretendere il proprio compenso!
Molto spesso, però, accade che uno stesso soggetto conferisca l’incarico di vendere a più agenzie e, quindi, che uno stesso potenziale acquirente si rivolga a più mediatori, che gli propongono il medesimo immobile.
Supponiamo, altresì, che una prima trattativa intrapresa da un’agenzia si sia interrotta e riprenda a distanza di tempo, magari con l’intervento di un altro mediatore che riesca a far concludere l’affare tra le parti; in tale caso ci si trova di fronte ad una pluralità di mediatori o, dinanzi a molteplici tentate mediazioni, delle quali solo una andata a buon fine?
Nella fattispecie a chi spetta la provvigione?
L’articolo 1758 prevede che: “Se l’affare è concluso per l’intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota della provvigione”
Quando questa norma è applicabile, ossia, quando l’attività svolta da più mediatori, consente loro di aver diritto ad una quota della provvigione?
La Cassazione con una precedente pronuncia ebbe a chiarire cosa dovesse intendersi per pluralità di mediatori affermando che il diritto alla divisione della provvigione tra più soggetti che abbiano mediato sorge, a norma dell’art. 1758 cod. civ., soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, alla conclusione dell’affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo. (Sez. II, sent. n. 8443 del 21-06-2000).
Laddove, invece, la conclusione dell’affare sia avvenuta per effetto dell’intervento di una sola delle agenzie che hanno proposto l’immobile in vendita, il nesso di causalità potrà ravvisarsi solo in favore di questa e, pertanto, esclusivamente ad essa sarà dovuta la provvigione.
Questo è quanto stabilito dalla Cassazione in una sentenza del 2010, secondo la quale: “ Il diritto alla divisione della provvigione tra più mediatori sorge, a norma dell’art. 1758 cod. civ., soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, alla conclusione dell’affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo; non sussiste, invece, il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell’affare per effetto d’iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l’utilità dell’originario intervento del mediatore. (Sez. III, sent. n. 16157 del 08-07-22010)
Avv. Massimo Chimienti.
L’Articolo 1754 del codice civile afferma che “È mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.
Il mediatore è colui che mette in relazione le parti per promuovere la conclusione di un affare.
Quando tra le parti si sia creato un vincolo giuridico tale da permettere a ciascuna di esse di ottenere giudizialmente il soddisfacimento dell’interesse ad essa riferibile, nasce il diritto alla provvigione stabilito dall’articolo 1755 c.c..
Affinchè tale diritto sorga, non è necessario che il mediatore segua tutte le fasi della trattativa, essendo sufficiente che esso abbia provocato l’incontro della volontà delle parti e, vi sia un nesso causale tra la conclusione dell’affare e l’attività da esso svolta.
Sul punto la Cassazione ha affermato che: In tema di mediazione, per aversi diritto alla provvigione non basta che l’affare sia stato concluso, ma, in forza dell’art. 1755 cod. civ., occorre che la conclusione sia avvenuta per effetto dell’intervento del mediatore. L’accertamento sull’esistenza del rapporto di causalità tra la conclusione dell’affare e l’attività svolta dal mediatore si riduce ad una questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in Cassazione, se informato ad esatti criteri logici e di diritto. (Cass. Sez. III, sent. n. 15880 del 06-07-2010)
Quando è un unico mediatore ad agire, nulla quaestio, in quanto, in presenza di tutti i requisiti, alla conclusione dell’affare esso avrà diritto a pretendere il proprio compenso!
Molto spesso, però, accade che uno stesso soggetto conferisca l’incarico di vendere a più agenzie e, quindi, che uno stesso potenziale acquirente si rivolga a più mediatori, che gli propongono il medesimo immobile.
Supponiamo, altresì, che una prima trattativa intrapresa da un’agenzia si sia interrotta e riprenda a distanza di tempo, magari con l’intervento di un altro mediatore che riesca a far concludere l’affare tra le parti; in tale caso ci si trova di fronte ad una pluralità di mediatori o, dinanzi a molteplici tentate mediazioni, delle quali solo una andata a buon fine?
Nella fattispecie a chi spetta la provvigione?
L’articolo 1758 prevede che: “Se l’affare è concluso per l’intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota della provvigione”
Quando questa norma è applicabile, ossia, quando l’attività svolta da più mediatori, consente loro di aver diritto ad una quota della provvigione?
La Cassazione con una precedente pronuncia ebbe a chiarire cosa dovesse intendersi per pluralità di mediatori affermando che il diritto alla divisione della provvigione tra più soggetti che abbiano mediato sorge, a norma dell’art. 1758 cod. civ., soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, alla conclusione dell’affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo. (Sez. II, sent. n. 8443 del 21-06-2000).
Laddove, invece, la conclusione dell’affare sia avvenuta per effetto dell’intervento di una sola delle agenzie che hanno proposto l’immobile in vendita, il nesso di causalità potrà ravvisarsi solo in favore di questa e, pertanto, esclusivamente ad essa sarà dovuta la provvigione.
Questo è quanto stabilito dalla Cassazione in una sentenza del 2010, secondo la quale: “ Il diritto alla divisione della provvigione tra più mediatori sorge, a norma dell’art. 1758 cod. civ., soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, alla conclusione dell’affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo; non sussiste, invece, il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell’affare per effetto d’iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l’utilità dell’originario intervento del mediatore. (Sez. III, sent. n. 16157 del 08-07-22010)
Avv. Massimo Chimienti.