«In tema di accertamento dei redditi di impresa, in seguito alla sostituzione dell’art. 39 del d. P.R. n. 600 del 1973 ad opera dell’art. 24, comma 5, della I. n. 88 del 2009, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dall’art. 35, comma 3, del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla I. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi. L’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti» (Cass. n. 9474 del 2017).
Questa è una delle diverse sentenze che si riferisce proprio alle norme di cui parlavo: nel 2006 Bersani introdusse l'accertamento automatico mediante ricorso ai valori OMI. Questo determinò una miriade di accertamenti, anche rispetto a situazioni in cui il prezzo effettivamente pagato fosse stato riconosciuto come inferiore a quello stabilito mediante OMI.
Fu la commissione Europea a bacchettarci stabilendo un principio fiscale sacrosanto che la norma Bersani metteva in discussione ovvero quello per cui: il prezzo reale è quello effettivamente pagato.
In seguito a ciò la norma di Bersani venne modificata ed il valore OMI assunse il ruolo di "indizio semplice" che da solo non può essere utilizzato per determinare la presunzione di evasione fiscale.
Poi naturalmente le Agenzie delle Entrate sono tante ed i funzionari che vi operano agiscono in modo diverso e non sempre allineato al quadro normativo che, di per sè, dovrebbe risultare molto chiaro...