il 12/3 u.s. abbiamo fatto un compromesso, trascritto e registrato tramite notaio, per l'acquisto di un appartamento con rogito da effettuare entro il 20/7 u.s.
Il 20/7 il venditore si presenta con le piantine catastali difformi dalla realtà (sulla piantina catastale non è presente un balcone).
Il notaio ci dice che l'atto non è possibile stipularlo sulla base delle nuove normative, pena la nullità, e ci accordiamo per una proroga, ns malgrado, al 29/7 u.s.
Il venditore non si presenta nemmeno dal notaio.
Ci comunica che il suo geometra ha depositato la piantina al catasto, ma che il catasto non ha ancora adempiuto.
Nel collegamento on-line del notaio....nulla ancora risulta.
A questo punto io credo che il venditore sia inadempiente e vorrei risolvere il contratto, con risoluzione per inadempimento e conseguente restituzione della caparra x 2.
Pensate sia una soluzione percorribile ?
tortuosa?
C'è la possibilità di perdere la causa ?
Isomma, se ho cambiato idea.....a questo punto...riesco a risolverla ?
Grazie fin da ora per la risposta.
Rispondo volentieri al quesito da Te formulato riportando (fonte CCIAA UD) questa autorevole argomentazione in merito:
..."La richiesta di una
"Penale" a titolo di risarcimento dei danni per l'inadempimento o il ritardo nell'adempimento che una delle parti si trova a dover subire dall'altra presuppone una specifica e preventiva convenzione in tal senso nel contratto di qui trattasi, laddove siano specificati i presupposti di attivazione del rimedio e quantificato l'ammontare esigibile (cfr. artt. 1382, 1383, 1384 c.c.). Il mancato rispetto del termine per la consegna dell'appartamento promesso in vendita, termine non necessariamente combaciante con quello fissato per la stipulazione del rogito - essendo ben possibile che le parti abbiano dato vita ad un preliminare c.d. ad "effetti anticipati" - non è causa di annullamento ma può ben integrare una causa di risoluzione per inadempimento. Peraltro, la giurisprudenza ha precisato che, "In caso di pattuizione di
"Caparra Confirmatoria" ai sensi dell'art. 1385, cod. civ., la parte adempiente, per il risarcimento dei danni derivati dall' inadempimento della controparte, può
scegliere tra due rimedi, alternativi e non cumulabili tra loro: o recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra versata, avvalendosi della funzione tipica dell' istituto, che è quella di liquidare i danni preventivamente e convenzionalmente, così determinando l'estinzione "ope legis" di tutti gli effetti giuridici del contratto e dell' inadempimento ad esso; ovvero chiedere,
con pronuncia costitutiva, la risoluzione giudiziale del contratto, ai sensi degli artt. 1453, 1455 cod. civ. ed il risarcimento dei conseguenti danni,
da provare a norma dell'art. 1223 cod. civ.." (cfr. Cass. civ., sez. III, 20-09-2004, n. 18850) A tal proposito si ricorda tuttavia che, a norma dell'art. 1455 c.c.,
"Il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra" e che "La disciplina dettata dal secondo comma dell'art. 1385 cod. civ., in tema di recesso per inadempimento nell'ipotesi in cui sia stata prestata una caparra confirmatoria, non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento, consentendo il recesso di una parte
solo quando l'inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza in relazione all'interesse dell'altro contraente. Pertanto nell' indagine sull'inadempienza contrattuale da compiersi al fine di stabilire se ed a chi spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono quegli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso
una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l'interesse dell'altro al mantenimento del negozio." (cfr. Cass. civ., sez. II, 23-01-1989, n. 398) Da ultimo, sotto questo profilo si osserva che
la risoluzione di diritto a prescindere da indagini sulla rilevanza dell'inadempimento e basata sulla sola sussistenza e imputabilità dell'inadempimento stesso, è ammessa - nell'ambito del contratto preliminare - solo laddove, al termine fissato per la stipulazione del rogito sia possibile assegnare rilevanza come "termine essenziale" a norma dell'art. 1457 c.c. A tal proposito, la Cassazione ha precisato che "L'essenzialità del termine (nella specie: stabilito nel contratto preliminare per la stipulazione di quello definitivo) non può desumersi dalla sola espressione "entro e non oltre", quando non risulta, né da specifiche indicazioni delle parti, né dall'oggetto del negozio, che l'utilità economica del contratto andrebbe perduta se la prestazione non venisse eseguita entro una certa data." (Cass. civ., sez. II, 09-08-1989, n. 3678). Per il recesso o la risoluzione del contratto di cui trattasi, pertanto, dovranno attentamente valutarsi, in concreto, l'eventuale natura "essenziale" assegnata al termine di adempimento o, in alternativa, la non scarsa importanza derivante dalla mancata consegna tempestiva dell'immobile promesso in vendita.
Questo dovrebbe chiarire meglio le idee.
Cordialmente
Emanuele