Kurt

Membro Attivo
Professionista
Non concordo. Se hanno consigliato di fare ricorso è perché ritengono che possa ottenere quello che loro non possono dare in ragione di responsabilità personale.
Si tratta sempre di PA e la "rogna" non sempre possono prendersela e in genere non vogliono mai prendersela.

Consulta il tuo commercialista (vista la rilevanza della somma devi avere una difesa qualificata) e vedi se riesce ad applicare per analogia le sentenze già emesse in merito.

Tieni presente che si tratta di una situazione difficile perché dinnanzi al fisco la posizione è sempre individuale ma ritengo che un bravo professionista possa imbastire la causa (vedi sentenza che ti è stata fornita nelle risposte precedenti)
 

maxmiura

Nuovo Iscritto
Privato Cittadino
@Ponz

rispondo e specifico:
Nell'atto è stata inserita la solita frase standard dei 18 mesi di obbligo e, pur essendone stato a conoscenza, il Notaio non ha inserito alcuna clausola o riferimenti normativi alla mia conosciuta professione (che peraltro risulta riportata nell'atto di concessione del mutuo).
Nel particolare chiarisco che per la mia parte è stato comunque tutto risolto, inviando una semplice comunicazione all'Agenzia, hanno annullato l'atto in regime di autotutela. Rimane pero' in essere quello, a loro detta, dovuto per mia moglie, all'epoca e a tutt'oggi convivente, casalinga e priva di qualunque fonte di reddito.
Tutto cio' va comunque ad impegnare economicamente il sottoscritto quale in obbligato in solido perchè negli atti compropietario al 50% ed in comunione di beni con la mia consorte.
In conclusione, da una parte per portarti via il denaro fanno valere la convivenza e la cointestazione , mentre dall'altra, per fruire delle norme di agevolazione, dicono che le stesse non si applicano ai familiari (anche se titolati).
A questo punto è sperabile trovare qualche riferimento in sentenza

Purtroppo anch'io, come l'utente Lucmar, pochi giorni fa ho ricevuto analoga richiesta dall'Agenzia delle Entrate. Anche nel mio caso il notaio,ha inserito la solita frase standard, dell'impegno a spostare la residenza nel Comune dove è stata acquistata la "prima casa" entro 18 mesi ed ha omesso di indicare la mia professione.Nel mio caso io ho fatto spostare la residenza alla mia compagna mentre non ho spostato la mia, in quanto sicuro di potermi avvalere della normativa che consente agli appartenenti alle forze armate/forze di polizia di non spostare la residenza. Adesso l'Agenzia delle Entrate mi chiede di pagare il 50 % più sanzioni della mia quota di oneri relati all'acquisto della prima casa. Ho letto che il collega è riuscito, con una semplice memoria in autotutela a far annullare l'atto dell' agenzia delle entrate. Se l'utenze LucMar segue ancora questo forum mi farebbe piacere mettermi in contatto con lui, sono inoltre graditi eventuali suggerimenti da partecipanti a questo forum. Il mio indirizzo email è maxmiura@tiscali.it.
 

Pennylove

Membro Assiduo
Privato Cittadino
Purtroppo anch'io, come l'utente Lucmar, pochi giorni fa ho ricevuto analoga richiesta dall'Agenzia delle Entrate. Anche nel mio caso il notaio,ha inserito la solita frase standard, dell'impegno a spostare la residenza nel Comune dove è stata acquistata la "prima casa" entro 18 mesi ed ha omesso di indicare la mia professione.Nel mio caso io ho fatto spostare la residenza alla mia compagna mentre non ho spostato la mia, in quanto sicuro di potermi avvalere della normativa che consente agli appartenenti alle forze armate/forze di polizia di non spostare la residenza. Adesso l'Agenzia delle Entrate mi chiede di pagare il 50 % più sanzioni della mia quota di oneri relati all'acquisto della prima casa. Ho letto che il collega è riuscito, con una semplice memoria in autotutela a far annullare l'atto dell' agenzia delle entrate.


Ciao Max! :) Poiché nel rogito ti sei impegnato - pur non essendo obbligato (art. 66, co. 1 della legge n°342/2000) – a trasferire la residenza nei 18 mesi dall’acquisto, è opportuno verificare presso l’ufficio competente se, per godere dell’esenzione (tua moglie ha posto la residenza nei termini fissati dalla legge) sia o meno necessario un atto integrativo o (più probabile) se sia sufficiente – a carte scoperte - una semplice dichiarazione in autotela da rendere in Agenzia nel quale inserire le motivazioni che portano a non aderire ai rilievi contestati.

Ciò che ti è capitato è dovuto al controllo automatizzato e formale degli atti incrociati (è probabile che l’ufficio non ne sia neppure a conoscenza). Che cosa succede? Succede che sistema informatizzato lavora per imput. Imput = Prima casa. Imput = Residenza. Imput = Ritardo. Imput = Sanzione. Se vede che tu hai acquistato prima casa a Ospedaletti e risiedi a Roma, fa partire in automatico un avviso di accertamento.

I margini per annullare l’atto nel caso prospettato sono molto ampi, ma, a giudizio di scrive, i margini per uscirne sussistono anche nel caso di LUCMAR. In termini generali, una posizione prudenziale consiglierebbe sempre di far trasferire la residenza del coniuge, se non altro per evitare noie e contenziosi. Secondo i giudici della Suprema Corte (Cass. n°14237/2000; n°13085/2003; n°15426/2009), però, ciò non è necessario poiché – e qui mi ricollego anche al caso di LUCMAR - in relazione all’appartamento che il coniuge acquirente ha acquistato in regime di comunione legale, gode dei benefici fiscali prima casa anche l’altro coniuge, per quanto privo del requisito di residenza: il beneficio è esteso ope legis con la comunione legale (e, pertanto, l’agevolazione prima casa spetta sull’intero valore).

Colui che diviene proprietario della metà del cespite acquisito dal coniuge – che viene poi fatto rientrare nel regime della comunione legale – non si rende “acquirente” del bene, ma lo riceve per volontà di legge (Cass. n°14237/2000). Di conseguenza, al coniuge non acquirente non è richiesta la titolarità del requisito! Tanto più in considerazione del fatto che – come rilevato dalla sentenza della CT sopra riportata – i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma solo alla reciproca coabitazione (art. 143 cod. civ.). Da tale costrutto ne deriva che la coabitazione con il coniuge acquirente è un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini civilistici.

L’Agenzia delle Entrate è, invece, di tutt’altro avviso. Come ragione l’Agenzia delle Entrate? Ragiona in questi termini. Poiché la moglie successivamente non può più riacquistare, avendo già goduto il bonus, doveva necessariamente aver preso la residenza per avere la detrazione. Con la circolare n°38/2005 (par. 2.1), facendo leva su precedenti sentenze della stessa Cassazione (n°8502/1996; n°3159/1996) che argomentavano che “in carenza di disposizioni che espressamente stabiliscono l’unicità del trattamento tributario […] si deve far riferimento all’indicata natura della comproprietà indivisa e quindi si deve accertare per ogni acquirente, ed in relazione alla sua quota, la presenza o meno dei presupposti dell’agevolazione”, l’Agenzia delle Entrate sostiene che se si accogliesse l’opposta soluzione, sarebbe attratto nell’orbita tributaria della legge di favore un soggetto per cui non ricorrono i presupposti necessari.

In definitiva, secondo detto assunto, l’acquisto di un appartamento da adibire ad abitazione principale da parte di un coniuge che si trovi in regime di comunione legale, comporta che l’applicazione nella misura del 50% dell’agevolazione prima casa, qualora l’altro coniuge non sia in possesso dei requisiti necessari per fruire del bonus. Con una deroga, però. Quale? Se uno dei coniugi ha già fruito dell’agevolazione in relazione ad un immobile acquistato prima del matrimonio ovvero in regime di separazione dei beni, in quanto tali situazioni permettono di escludere la comproprietà.

Al riguardo, l’Agenzia sottolinea che:

a) ai fini civilistici non sussiste la necessità che entrambi i coniugi intervengano nell’atto di trasferimento della casa di abitazione per acquisirne la comproprietà, in quanto il coacquisto si realizza automaticamente ex lege.

b) ai fini fiscali, invece, per ottenere l’agevolazione prima casa sull’intero immobile, viene espressamente richiesto che entrambi i coniugi devono rendere le dichiarazioni previste alla lettera b) (assenza dii altri diritti reali su immobili ubicati nello stesso Comune) e c) (godimento dell’agevolazione) della Nota II-bis del TUR.

In merito alla lettera a) della Nota (l’immobile ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca la propria residenza) - che è quello che più interssa a noi - nella circolare richiamata, viene chiarito che l’agevolazione compete negli stessi limiti del 50% anche se uno solo dei coniugi abbia reso la dichiarazione, citandosi a conforto (in realtà: a torto!) l’ordinanza di Cassazione n°13085/2003, quando, in realtà, la Suprema Corte, in tale sentenza, aveva detto ben altro, motivando che qualora l’immobile sia acquistato da un coniuge in comunione di beni, ai fini del’applicazione delle norme sull’acquisto della prima casa, non rileva il dato anagrafico, quanto la effettiva utilizzazione del bene per soddisfare primarie esigenze abitative. Inoltre ciò che conta, non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi (art. 144 cod. civ.).

Pertanto – secondo Cassazione - anche la norma tributaria va letta ed applicata nel senso che diventa prevalente l’interesse della famiglia rispetto a quello dei singoli coniugi, per cui il metro di valutazione dei requisiti per ottenere i benefici deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entità, quale, appunto, la famiglia (soggetto tutelato in senso più ampio).

In conclusione, attesa la persistente posizione contraria dell’Amministrazione finanziaria, non rimane che prendere atto che residuano ancora margini sufficienti per ritenere la questione tuttora non pacificamente risolta.
 
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maxmiura

Nuovo Iscritto
Privato Cittadino
Ciao Pennylove! Ti ringrazio per la risposta è mi auguro che basti una dichiarazione in autotutela, se così non fosse tenterò una mediazione e se anche questa non bastasse probabilmente opterò per un ricorso.
Altri quesiti: nel malaugurato caso che l'Agenzia delle Entrate non ne voglia sapere.. 1) posso continuare a scaricare nel 730 gli interessi del mutuo prima casa?
2) nel caso in cui io richiedessi un altro mutuo per ristrutturazione della prima casa posso usufruire delle agevolazioni prima casa?
3) per i lavori di ristrutturazione posso usufruire dell IVA al 4% prevista per la prima casa?
Se qualcuno è a conoscenza di casi analoghi gli sarei molto grato se me li segnalasse.
Grazie a tutti
 

Pennylove

Membro Assiduo
Privato Cittadino
A mio avviso, nel tuo caso i margini per uscirne sono molto ampi, tanto più se hai ricevuto un semplice atto di accertamento art. 36-ter (documentazione carente) ovvero 41-bis (accertamento parziale su dati risultanti in Anagrafe). Nella malaugurata ipotesi in cui l’Agenzia ti rispondesse picche, non avresti più diritto alla detrazione degli interessi passivi e andresti incontro ad un recupero di imposta principale pagata a suo tempo dal notaio, avendo goduto di una agevolazione fiscale non avendone titolo. Il 4% di IVA lo paghi solo se acquisti prima casa da impresa con vendita soggetta ad IVA.
 

trittico69

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maxmiura ho visto che ti sei collegato oggi...per favore contattami su ************ e ti dico come ho fatto io per la residenza.
ciao
 
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LUCMAR

Membro Junior
Privato Cittadino
Questa mattina ho ricevuto una mail proveniente dal sito e quindi rispondo a tutte le vostre domande dicendovi che, purtroppo, HO PAGATO, e anche tanto.
Purtroppo avere a che fare con l'Agenzia delle Entrate è stato solo tempo perso, eppure ho parlato, spiegato e presentato tutta la documentazione aggiuntiva e giustificativa he mi veniva richiesta dai vari direttori di sezione e anche al direttore generale. Nonostante tutti si mostrassero dispiaciuti del caso e che in risposta ai mie quesiti dicessero che si sarebbero interessati personalmente, dopo circa un mesetto di attesa il verdetto finale è arrivato con una bella cartella di Equitalia. Contattata nuovamente l'Agenzia per avere spiegazioni, sono così venuto a conoscenza che il direttore generale era stato sostituito, stessa sorte seguiva il capo sezione con cui fino ad allora avevo tenuto i contatti e la risposta dei nuovi preposti è stata che, riferendosi ad una loro circolare interpretativa, il coniuge degli appartenenti alle FF.AA. e FDO non ha alcun diritto all'applicazione del beneficio e quindi, essendo trascorsi i termini del pagamento in forma ridotta, avevano dovuto chiudere la pratica tramite l'agente di riscossione. In totale, fra sanzioni, interessi, multe, costi di nonsoché e ladronerie varie, questi fetenti mi hanno portato via circa 5000 euro.
Con l'occasione faccio inoltre presente che quanto a me accaduto, per le giuste e corrette vie, è stato da me segnalato alla Rappresentanza Militare e alle Segreterie del Ministro della Difesa, Degli Interni e delle Finanze; tranne il Cocer di F.A,, che all'unanimità ha redatto una delibera, da tutti gli altri ho ricevuto il silenzio assoluto. Pertanto, lasciato solo a combattere contro un sistema fiscale pieno di trappole e gabbole e peggio interpretato sempre a loro favore dai tanti imbecilli impiegatuzzi che in quel momento si trovano dietro alle scrivanie, ovviamente non per capacità professionali ma per via delle evidenti e accomodanti nomine politiche, non ho avuto la forza economica per affrontare la causa in Commissione Tributaria e rischiare di perdere altri tre o quattromila euro. Auguri sinceri per chi riuscirà a vincere.
 

trittico69

Membro Attivo
Privato Cittadino
lucmar puoi contattarmi ********************** se mi dai il tuo tel vorrei chiamarti per delle spiegazioni a riguardo.
grazie
 
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