Il ricorso alla commissione non deve essere fatto invocando la privacy o la riservatezza, altrimenti si perde in partenza, ma invocando:
per il dovere di citare il nostro compenso nel rogito: il principio dell'impossibilita' di discriminazione, cioè secondo il Ricorrente, lo stato italiano sta' discriminando una categoria di lavori e solo quella, violando solo la loro di privacy, a discapito e potenziale vantaggio di terzi, creando una frustrazione ed un disagio tipici del "discriminato". In aggiunta e come rafforzativo, tale discriminazione si esplicita nel rendere pubblici (Rogito) gl'introiti personali di un soggetto, esponendono a potenziali azioni di terzi in forza di questo.
per la coobbligazione del versamento dell'imposta di registro: invece viola il principio che io sono responsabile di cio' che posso essere responsabile, se tu stato mi dai solo oneri, senza avere la possibilita' di esplicarli secondo i tuoi dettami, è come dire a un tetraplegico di correre, con tutta la buona volonta', non puo' riuscirci. E cosi' noi, non essendo obbligatori (per fortuna) per legge ne' essendo autorizzati a violare il diritto d'autore del notaio o dell'avvocato che stipulasse un compromesso tra le parti e non volesse darcene copia (cosa dovremmo fare? prenderlo a testate, se non ce lo da' per la registrazione? e/o le parti stesse che a nostra insaputa dovessere fare compromessi, come posso io saperlo e rendermene responsabile?
Ecco che i principi del ricorso sono ben diversi da quelli prospettati dal Cattedrato:
1) discriminazione (non privacy).
3) impossibilita' oggettiva ad adempiere puntualmente
p.s.: solo frutto di qualche anno di giurisprudenza, nulla di sicuro........il parere di codesto uomo di legge, seppur rispettabile e di cui personalmente lo ringrazio, non mi pare sufficiente ne' completo.
per il dovere di citare il nostro compenso nel rogito: il principio dell'impossibilita' di discriminazione, cioè secondo il Ricorrente, lo stato italiano sta' discriminando una categoria di lavori e solo quella, violando solo la loro di privacy, a discapito e potenziale vantaggio di terzi, creando una frustrazione ed un disagio tipici del "discriminato". In aggiunta e come rafforzativo, tale discriminazione si esplicita nel rendere pubblici (Rogito) gl'introiti personali di un soggetto, esponendono a potenziali azioni di terzi in forza di questo.
per la coobbligazione del versamento dell'imposta di registro: invece viola il principio che io sono responsabile di cio' che posso essere responsabile, se tu stato mi dai solo oneri, senza avere la possibilita' di esplicarli secondo i tuoi dettami, è come dire a un tetraplegico di correre, con tutta la buona volonta', non puo' riuscirci. E cosi' noi, non essendo obbligatori (per fortuna) per legge ne' essendo autorizzati a violare il diritto d'autore del notaio o dell'avvocato che stipulasse un compromesso tra le parti e non volesse darcene copia (cosa dovremmo fare? prenderlo a testate, se non ce lo da' per la registrazione? e/o le parti stesse che a nostra insaputa dovessere fare compromessi, come posso io saperlo e rendermene responsabile?
Ecco che i principi del ricorso sono ben diversi da quelli prospettati dal Cattedrato:
1) discriminazione (non privacy).
3) impossibilita' oggettiva ad adempiere puntualmente
p.s.: solo frutto di qualche anno di giurisprudenza, nulla di sicuro........il parere di codesto uomo di legge, seppur rispettabile e di cui personalmente lo ringrazio, non mi pare sufficiente ne' completo.