Il quesito di Allberto è assai interessante e, a mio modesto avviso, non ha ancora trovato in questa discussione una soluzione, almeno per quanto concerne l'essenza della domanda originaria.
Provando a ricapitolare, ho avuto la sensazione che Allberto volesse sapere se è sufficiente "definire" una clausola in un contratto come "risolutiva" per ottenerne gli effetti e la valenza giuridica, anche se quest'ultima, per sua natura, sia in realtà una clausola "sospensiva".
Una delle motivazioni di un interrogativo del genere appare sin troppo chiaro; il nostro codice prevede l'obbligo di versare la mediazione di fronte alla clausola risolutiva, mentre lo esclude in presenza di clausola sospensiva (o meglio, non lo esclude ma lo sospende sino all'avveramento della condizione).
Dunque, ci sono state un paio di risposte interessanti che, se non proprio hanno chiarito l'interrogativo, hanno aperto altri scenari che meriterebbe approfondire.
L'esempio di Nicola Quintavalle è estremamente chiaro e infatti è il più tipico utilizzato nei corsi di Formazione o in quelli per l'iscrizione al ruolo per spiegare e per far capire bene la differenza tra le due clausole. Peccato però che sia estremamente teorico, dato che mi pare assai improbabile concludere contratti con clausole legate ad un eventuale matrimonio; pertanto, nonostante l'esempio sia comprensibile, trova difficile applicazione e/o confrontabilità con eventi più ricorrenti nel nostro lavoro quotidiano.
Anche l'esempio del mutuo, quasi universalmente interpretato come clausola sospensiva, mi lascia qualche dubbio e non poche perplessità: se è vero, come è vero, che la condizione sospensiva deve necessariamente configurarsi in un evento futuro ed incerto, mi chiedo e vi giro la riflessione:
- ma possiamo essere così certi che l'opportunità di ottenere un mutuo sia un evento futuro ed incerto per chi lo richiede? E dunque siamo così sicuri che possa configurarsi in una condizione sospensiva?
Sembrerebbe pensarla in maniera esattamente contraria, una circolare redatta dall'agenzia delle Entrate che spiegava, a proposito dell'obbligo di registrazione del preliminare o meno, che il mutuo non può considerarsi clausola sospensiva. Perchè? Semplicemente perché, a loro avviso, chi chiede un mutuo deve conoscere perfettamente la propria condizione di solvibilità, la propria posizione reddituale, le proprie garanzie offribili, le regole interbancarie di rapporto rata/reddito e valore d'acquisto/valore mutuo richiesto.
In sostanza, l'opportunità di ottenere un mutuo o meno, dipende più dalle condizione stesse del richedente (che non può non conoscerle) ed un eventuale diniego da parte della banca non può che avvenire nel caso in cui i parametri sopracitati siano stati "forzati". (Chiedo il mutuo pretendendo una cifra più alta del valore d'acquisto stesso dell'immobile, chiedo il mutuo anche se ho altri 3-4 finanziamenti aperti, chiedo il mutuo anche se ho un rapporto rata/reddito molto a rischio, chiedo un mutuo anche se in passato ho pagato in ritardo altri finanziamenti, chiedo un mutuo anche se sono stato protestato o iscritto in crif ecc., ecc.)
Ecco, io oltre ad avere lo stesso dubbio di Allberto (che per me rimane irrisolto), ne ho molti altri riguardo la tematica e per questo mi piacerebbe approfondire la questione.
Aspetto altre analisi o casistiche vissute.