Sosteneva la mia professoressa di italiano di lavorare per il 50% per la pagnotta e per il 50% per la soddisfazione morale.
Questa frase, quanto mai veritiera e autentica, si potrebbe applicare universalmente nei confronti di tutti i lavori e professioni, anche a quella della Mediazione Immobiliare. In fondo, il lavoro, qualsiasi esso sia, nobilita sempre l’uomo.
Quindi, in questo periodo di crisi e di stallo del mercato immobiliare (speriamo breve e in via di superamento), esaminando la particolare situazione personale, quale percentuale del vostro lavoro “consacrate” alla “pagnotta” e quanto alla realizzazione personale? Vale a dire, in questo periodo di difficoltà, vi sembra di lavorare quasi solo per la gloria e poco per la grana? Vi accontentate delle soddisfazioni morali, in mancanza di un lucroso fatturato? Considerate un balsamo i ringraziamenti della gente e le pacche amichevoli sulle spalle?
Oppure, il non riuscire a raggiungere un guadagno adeguato agli sforzi compiuti e ai sacrifici fatti, è fonte di delusione, di sconforto morale, di tristezza, addirittura della paura di non farcela più, tale da determinare un venir meno anche della “dignità regale” della vostra professione?
Ma si può lavorare solo per il denaro?
Si può, invece, lavorare, principalmente, per la propria realizzazione professionale e per essere utili alla società, badando poco ai riscontri economici?
Oppure aveva ragione la mia professoressa d’italiano sul “fifty fifty” ?
Questa frase, quanto mai veritiera e autentica, si potrebbe applicare universalmente nei confronti di tutti i lavori e professioni, anche a quella della Mediazione Immobiliare. In fondo, il lavoro, qualsiasi esso sia, nobilita sempre l’uomo.
Quindi, in questo periodo di crisi e di stallo del mercato immobiliare (speriamo breve e in via di superamento), esaminando la particolare situazione personale, quale percentuale del vostro lavoro “consacrate” alla “pagnotta” e quanto alla realizzazione personale? Vale a dire, in questo periodo di difficoltà, vi sembra di lavorare quasi solo per la gloria e poco per la grana? Vi accontentate delle soddisfazioni morali, in mancanza di un lucroso fatturato? Considerate un balsamo i ringraziamenti della gente e le pacche amichevoli sulle spalle?
Oppure, il non riuscire a raggiungere un guadagno adeguato agli sforzi compiuti e ai sacrifici fatti, è fonte di delusione, di sconforto morale, di tristezza, addirittura della paura di non farcela più, tale da determinare un venir meno anche della “dignità regale” della vostra professione?
Ma si può lavorare solo per il denaro?
Si può, invece, lavorare, principalmente, per la propria realizzazione professionale e per essere utili alla società, badando poco ai riscontri economici?
Oppure aveva ragione la mia professoressa d’italiano sul “fifty fifty” ?